T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 25-11-2011, n. 9285

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I. Nell’anno 2010 il Servizio Ispettivo dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) avviava un procedimento volto a verificare l’esistenza di una situazione di controllo o di collegamento (ai sensi dell’art.2359 cod. civ.) tra le imprese editrici dei quotidiani "Opinioni Nuove – Libero Quotidiano" (d’ora in avanti denominato semplicemente "Libero") e "Il Nuovo Riformista" (d’ora innanzi semplicemente "Il Riformista").

L’esigenza della verifica emergeva a seguito della pubblicazione di alcuni articoli di stampa, secondo i quali sia la proprietà delle due testate che la gestione dei due quotidiani (riferibile formalmente a due distinte società editrici, rispettivamente la società E.L. s.r.l., le cui azioni sono interamente possedute dal "socio unico" Fondazione San Raffaele, e la cooperativa Edizioni Riformiste), farebbe capo (tramite la finanziaria di famiglia, Finanziaria Tosinvest s.p.a.) all’On. A.A..

All’esito delle indagini, in data 26.7.2010 il predetto Servizio Ispettivo dell’Autorità notificava alla società E.L. s.r.l., l’atto di contestazione di addebiti n.39/10/ISP avente ad oggetto: a) l’asserita violazione dell’obbligo di comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’atto di iscrizione al Registro (ai sensi dell’art.1, comma 7, lettera d, della L. n.416 del 1981 e dell’art.10, comma 1 del regolamento); b) l’asserita violazione dell’obbligo di comunicare le situazioni di controllo, previsto dall’art.1, comma 8, della L. n.416 del 1981 e dell’art.8, comma 1, del regolamento; c) l’asserita violazione dell’obbligo di comunicare annualmente l’invarianza dei dati dichiarati al momento dell’iscrizione ovvero l’aggiornamento dei predetti dati, previsto dall’art.11 del Regolamento.

Censure non dissimili venivano rivolte alla cooperativa Edizioni Riformiste, nonché alla Fondazione San Raffaele (soggetto detentore – lo si ribadisce – del 100% del capitale sociale della società E.L.), nonché alla Tosinvest ed all’On. A.A., che ha proposto il ricorso in esame..

A seguito delle contestazioni, i predetti soggetti presentavano memorie difensive.

Infine nella riunione del 9.2.2011, il Consiglio – recependo le tesi sostenute dal Servizio Ispettivo – ha adottato la deliberazione indicata in epigrafe, con la quale ha applicato la sanzione, nel massimo edittale, a carico dell’On. A.A..

Nella deliberazione in questione, l’Autorità ha sostenuto che la società E.L. non sarebbe soggetta – contrariamente a quanto comunicato al R.O.C. – al controllo della Fondazione San Raffaele (che pure ne è l’unico socio) bensì, almeno dal 2006 ed occultamente, al controllo di Finanziaria Tosinvest.

II. Con il ricorso in esame l’On. A.A. ha impugnato la deliberazione indicata in epigrafe (con la quale è stata applicata la sanzione) e gli atti procedimentali ad essa connessi (nonché dell’art.10, comma 1, della delibera del 23.1.2008 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, contenente "Modifiche ed integrazioni al regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità"), e ne chiede l’annullamento per le conseguenti statuizioni.

Al riguardo lamenta:

violazione e falsa applicazione dell’art.10 del Regolamento per l’Organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità, deducendo che la deliberazione impugnata non risulta essere stata approvata dalla maggioranza dei consiglieri presenti nell’adunanza (ma con il voto di quattro dei nove membri presenti, essendosi astenuti gli altri cinque componenti);

violazione del principio del contraddittorio, del diritto di difesa e dell’art.24 della Costituzione, nonché eccesso di potere per illogicità, perplessità ed ingiustizia manifesta, deducendo che illegittimamente l’Autorità non gli ha consentito di discutere la questione innanzi al suo Plenum;

eccesso di potere per sviamento, deducendo che l’Autorità: a) ha utilizzato una errata nozione di "controllo" – non tenendo conto che esso è giuridicamente rilevante solamente se si tratti di controllo sulla linea editoriale dell’impresa pubblica – sulla quale ha fondato la delibera impugnata; b) ha omesso di esercitare la verifica "in concreto"; c) ha erroneamente ritenuto che la posizione di controllo possa essere determinata anche mediante una catena di contratti; d) ha eccessivamente dilatato la nozione di "controllo" a discapito del "principio di stretta legalità", operante in materia di norme sanzionatorie.

Con controricorso del 21.3.2011, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha eccepito l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Con ulteriori atti difensivi le parti hanno insistito nelle rispettive richieste ed eccezioni.

Infine, all’udienza fissata per la discussione, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Con il primo mezzo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.10 del Regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità, deducendo che la deliberazione impugnata non risulta essere stata approvata dalla maggioranza dei consiglieri presenti nell’adunanza (ma con il voto di soli quattro dei nove membri presenti, avendo espresso voto contrario due componenti ed essendosi astenuti gli altri tre).

La censura non può che essere condivisa.

L’art.10, comma 1, del Regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità, nel testo coordinato pubblicato nella GURI n.95 del 22.4.2008 – ultimo testo pubblicato – stabilisce che "Le deliberazioni dell’Autorità sono adottate con il voto favorevole della maggioranza dei presenti…" e che "Gli astenuti sono considerati presenti ma non votanti".

