Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 25-10-2011, n. 38488

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Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza 1.7.2010 il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva la richiesta di concessione della liberazione condizionale avanzata da M.U.. Valuta il tribunale che il richiedente era stato ammesso il 30.1.2006 alla detenzione domiciliare, ai sensi della L. n. 45 del 2001, artt. 16 nonies; considerata, quindi, l’entità e la gravità del percorso criminale del richiedente, il fine pena previsto per il 2020, ritiene il che il percorso di revisione critica intrapreso, esplicitato attraverso la collaborazione e la condotta complessivamente positiva eccettuato l’episodio del 7.6.2010, se sufficiente ed adeguato in relazione al regime di detenzione domiciliare in atto, debba però essere ulteriormente verificato per pervenire al necessario giudizio sulla sussistenza del suo certo ravvedimento, indispensabile per l’ammissione alla liberazione condizionale.

2.- Propone ricorso per cassazione il difensore di M.U., avvocato Sante Foresta, adducendo quale motivo l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 176 c.p. e L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies, per travisamento del fatto, nonchè manifesta contraddittorietà, illogicità e carenza della motivazione rispetto alle risultanze processuali inerenti alla richiamata normativa.

Sostiene il ricorrente che il tribunale non ha valutato tutte le condizioni per l’ammissione alla liberazione condizionale previste dalla L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies, non ha considerato la complessiva osservazione della condotta post delictum quale risultante dalle relazioni degli istituti penitenziari nei quali il condannato era stato detenuto, del servizio centrale di protezione, e quale sottintesa nei provvedimenti di concessione della liberazione anticipata, dei permessi premio e della detenzione domiciliare, dai quali si poteva pienamente ritenere provato il ravvedimento del M.. Infatti il tribunale, pur dando atto che sussistevano tutti gli elementi richiamati dalla normativa speciale, e pur considerando sussistenti gli elementi positivi relativi alla complessiva condotta del soggetto, rigettava la domanda adducendo motivazioni che contrastano con la normativa da applicare, assumendo che il ravvedimento richiesto fosse diverso da quello previsto dalla L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies. Inoltre ha erroneamente ritenuto che l’ammissione alla detenzione domiciliare sia avvenuta nel 2006 laddove, invece, essa risale al 2002 e la sua regolare fruizione per un lasso di tempo così ampio doveva essere adeguatamente considerata. Il tribunale, poi, non ha tenuto conto che ormai la liberazione condizionale, secondo la giurisprudenza di legittimità in materia, è una vera e propria misura alternativa che, in quanto tale non richiede il compiuto ravvedimento ma che esso sia stato proficuamente intrapreso.

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Tindari Baglione, con atto depositato il 23.11.2010, conclude per il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso infondato.

2.- Dalla lettura della L. 15 luglio 1991, n. 8, art. 16 nonies, commi 1 e 4, emerge che la liberazione condizionale può essere disposta per collaboratori di giustizia "avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva… anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’art. 176 c.p.".

Presupposti per la concessione del beneficio, alla luce del contenuto dell’art. 16 nonies citato, sono: a) che il soggetto sia stato condannato per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’art. 51 c.p.p., comma 3 bis; b) che vengano acquisiti la proposta o il parere dei procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell’art. 11 della citata legge o del procuratore nazionale antimafia; c) che il condannato abbia prestato, anche dopo la condanna, una collaborazione importante; d) che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere l’esistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva; e) che la persona condannata abbia redatto entro il termine prescritto dall’art. 16 quater il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione; 7) che sia stato espiato almeno un quarto della pena inflitta o, qualora vi sia stata condanna all’ergastolo, che siano stati espiati almeno dieci anni di pena. Dunque, la concessione della liberazione condizionale anche nei confronti dei collaboratori di giustizia non può automaticamente conseguire alla verificata ricorrenza delle condizioni elencate ai precedenti punti a), b), d), e), essendo sempre indispensabile che il tribunale di sorveglianza sia in grado pervenire ad un giudizio prognostico di ravvedimento (Cass., Sez. 1, sent. 16.1. 2007, n. 3675, Rv. 235796; Cass., Sez. 1, sent. 1.2.2007, n. 9887, Rv. 236548).

Giudizio prognostico che deve essere formulato sulla base di un completato percorso trattamentale di rieducazione e recupero, ovviamente rapportato alla gravità dei reati commessi, che sia in grado di sostenere la previsione, in termini di ragionevole certezza, di una conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato (Cass. Sez. 1, sent. 19.2.2009, n. 10421, Rv. 242900).

3.- Il provvedimento impugnato ha fatto buon uso dei suddetti principi in quanto, con motivazione corretta e logica e in conformità al parere negativo motivatamente formulato dalla Direzione Nazionale Antimafia, ha evidenziato le ragioni che inducono obiettivamente a ritenere non intervenuto il ravvedimento del condannato rispetto ad una devianza contraddistinta dalla consumazione di delitti di particolare allarme sociale. Rileva, infatti, il tribunale di sorveglianza che la pena in esecuzione è stata determinata con provvedimento di cumulo comprendente dieci sentenze di condanna relative a numerosi reati, ivi compresi:

associazione a delinquere di stampo mafioso pluriaggravata – anche quale promotore, dirigente o organizzatore -, plurimi omicidi pluriaggravati, plurime rapine aggravate e numerose violazioni in materia di armi.

Invero, pur assumendo che il ricorrente abbia iniziato la misura alternativa della detenzione domiciliare nel 2002 anzichè nel 2006 come dedotto in ricorso, è fondato il dubbio che il percorso di revisione da lui intrapreso sia effettivamente idoneo, allo stato, a consentire il necessario giudizio prognostico di cui si è detto, anche in considerazione della circostanza, correttamente rilevata dal tribunale, che il 7.6.2010 il ricorrente ha contravvenuto agli obblighi comportamentali ed alle norme di riservatezza, connessi al suo status di collaboratore sottoposto a programma di protezione, disvelando a soggetti estranei le restrizioni alle quali era sottoposto.

Per le ragioni sopraesposte il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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