Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-07-2011) 25-10-2011, n. 38714

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – H.R. propone, per il tramite del difensore, ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, del 16 luglio 2010, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno, del 9 maggio 2007, che lo ha ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 189 C.d.S. – per non essersi fermato dopo un incidente stradale da lui stesso provocato e per non avere prestato assistenza alle persone coinvolte – e lo ha condannato alla pena di quattro mesi di reclusione e Euro 500,00 di multa, con sospensione della patente di guida per dieci mesi.

2- Deduce il ricorrente: a) violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di responsabilità, affermata, a suo giudizio, in presenza di un quadro probatorio incerto proprio con riguardo alla identificazione dell’imputato come la persona che si trovava alla guida dell’auto al momento dell’incidente, considerato che a bordo della vettura si trovavano altre persone; b) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato; c) violazione o erronea applicazione dell’art. 189 C.d.s. in punto di determinazione della pena, avendo il giudice del merito inflitto, oltre alla pena detentiva, una pena pecuniaria, non prevista dalla legge.

Motivi della decisione

1- Premesso che i termini massimi di prescrizione non sono ancora interamente decorsi, essendo stati dalla corte territoriale sospesi, con ordinanza del 31.3.09, a seguito di adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dall’associazione di categoria dal 30 marzo al 3 aprile 2009 (adesione che ha comportato il rinvio a nuovo ruolo del procedimento con successiva citazione per l’udienza del 14.4.10), osserva la Corte che il ricorso è manifestamente infondato. a) Inesistenti sono i vizi dedotti con il primo motivo di ricorso.

In realtà, l’individuazione dell’ H. come la persona che si trovava alla guida dell’autovettura che ha provocato l’incidente in questione, è avvenuta in maniera sicura, non solo attraverso l’accertata titolarità della predetta vettura in capo all’imputato, ma soprattutto grazie al riconoscimento fotografico dello stesso quale conducente del veicolo investitore che, dopo essere sceso dall’auto, ne è risalito dandosi alla fuga. Riconoscimento eseguito, ha ricordato il giudice del gravame, qualche tempo dopo l’incidente, dalle persone che si trovavano a bordo dell’auto investita: M. D. e A.A., che lo hanno individuato con assoluta certezza. Tale identificazione è stata poi confermata, da parte dell’ A., in dibattimento, e sostanzialmente non smentita, in detta sede, dalla M., la cui difficoltà a riconosce l’imputato è stata dalla corte territoriale attribuita al tempo (circa due anni) trascorso dall’epoca dei fatti.

Legittimamente, dunque, alla stregua delle richiamate emergenze probatorie, il giudice del gravame ha ritenuto certa l’individuazione dell’imputato come il conducente, oltre che proprietario, dell’auto investitrice. Lo stesso giudice, peraltro, preso atto che l’ H. era sprovvisto di patente ed era in regime di affidamento, con obbligo di non allontanarsi dal territorio della Provincia di Pisa, ha giustamente ritenuto tali circostanze significative in tesi d’accusa, atteso l’interesse dell’imputato a sottrarsi con la fuga alle conseguenze che sarebbero derivate dalla violazione dell’obbligo impostogli oltre che dall’avere guidato l’auto benchè privo di patente. b) Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza dei reati contestati in considerazione dell’asserita assenza di danni alla persona. Risulta, invero, dagli atti che le persone che si trovavano a bordo dell’auto investita dall’imputato hanno riportato: "trauma discorsivo cervicale, trauma contusivo parietale sx, limitazione funzionale del rachide cervicale" ( A.A.) e "trauma cervico frontale e parietale dx con cefalea" ( M.D.).

Quanto al tema dell’elemento soggettivo dei reati, osserva la Corte che esso risulta chiaramente affrontato dai giudici del gravame, laddove hanno descritto la condotta dell’imputato successiva all’incidente ed hanno indicato le ragioni che lo hanno indotto alla fuga. c) Manifestamente infondato è, infine, anche il terzo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio.

In realtà, al tempo dei fatti il reato previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 7, era punito con pena detentiva congiunta alla pena pecuniaria; la norma, invero, prevedeva la reclusione fino a 12 mesi e la multa fino a due milioni di lire. Solo con la L. 9 aprile 2003, n. 72, pubblicata sulla GU del 15.4.03 ed entrata in vigore il 30.4.03 – cioè tre giorni dopo i fatti -, è stata prevista la sola pena detentiva, in misura, tuttavia, notevolmente superiore (da sei mesi a tre anni). Giustamente, quindi, il giudice del merito ha applicato la previgente normativa, peraltro più favorevole, e dunque ha inflitto la pena detentiva e quella pecuniaria.

2 – Alla manifesta infondatezza del ricorso consegue la declaratoria d’inammissibilità dello stesso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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