Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-04-2012, n. 5997 Trasferimento di azienda

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Alcuni dipendenti dell’Alcatel Italia spa sino al 30.9-.22006, poi trasferiti ex art. 2112 c.c., ad Alcatel Security Command Control Solutions italia s.r.l. (ASCCSI s.r.l.) chiedevano al Giudice del lavoro di Firenze l’applicabilità al caso in esame di un accordo tra Alcatel Italia e OOSS sottoscritto il 6.9.1997 e relativo ad ipotesi di decentramento (esternalizzazione) di attività nel gruppo. Il detto accordo prevedeva, esponevano i lavoratori che "in conseguenza del mutamento della titolarità del rapporto di lavoro e/o della novazione dello stesso che., l’azienda riconoscerà un importo transattivo a titolo novativo" e che la stessa Alcatel Italia spa aveva unilateralmente determinato in sei mensilità l’importo dovuto.

Si costituiva l’Alcatel Italia spa che contestava la fondatezza della domanda osservando che nel caso in esame non si era realizzata una "esternalizzazione", cioè una dismissione di attività con successiva riacquisizione attraverso strumenti contrattuali della nuova entità industriale.

Il Tribunale di Firenze con due distinte sentenze dichiarava l’obbligo della datrice di lavoro ad offrire la somma corrispondente alle sei mensilità prima indicate.

Sull’appello della società e l’appello incidentale dei lavoratori la Corte di appello di Firenze con sentenza del 16.2.2010 accoglieva l’appello incidentale dei lavoratori condannando la società al pagamento della detta somma e rigettava quello principale.

La Corte territoriale rilevava che si trattava di un caso di evidente decentramento e che l’espressione "esternalizzazione" era stata utilizzata per indicare fenomeni di decentramento in senso lato sicchè copriva anche la fattispecie in esame, posto che si era verificato un sicuro mutamento della titolarità del rapporto, sia pure ex art. 2112 c.c.; inoltre l’importo era ormai determinato e non occorreva che si addivenisse ad alcuna transazione. Si era usato il termine "importo transattivo" a titolo novativo in senso atecnico per esprimere il concetto che si trattava di una somma da corrispondere una tantum, del tutto svincolata dalla retribuzione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la società con 4 motivi;

resistono i lavoratori con controricorso. La Alcatel ha prodotto memoria difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’Accordo nazionale tra Alcatel Italia e le OOSS FIM-CISL, FIOM- CGIL, UILM-UIL del 6.9.1997, nonchè la violazione delle norme di cui all’art. 1362 c.c., commi 1 e 2, e art. 1363 c.c.. Le espressioni decentramento e esternalizzazione utilizzate nell’accordo andavano riferite ed interpretate alla luce dell’art. 7 del CCNL metalmeccanici, come prospettato dalla società in giudizio. Non vi era stata un’utilizzazione atecnica del termine esternalizzazione in quanto non ci si riferiva ad ogni mutamento di titolarità di rapporto ma a vere e proprie esternalizzazioni, nel senso attributo al termine dalla contrattazione collettiva nazionale per stabilire gli obblighi di informazione e garanzia connessi ad eventi costituiti dall’affidamento ad un soggetto terzo di un’attività destinata a non essere più svolta direttamente da un’impresa ma terziarizzata. In tali specifiche situazioni l’impresa committente che decentra poi acquisisce nuovamente il controllo sull’attività in questione attraverso la relazione con il soggetto cessionario. Tra le attività da esternalizzare previste nell’Accordo del 6 settembre 1997 non figurava quella riguardante la posizione lavorativa dei ricorrenti in primo grado; l’interpretazione "teleologica" data dell’Accordo era errata perchè non si intendeva garantire un trattamento per tutti i casi di mutamento nella titolarità del rapporto, ma limitarlo alle sole ipotesi di "esternalizzazione" vera e propria, come emerge dal CCNL metalmeccanici. L’accordo del 97 è stato, in effetti, applicato nella prassi solo quando il mutamento della titolarità del rapporto è stato poi seguito da una relazione commerciale con la società subentrante. Erano stati effettivamente stipulati plurimi atti di transazione novativa con corresponsione della somma di cui all’Accordo, mentre tale Accordo non aveva avuto esecuzione per le ipotesi di mera cessione di ramo d’azienda. Mancava inoltre la firma della rappresentanza sindacale della divisione Sietta all’Accordo del 6.9.1997.

Il motivo appare infondato.