E poiché nell’adunanza relativa all’impugnata deliberazione i "presenti" erano nove, dei quali solamente quattro hanno espresso voto favorevole, mentre due hanno espresso voto contrario e tre si sono astenuti, è evidente che il quorum funzionale per l’approvazione non è stato raggiunto.

Non appare revocabile in dubbio – infatti – che ai sensi della norma sopra richiamata, fra i "presenti" (sui quali calcolare la maggioranza) andavano computati anche i tre "astenuti"; e che pertanto per raggiungere la maggioranza necessaria per l’approvazione occorrevano – a fronte di nove "presenti" – cinque voti favorevoli.

L’Amministrazione ha eccepito:

– che il testo dell’art.10 del Regolamento pubblicato per ultimo nella GURI, conteneva un refuso (consistente nell’aver erroneamente riportato che le delibere dell’AGCOM sono adottate con il voto favorevole della maggioranza dei "presenti" anzichè dei soli "votanti");

– ragion per cui, per conoscere l’esatto tenore della norma in questione si doveva e si deve fare riferimento direttamente alla delibera n.56/08/CONS – pur se mai pubblicata – che ha approvato la norma in questione (e che pertanto riporta il testo in maniera esatta).

L’eccezione è palesemente infondata.

Nel procedimento di formazione della norma, la pubblicazione opera non già come mera condizione di efficacia della stessa, ma come elemento costitutivo della fattispecie.

Se una norma destinata alla generalità dei consociati (e tali sono, di regola, tutte le cc.dd. "norme di azione" dei pubblici poteri) non viene pubblicata (secondo il regime di pubblicità che la concerne), non v’è dubbio che essa non esiste nell’Ordinamento, non potendo raggiungere l’effetto al quale è istituzionalmente (e naturalmente) mirata, che è quello di orientare le condotte (il c.d. "effetto conformativo").

E se una norma viene pubblicata in modo infedele rispetto al testo effettivamente approvato, essa comunque vige ed opera nell’Ordinamento secondo il testo pubblicato, gravando sul competente Organo deliberante l’onere di verificare che la pubblicazione sia conforme al testo approvato ed essendo sua facoltà (e prerogativa) disporre la pubblicazione delle eventuali rettifiche in caso di errori.

Del resto se così non fosse la pubblicazione non assolverebbe alla funzione per cui esiste, e non garantirebbe la necessaria certezza giuridica in ordine alla normativa da applicare.

Per il resto, sembra opportuno sottolineare che gli atti procedimentali strumentali alla formazione della norma vanno inquadrati fra i cc.dd. "interna corporis" dell’Organo dotato della correlata potestà normativa. Essi non producono – perciostesso – effetti esterni; e, ancorchè viziati (da errori "in procedendo" o anche semplicemente "materiali"), non incidono mai sulla validità (e dunque sulla "operatività") della norma (beninteso: una volta che essa sia stata pubblicata).

Dagli enunciati sopra ricordati – posti a base del c.d. "principio di legalità", al quale si ispira l’intero ordinamento costituzionale – discende che anche nella fattispecie per cui è causa la norma da ritenere vigente ed operante è l’ultima pubblicata nella GURI, pur se il suo testo definitivo non è (rectius: dovesse non essere) fedele a quello approvato.

Ne consegue che il provvedimento sanzionatorio dell’AGCOM va annullato siccome adottato:

– in difformità (e cioè in violazione) alla norma – per l’appunto, quella pubblicata nella GURI – che disciplina la formazione della maggioranza per l’approvazione delle delibere;

– o, ciò che esprime il medesimo concetto, in mancanza della maggioranza dei voti prevista dalla normativa in vigore al momento della deliberazione.

1.2. Del pari fondato si appalesa il secondo mezzo di gravame, con cui il ricorrente lamenta di non aver potuto esercitare compiutamente il diritto di difesa non essendo stato ammesso ad esprimere personalmente e direttamente le sue argomentazioni innanzi al Plenum, non ostante lo avesse chiesto espressamente.

Nel nostro Ordinamento il diritto di difesa è inviolabile, ed è garantito sia a livello costituzionale che dal diritto pubblico comunitario (si veda al riguardo la sentenza della Corte di Giustizia C.E. del 2.12.2009 resa nel proc. C/89/08).

Nei procedimenti sanzionatori l’esercizio del diritto di difesa non si esaurisce nella nomina di un difensore, d’ufficio o di fiducia, e/o nella presentazione di memorie difensive – nell’interesse del difeso – da parte dello stesso.

Tali pratiche processuali costituiscono la soglia minima di garanzia per l’esercizio del diritto di difesa, essendo stato pacificamente ritenuto – e dovendo comunque ritenersi, ad avviso del Collegio – un principio fondamentale ed inviolabile quello secondo cui al diretto interessato (e cioè al soggetto sottoposto al procedimento sanzionatorio) non può essere negato il diritto di parlare, se lo richieda – e di parlare per ultimo, secondo un elementare principio di giustizia – esprimendo personalmente le sue argomentazioni innanzi all’Organo competente a decidere della sua sorte.

E poiché al ricorrente tale diritto è stato negato, e per di più senza alcuna espressa motivazione, anche sotto il dedotto profilo il provvedimento non resiste alla censura

2. In considerazione delle superiori osservazioni il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento sanzionatorio impugnato.

Si ravvisano giuste ragioni per condannare l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente, spese che si liquidano in complessivi Euro.3.000,00 oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in esame; e, per l’effetto, annulla il provvedimento sanzionatorio impugnato.

Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente, nella misura indicata in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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