Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 25-10-2011, n. 38489

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza del 15 novembre 2010 il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta del difensore della parte civile B.G. volta ad ottenere la correzione della sentenza n. 1686/2006 Reg. Sent., emessa dal Tribunale di Bari il 28 novembre 2006.

Rilevava il giudice dell’esecuzione che la suddetta sentenza emessa nei confronti di L.B. era stata confermata dalla Corte di appello di Bari il 1 aprile 2008 ed era divenuta definitiva a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione avverso tale ultima decisione. La sentenza del Tribunale di Bari aveva omesso, nel dispositivo, di provvedere sulla richiesta di condanna al risarcimento dei danni avanzata dalla parte civile B.G., ma sul punto non era stata impugnata.

Riteneva, quindi, che l’istituto disciplinato dall’art. 130 non fosse idoneo ad emendare una omissione, che, per quanto dovuta a dimenticanza, determinerebbe se corretta come richiesto, l’integrazione di una statuizione decisoria, dovendosi qualificare l’omissione come concettuale e non altrimenti superabile se non come potenziale causa di nullità della sentenza.

2.- Propone ricorso per cassazione il difensore della parte civile B.G., avvocato Lucia Moramarco, deducendo vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1 lett. e).

Assume il difensore ricorrente che le argomentazioni addotte dal giudice dell’esecuzione sono manifestamente contraddittorie perchè pongono a fondamento della decisione di rigetto della richiesta correzione di errore materiale un precedente giudiziario che aveva riconosciuto, invece la piena legittimità della adozione della disciplina prevista dall’art. 130 c.p.p. in un caso simile.

Si duole, quindi, che il giudice dell’esecuzione non espliciti le ragioni per le quali nel caso di specie l’omesso inserimento in dispositivo della decisione relativa alla condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, assunta nella parte motiva, non può consistere in una semplice aggiunta, in senso meccanico di espressioni che risultino parte necessaria dell’atto sulla base della verifica materiale delle relative premesse.

3.- Il Procuratore Generale dott. Dott. Gabriele Mazzotta ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso è infondato.

2.- Per costante consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità l’omessa indicazione nel dispositivo della sentenza di primo grado delle statuizioni di carattere civile, anche se dovuta a mera dimenticanza, non può essere sanata ricorrendo alla procedura di cui all’art. 130 c.p.p..

Si tratta di principio di diritto affermato anche con la sentenza n. 7643 pronunciata il 22.10.2010 dalla sezione 6A di questa Corte con la quale, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa ricorrente, i giudici di legittimità dopo aver affermato "che non sembra possibile ritenere che l’istituto disciplinato dall’art. 130 c.p.p. sia idoneo ad emendare una omissione che, quantunque dovuta a mera dimenticanza, piuttosto che correggere completa e integra la concreta mancanza di una statuizione decisoria, da qualificarsi come omissione concettuale e sostanziale, non altrimenti superabile se non con come potenziale causa di nullità (error in procedendo) della sentenza", convengono che nel caso sottoposto al loro esame la corte di appello "avvalendosi dei propri poteri surrogatori ex art. 604 c.p.p., comma 4, ha affrontato la valutazione del merito della regiudicanda nei termini delineati con l’atto di appello ed ha essa stessa definitivamente emendato l’omissione od errore materiale del dispositivo della sentenza di primo grado, statuendo – attraverso la conferma della sentenza del Tribunale – sul risarcimento dei danni riconosciuto alla parte civile e la rifusione delle spese processuali dalla stessa sostenute".

Invero la sentenza della sezione 6A di questa Corte, nell’affermare il principio di diritto secondo cui "il giudice di appello, quale giudice del merito investito di cognizione piena rispetto alla regiudicanda nei limiti dei motivi di impugnazione proposti, ben può integrare le parti, motive o dispositive, mancanti o insufficienti del provvedimento impugnato, senza annullare il provvedimento stesso per tale vizio", ha esplicitamente escluso che l’omessa indicazione nel dispositivo della sentenza di primo grado delle statuizioni di carattere civile possa essere emendata attraverso la procedura di correzione dell’errore materiale disciplinata dall’art. 130 c.p.p..

3.- Nel caso oggi in esame la sentenza di primo grado era divenuta irrevocabile perchè confermata dalla corte di appello e dalla corte di cassazione e l’errore evidenziato con la richiesta di correzione rivolta al Tribunale di Bari mai era stato oggetto di doglianza, nei vari gradi di giudizio, da parte della costituita parte civile.

3.- Poichè l’unico motivo di ricorso deduce contraddittorietà e mancanza di motivazione dell’ordinanza gravata sull’erroneo presupposto che il giudice dell’esecuzione avrebbe mal interpretato la massima di diritto stabilita dal giudice di legittimità con la pronuncia richiamata a fondamento della sua decisione di rigetto, esso è evidentemente infondato.

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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