L’Accordo del 6.9.1997, ripropodotto a pag. 22 del ricorso, poste alcune necessità di ordine generale quali "la concentrazione sulle attività di core business e la razionalizzazione del complesso delle altre attività al fine di generare un recupero di risorse da destinare al miglioramento del sistema impresa inteso come insieme di presidio di know how, professionalità e risultati economici" precisa che "lo strumento individuato è il decentramento (esternalizzazione) di attività con diverse modalità, secondo le varie tipologie, per le quali verranno esperite – se necessarie – le varie procedure previste dalle leggi in accordo con le parti". L’Accordo precisava poi che "relativamente alle armonizzazioni agli istituti esistenti delle singole aziende, anche in funzione dei CCNL dalle stesse applicati, in conseguenza del mutamento della titolarità del rapporto e/o della novazione dello stesso, le Parti avvieranno un confronto teso a salvaguardare i trattamenti economici e normativi;

in sede procedurale l’Azienda riconoscerà un importo transattivo a titolo novativo", che poi l’Alcatel ha unilateralmente determinato in sei mensilità. Il fulcro della complessa argomentazione svolta nel primo motivo è che manchi il presupposto per l’applicabilità dell’accordo in parola in quanto non si è trattato di una vera esternalizzazione, ma di una cessione di ramo d’azienda. Sul punto la Corte di appello ha già fornito una solida ed persuasiva interpretazione dell’Accordo evidenziando come l’espressione "decentramento (esternalizzazione)" debba necessariamente collegarsi a quanto segue immediatamente e cioè "di attività con diverse modalità e secondo le varie tipologie", nonchè ad altro passaggio dell’Accordo stesso nel quale si parla di "un mutamento della titolarità del rapporto di lavoro e/o della novazione dello stesso", il che rende evidente come si sia voluto ricomprendere ogni ipotesi di decentramento in senso lato, tale da determinare un mutamento di titolarità attiva nel rapporto. Il termine "esternalizzazione" peraltro non è che una forma di decentramento e non costituisce in alcun modo una espressione tecnico-giuridica, tale da dover essere interpretata nel solo modo prospettato nel ricorso e cioè come affidamento di attività ad altra azienda che poi contrattualmente concluda accordi contrattuali con il cessionario. Dall’Accordo in parola non emergono riferimenti di ordine testuale o anche di ordine logico-sistematico per ritenere che si sia utilizzato il termine con questo significato più ristretto, anzi- come ben argomentato nella sentenza impugnata- le ulteriori espressioni dell’Accordo escludono la fondatezza di tale tesi, visto l’ampio riferimento alla pluralità di forme di decentramento ed ad ogni ipotesi di mutamento di titolarità nel rapporto, che altrimenti non avrebbero avuto alcun senso. Nè appare legittima la richiesta di interpretazione di un Accordo specifico e relativo ad un singolo Gruppo alla luce della contrattazione collettiva nazionale di settore, mai richiamata nell’Accordo stesso e non prodotta unitamente al ricorso in cassazione (solo nella memoria difensiva si è allegato che la stessa sarebbe stata prodotta in primo grado, ma non si è neppure indicato il numero di affoliazione del documento; sull’onere di produzione o di chiara indicazione dell’incarto processuale ove sia rinvenibile il CCNL nel giudizio di cassazione, cfr. da ultimo Cass. n. 18854/2010, n. 716172010). Peraltro il CCNL del settore metalmeccanico viene richiamato su clausole concernenti argomenti completamente diversi come gli obblighi di informazione e consultazione. L’interpretazione offerta dalla Corte di appello si fonda, quindi, su solidi argomenti e, a ben guardare, anche su elementi di ordine letterale perchè il termine esternalizzazione è stato accompagnato al termine decentramento e specificato come si è detto prima e non emerge che in alcun modo le parti sociali abbiano voluto adottare una nozione restrittiva di "esternalizzazione" diversa da quella assunta nel linguaggio comune; a ciò si è accompagnata una interpretazione di ordine logico-funzionale emergendo dall’Accordo la volontà di corrispondere una certa somma in ogni caso di "decentramento di attività" comportante un mutamento della titolarità del rapporto.

