Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 17-04-2012, n. 5995 Collegi e ordini professionali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli avvocati G.F. e M.A. propongono ricorso alle Sezioni Unite della cassazione, affidato a sei motivi, avverso la decisione del CNF che, confermando la decisione del Consiglio dell’Ordine di Milano, ha irrogato la sanzione disciplinare della cancellazione dall’Albo, per essersi appropriati della somma di L. 247.000.000 facente parte della maggior somma di L. 807.274.000 liquidata a seguito di sentenza del Tribunale di Potenza dalla Fondaria assicurazioni a favore della loro cliente S. B..

Nessuno si è costituito per gli intimati.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo i ricorrenti si dolgono, reiterando sostanzialmente il primo motivo di appello, della violazione del R.D. n. 37 del 1934, artt. 43 e 51, e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, unitamente al vizio di motivazione, denunciando che la decisione del COA di Milano avrebbe "dato per presente l’avvenuto raggiungimento della maggioranza idonea a deliberare quando viceversa la decisione è stata assunta escludendo la minoranza ed in assenza del relatore" e che la decisione del CNF avrebbe omesso ogni motivazione riguardo al rigetto del motivo di appello.

1.1.- Il mezzo è inammissibile. Queste Sezioni Unite hanno infatti affermato – nè si ravvisano ragioni per discostarsi dal precedente – che la censura di irregolare composizione del Consiglio dell’ordine per mancata rituale convocazione di tutti i membri dello stesso, ove la relativa eccezione non sia già stata sollevata nel corso del procedimento disciplinare dinanzi al medesimo Consiglio dell’ordine, non può essere dedotta, come motivo di impugnazione, dinanzi al Consiglio nazionale forense, nè tanto meno dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass., SSUU 4 maggio 2004 n. 8431).

2.- Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono del rigetto del motivo di appello relativo al mutamento del collegio del COA. 2.1.- Il secondo motivo è infondato, avendo queste Sezioni Unite affermato che, in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, non integra nullità alcuna il mutamento della composizione del Consiglio dell’ordine degli avvocati all’atto dell’adozione della decisione rispetto a quella della prima udienza, in quanto in tale procedimento non si applica il principio dell’immutabilità del collegio giudicante (Cass., SSUU 19 ottobre 2011 n. 21585). Le considerazioni svolte dai ricorrenti non inducono d’altra parte il Collegio a mutare il proprio indirizzo.

3.- Con il terzo motivo i ricorrenti, lamentando la violazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 38 e 44, ed il vizio di omessa motivazione, si dolgono del rigetto, senza motivazione, del motivo di appello con il quale deducevano la nullità della decisione del COA in quanto adottata prima del passaggio in giudicato della pronuncia penale di condanna.

3.1.- Il terzo motivo è inammissibile. E’ vero che queste Sezioni Unite hanno affermato che, in tema di procedimento disciplinare nei confronti di avvocati, qualora l’addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, si impone la sospensione del giudizio disciplinare, anche nella fase amministrativa, in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., (da ultimo, Cass., SSUU 25 luglio 2011 n. 16169). Ciò tuttavia avviene in quanto, per effetto della modifica dell’art. 653 c.p.p., operata dalla L. n. 97 del 2001, art. 1, (norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche), l’efficacia di giudicato – nel giudizio disciplinare – della sentenza penale di assoluzione non è più limitata a quella dibattimentale ed è stata estesa, oltre alle ipotesi di assoluzione perchè "il fatto non sussiste" e "l’imputato non l’ha commesso", a quella del "fatto non costituisce reato". Ne consegue che dalla definizione del procedimento penale può dipendere la decisione del procedimento disciplinare (Cass., SSUU 8 marzo 2006 n. 4893).

Ciò posto, è evidente che la mancata sospensione non può essere lamentata dall’avvocato che sia stato condannato in sede penale, in quanto la definizione del procedimento penale, già avvenuta, non ha comportato nessun contrasto tra il giudicato penale e la sentenza disciplinare.

4.- Con il quarto motivo i ricorrenti deducono – quanto al merito della decisione – il vizio di motivazione. In particolare assumono che l’affermazione della "assoluta attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese e della credibilità soggettiva del dichiarante", oltre a segnare un cambiamento di rotta del CNF rispetto alla sua stessa giurisprudenza in tema di efficacia probatoria della dichiarazione del denunciante, integrerebbe una motivazione apparente.

4.1.- Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui sembra lamentare una contraddittorietà tra la sentenza impugnata e la precedente giurisprudenza del CNF, essendo pacifico che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, riguarda solamente i difetti motivazionali interni alla sentenza e non anche quelli nascenti dal confronto con altre sentenze dello stesso organo.

E’ infondato quanto al resto, in quanto l’affermazione della "assoluta attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese e della credibilità soggettiva del dichiarante", desunta dalla "logica interna" del suo racconto, non costituisce una motivazione meramente apparente, ma spiega adeguatamente le ragioni della decisione. Non compete d’altro canto al giudice di legittimità procedere ad una nuova valutazione degli elementi già sottoposti al giudice di merito.

5.- Con il quinto motivo i ricorrenti, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, lamentano che il CNF abbia introdotto l’ipotesi di raggiro, senza indicare da dove tragga la prova relativa, peraltro costituente circostanza mai contestata in sede disciplinare.

5.1.- Il quinto motivo è inammissibile, in quanto il CIMF non ha introdotto l’ipotesi di raggiro, ma ha (correttamente) affermato che il comportamento ascritto ai due avvocati era da ritenersi integrato tanto nell’ipotesi di appropriazione indebita quanto in quella di truffa. Queste Sezioni Unite hanno d’altro canto affermato che il giudice disciplinare è libero di individuare l’esatta configurazione della violazione, non riguardando la contestazione il nomen juris o la rubrica della ritenuta infrazione (Cass., SSUU 7 luglio 2009 n. 15852).

6.- Con il sesto motivo i ricorrenti si dolgono della mancanza di qualsiasi motivazione a sostegno del rigetto dell’istanza di riduzione della sanzione.

6.1.- Il sesto motivo è inammissibile. Queste Sezioni Unite hanno infatti affermato che il potere di applicare la sanzione, adeguata alla gravità ed alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale, è riservato agli organi disciplinari;

pertanto, la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio nazionale forense non è censurabile in sede di giudizio di legittimità (Cass., SSUU 26 maggio 2011 n. 11564).

7.- Il ricorso va in definitiva rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di costituzione degli intimati.

P.Q.M.

la Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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