Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-04-2012, n. 6071 Colpa concorso di colpa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 27 luglio 2005 L.M., F., E., S., P. e S.M.E. hanno proposto appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Latina aveva dichiarato la colpa concorrente e paritaria tra C. G. e L.D., rispettivamente proprietari di una moto SuzuKi e di un trattore con il traino di un erpice, nella determinazione del sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), nel corso del quale avevano trovato la morte lo stesso C. e M.G., trasportato sulla moto del primo, condannando in solido C.W., D.S., la Toro Assicurazioni, compagnia assicuratrice della moto del C., nonchè gli eredi di L.D. al risarcimento dei danni in favore degli eredi del M., condannando i soli eredi del L. al risarcimento dei danni in favore degli eredi del C. e condannando in solido la Toro Spa e C.W. al risarcimento dei danni subiti da Li.Lu., coinvolta nel medesimo sinistro. In esito al giudizio di secondo grado, in cui hanno proposto appello incidentale C.W. e D. S., genitori del defunto C.G., Li.Lu., la Toro Assicurazioni, M.M. e B.A., la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata in data 16 marzo 2010 ha accolto l’appello incidentale della Li., condannando la Toro e C.W. in solido al pagamento in favore della Li. dell’ulteriore somma di Euro 2.100,00; ha accolto altresì l’appello incidentale della D., rigettando ogni domanda avanzata dalla B. e dal M. nei confronti della D.; ha rigettato tutte le altre impugnazioni proposte.

Avverso la detta sentenza L.F., S., M., E., P., D. e S.M.E. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in nove motivi. Resistono con controricorso D.S., C.W., C. C., A., V. e la GBS S.c.p.a. Sia quest’ultima sia C.W. e D.S. hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

Al fine di inquadrare più agevolmente il complesso delle doglianze formulate dai ricorrenti, può tornare utile premettere che con i primi due motivi di impugnazione essi hanno lamentato la nullità della decisione della Corte territoriale in relazione al giudicato interno formatosi sull’ora in cui è accaduto il sinistro nonchè il vizio motivazionale sempre in ordine all’ora dell’incidente mentre con i successivi due motivi hanno dedotto la motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria sia con riferimento all’orario nel quale iniziava a sussistere l’obbligo di accensione dei dispositivi di illuminazione sia con riferimento alle condizioni di visibilità sussistenti al momento del sinistro.

Ed invero, sia in sede penale sia nella sentenza di primo grado era stato escluso – così scrivono i ricorrenti – che il sinistro potesse essersi verificato oltre le ore (OMISSIS) per cui la Corte, in assenza di impugnazione, avrebbe violato il giudicato interno disponendo una nuova perizia sul punto. Peraltro, sarebbe incorsa nel vizio motivazionale dedotto omettendo di valutare l’evidenza documentale costituita dalla registrazione della chiamata di segnalazione del sinistro ai CC, segnata alle ore (OMISSIS), attribuendo rilevanza decisiva ad una deposizione testimoniale che collocava il sinistro alle (OMISSIS). Inoltre, la Corte avrebbe male interpretato un inciso della consulenza tecnica anticipando l’obbligo di accensione delle luci nel lasso di tempo dalle (OMISSIS) mentre il perito d’ufficio aveva precisato che i dispositivi di illuminazione dovevano essere accesi dalle (OMISSIS) in poi, ed avrebbe inspiegabilmente dato rilievo ad una deposizione, quella del teste Mo., sopraggiunto quando il sinistro si era già verificato, rispetto a tutte le altre deposizioni dei testi presenti al momento dell’impatto, così ritenendo sulla base di detta deposizione che l’incidente si era verificato quando era già buio e la moto del C. aveva i fari accesi.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono del tutto infondati.

Quanto al primo di essi, in particolare, mette conto di premettere che l’assunto dei ricorrenti si fonda sull’affermazione contenuta nella pronuncia di primo grado, secondo cui l’incidente si sarebbe verificato "all’incirca alle ore 11" in quanto "verso le ore 17,05" i Carabinieri vennero avvertiti telefonicamente che" poco prima si era verificato un incidente" (pag. 6 della sentenza di primo grado). Ora, come appare evidente dalla lettura del brano, le affermazioni riportate non si caratterizzano certamente per quella individualità, specificità e autonomia che sono funzionali a consentirne il passaggio in cosa giudicata. Ciò, stante il carattere assolutamente vago ed approssimativo, oltre che meramente argomentativo delle affermazioni, e l’assenza di un specifico accertamento al riguardo compiuto dal giudicante su richiesta esplicita delle parti in relazione ad una loro diversa e quindi controversa versione della questione.

