Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-04-2012, n. 6003 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20.5/3.6.2010 la Corte di appello di Napoli confermava la decisione di primo grado che, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla SITAI (ora SITINDUSTRIE spa) avverso il decreto ingiuntivo emesso, su istanza di M.G., nei confronti della prima, dichiarava prescritto il credito azionato (per provvigioni non corrisposte) e revocava il decreto opposto.

Osservava la Corte territoriale che la società appellata aveva ritualmente eccepito la prescrizione quinquennale del credito ex art. 2948 c.c., n. 4, e che, in difetto della prova di tempestivi ed idonei atti interruttivi, tale difesa doveva ritenersi fondata.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso M. G. con cinque motivi.

Non ha svolto attività difensiva la società intimata.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 110 e 112 c.p.c., artt. 2938, 1219, 1234 e 1392 c.p.c., ed, al riguardo, prospetta che, in sede di costituzione in appello, la società intimata non aveva mosso alcuna censura con riferimento alla dichiarata prescrizione decennale del credito, in luogo di quella quinquennale, essendosi limitata, con l’appello incidentale, a dolersi solo della mancata dichiarazione di improcedibilità della domanda.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2938 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto rilevabile d’ufficio l’eccezione di prescrizione, sebbene, in mancanza di appello incidentale, ogni possibilità di indagine sulla questione fosse ormai preclusa.

Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando violazione dell’art. 100 c.p.c., censura l’impugnata sentenza, per avere la Corte territoriale ritenuto soccombente la società intimata in punto di prescrizione, sebbene l’eccezione di prescrizione decennale del diritto al pagamento delle provvigioni fosse stata sollevata in via principale, e, quindi, assorbente rispetto ad ogni altra questione.

Con il quarto motivo, denunciando ancora violazione di legge ( art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1219, 1324 e 1329 c.c.), il ricorrente rileva che la Corte partenopea aveva erroneamente considerato priva di efficacia interruttiva la missiva a firma dell’Avv. Modesto Palasciano, in quanto non provvisto di poteri rappresentativi, sebbene la difesa assunta nel susseguente giudizio monitorio confermasse l’esistenza del potere di rappresentanza per quel determinato affare.

Con l’ultimo motivo, infine, viene prospettato vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5) con riferimento alle circostanze di cui al primo motivo, nonchè con riferimento all’interpretazione data della missiva già detta, non chiarendo la sentenza impugnata, con adeguata motivazione, perchè la stessa non manifestasse l’inequivoca volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, esplicitando la relativa pretesa.

2. Il primo motivo va rigettato per l’inammissibilità della relativa censura. Ha dato atto la Corte territoriale che "con il ricorso depositato in data 6.4.2002 l’intimata aveva ritualmente eccepito (riproponendo…in questa sede le stesse questioni) che il credito oggetto dell’ingiunzione risultava coperto da prescrizione c.d. breve inserendo, nelle proprie richieste, quella di dichiararsi, ove ravvisato un rapporto di agenzia o di subagenzia, che ogni diritto nascente da tale rapporto si è prescritto per effetto della decorrenza del termine quinquennale previsto dall’art. 2948 c.c., n. 4".

A fronte di tale accertamento, era onere del ricorrente provvedere, attraverso apposita trascrizione, alla esatta individuazione del contenuto dell’atto che si assume oggetto di erronea interpretazione da parte dei giudici di appello, atto che peraltro nemmeno risulta individuato nella sua esatta collocazione fra gli atti di causa, con conseguente violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e del canone della necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione che, come noto, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, impone alla parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento o delle risultanze processuali trascurati o erroneamente interpretati dal giudice di merito, provvedendo alla relativa trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di Cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v. da ultimo Cass. n. 18854/2010, SU ord. n. 7161/2010, SU n. 22726/2011).

3. Nel rigetto del primo motivo resta assorbito l’esame del secondo mezzo di impugnazione.

4. Anche il terzo motivo è infondato, risultando lo stesso affetto dagli stessi vizi di autosufficienza già rilevati con riferimento al primo motivo, e, comunque, per la sua genericità, non riuscendosi ad apprezzare sotto quale profilo sia individuabile un difetto di interesse della società intimata a riproporre la questione della prescrizione breve, a fronte della richiesta, avanzata dalla controparte ed accolta dal giudice di appello, di affermare l’operatività dell’effetto sospensivo della prescrizione in conseguenza della pronuncia di revoca del decreto ingiuntivo adottata dalla Corte di appello di Napoli nel 1999. 5. Quanto, infine, agli ultimi due motivi, carattere assorbente assume l’esame del quinto, che è da ritenere infondato.

La Corte territoriale ha, infatti, fornito adeguata motivazione delle ragioni che, alla luce del testo della missiva (provenisse o meno da soggetto fornito di idoneo potere rappresentativo), portavano a ritenere che la stessa non formulava alcuna intimazione ad adempiere, ma, contenendo un mero "invito a…. risolvere bonariamente la vertenza", si risolveva in una semplice sollecitazione, non qualificabile come richiesta di formale adempimento.

L’opposta valutazione operata dal ricorrente nemmeno specifica i criteri di ermeneutica contrattuale (nei limiti in cui risultano applicabili alle dichiarazioni unilaterali) che risulterebbero, nel caso, violati e, comunque, non inficia la correttezza logica di quella adottata, con valutazione in questa sede di legittimità insindacabile, dai giudici di merito.

6. Resta assorbito l’esame del quarto motivo.

7. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla in ordine alle spese, non avendo svolto l’intimata attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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