L’interpretazione offerta appare persuasiva e frutto di operazioni ermeneutiche immuni da vizi di ordine logico, nè appare contraddetta da singoli episodi di applicazione dell’Accordo stesso in casi di "esternalizzazione" nel senso specificato in ricorso. Circa la mancata sottoscrizione della rappresentanza sindacale di Siette la sentenza impugnata non affronta il tema e parte ricorrente non ricostruisce come e quando l’argomento sia stato fatto valere in giudizio, sicchè sembra essere nuovo; in ogni caso emerge dallo stesso ricorso (pag. 21) che l’Accordo è stato sottoscritto dalle organizzazioni nazionali di categoria FIM, FIOM, e UILM e dai rappresentanti territoriali delle stesse e dal loro Coordinamento nazionale e pertanto non si vede come possa contestarsi la validità del contratto nell’ambito del Gruppo Alcatel; alle dette OOSS emerge che la stessa Alcatel ha comunicato la decisione di stabilire in sei mensilità l’importo dovuto, evidentemente riconoscendo la validità dello stesso Accordo, senza limitazioni a specifiche realtà produttive.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’Accordo del 6.9.1997, la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., e l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio:

l’accordo aveva natura programmatica. Mancano le intese successive nelle singole procedure e le relative transazioni. Nell’Accordo si era usato il termine transattivo che non è identico a forfettario, come ritenuto dalla Corte di appello. Occorreva, pertanto, un verbale di transazione.

Anche il secondo motivo appare infondato. La Corte di appello, nell’accogliere l’appello incidentale, ha osservato che l’Alcatel aveva già unilateralmente definito l’importo da corrispondere in caso di decentramento (estemalizzazione) in sei mensilità di retribuzione e che, quindi, una volta avvenuta la cessione di ramo d’azienda, l’Accordo non poteva che essere operativo, essendo stati già definiti gli obblighi a carico dell’Alcatel. La Corte di appello ha altresì osservato che il riferimento ad un "importo transattivo" a titolo novativo volesse significare solo, questa volta effettivamente con terminologia atecnica, la corresponsione di una somma forfettaria una tantum svincolata dalla retribuzione e non fosse necessaria la sottoscrizione di una transazione che nel caso in esame sarebbe stata priva di causa e di oggetto, in quanto con la cessione di ramo di azienda il rapporto di lavoro si era comunque trasferito in capo alla cessionaria, senza possibilità di reazione da parte dei lavoratori. L’interpretazione appare ragionevole e supportata da argomenti di ordine teleologia) e funzionale, relative alla finalità dell’accordo in rapporto alla fattispecie in esame, che appaiono logicamente corretti e che non violano in alcun modo i criteri di ordine generale per interpretare gli Accordi collettivi, che non prevedono affatto che l’interpretazione letterale sia l’unica strada ermeneutica per risalire alla reale intenzione delle parti. Il ribadito richiamo a casi di applicazione dell’Accordo in cui si è proceduto ad atti di transazione non inficia tale interpretazione, anche perchè dalla trascrizione di tali atti in ricorso l’operazione sembra aver natura più complessa della mera attribuzione da parte dell’Alcatel di sei mensilità di retribuzione.

Con il terzo motivo si allega l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio: l’Accordo prevedeva una serie di garanzie di tutela dei lavoratori in caso di decentramento – esternalizzazione: mentre si era ritenuta applicabile solo quella relativa alle sei mensilità.

Il motivo è infondato. Nel motivo non si ricostruisce come questo argomento sia stato fatto valere in appello (sul punto la Corte territoriale nulla ha osservato), sicchè la questione sembrerebbe nuova; in ogni caso dall’Accordo stesso emerge l’obbligo di cui si discute, obbligo che la stessa Alcatel ha autonomamente determinato in sei mensilità di retribuzione. Con la cessione del ramo di azienda ed il cambiamento di titolarità attiva del rapporto di lavoro si sono verificati i presupposti di applicabilità dell’Accordo circa l’importo dovuto, il che non esclude che possano ritenersi operative anche altre clausole del detto Accordo non fatte valere dai lavoratori.

Con l’ultimo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2.

Le marginali imprecisioni nell’intestazione della sentenza segnalate nel motivo (come l’indicazione dei difensori tra gli appellati o la doppia indicazione di alcuni appellati con diversi difensori) non determinano di certo la nullità della sentenza essendo chiaro tra chi è intervenuta la decisione poichè fa Corte ha precisato i soggetti che non hanno transatto (cfr. dispositivo della sentenza impugnata).

Va quindi conclusivamente rigettato il ricorso. Le spese di lite- liquidate come al dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 90,00 per esborsi oltre Euro 5.000,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 2 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2012

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