Ne deriva l’infondatezza della censura, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui costituisce capo autonomo della sentenza – come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno – solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un "decisum" affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata. (Cass. 22863/07). Peraltro, la suddetta autonomia non solo manca nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verte in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione (Cass. n. 23747/08, n. 726/06).

Giova aggiungere – e tali considerazioni concernono il secondo ed il quarto motivo in particolare – che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. Quanto al motivo, il terzo, secondo cui la Corte avrebbe male interpretato un inciso della consulenza tecnica anticipando l’obbligo di accensione delle luci nel lasso di tempo dalle 17 alle 17,05 mentre il perito d’ufficio aveva precisato che i dispositivi di illuminazione dovevano essere accesi dalle 17,05, va osservato che la censura è infondata ove si ponga mente alla considerazione che, ad avviso del CTU nelle condizioni metereologiche presenti, " la visibilità era tale da consigliare fortemente l’accensione dei suddetti dispositivi. La loro accensione pertanto doveva avvenire in un tempo compreso tra le 11 e le 17,05 non facilmente individuabile a causa delle numerose variabili poste alla base della scelta (condizioni fisiche del conducente del mezzo, velocità di marcia etc)….. dalle 17,05 in poi… i dispositivi…dovevano essere comunque in funzione" . Pertanto, la Corte territoriale non si è affatto discostata dall’opinione del perito d’ufficio ed ha motivato adeguatamente quando ha ritenuto che le condizioni di tempo e di luogo avrebbero dovuto indurre il L. di viaggiare con le luci accese, in considerazione delle caratteristiche della strada, priva di illuminazione, della giornata di fine autunno, dell’ora di tardo pomeriggio e dell’ingombro del trattore che viaggiava a velocità ridotta con agganciato un erpice con punte acuminate.

Passando all’esame delle tre successive doglianze, articolate rispettivamente per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 393 del 1959, art. 109 (5 censura), degli artt. 71, 32, 110, 28 e 29 in collegamento con il citato 109 C.d.S. (6 censura) e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento all’ingombro della trattrice e all’erpice trasportato in relazione all’obbligo di accensione dei dispositivi di illuminazione (7 censura), i ricorrenti lamentano che la Corte di Appello avrebbe errato nell’applicare l’art. 109 C.d.S. alla fattispecie, non ricorrendone i presupposti di fatto, ed estendendo impropriamente l’efficacia della norma a circostanze non regolate dalla stessa, quali l’ingombro del veicolo, la sua particolare andatura, il trasporto dell’erpice. Inoltre, avrebbe errato sia con riferimento al volume di ingombro della trattrice sia con riferimento all’erpice trascurando che le dimensioni del mezzo condotto dal L. erano notevolmente inferiori ai limiti di sagoma, oltre i quali è prescritto l’obbligo di luci posteriori di ingombro, e che l’attrezzatura collegata alla trattrice agricola non rispondeva alle definizioni di rimorchio che prevede l’obbligo di tenere sempre accesi i dispositivi di illuminazione posteriori. Infine non avrebbe motivato in maniera congrua ed adeguata in relazione all’esistenza di uno specifico obbligo di segnalazione luminosa da collegarsi alle dimensioni, all’andatura ed all’erpice trasportato dal veicolo modello Same delfino in base alle caratteristiche tecniche risultanti dal certificato rilasciato dalla Motorizzazione civile.

Anche tali motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto, sotto diversi ed articolati profili, prospettano censure intimamente connesse tra loro, consistenti essenzialmente nella mancata ricorrenza dei presupposti di fatto richiesti per l’applicazione dell’art. 109 C.d.S., all’epoca vigente, alla fattispecie in esame in quanto, contrariamente alla situazione di fatto ritenuta dalla Corte territoriale, la visibilità non sarebbe stata affatto scarsa, nonchè nell’erronea valutazione, da parte dei giudici, delle dimensioni e del volume d’ingombro del veicolo. Le censure sono inammissibili per un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, perchè le ragioni di doglianze, come risulta di ovvia evidenza dal loro stesso contenuto e dalle espressioni usate dai ricorrenti, non concernono violazioni o false applicazioni del dettato normativo bensì la valutazione della realtà fattuale, come è stata operata dalla Corte di merito; nè peraltro evidenziano effettive carenze o contraddizioni nel percorso motivazionale della sentenza impugnata ma, riproponendo l’esame degli elementi fattuali già sottoposti ai giudici di seconde cure e da questi disattesi, mirano ad un’ulteriore valutazione delle risultanze processuali, che non è consentita in sede di legittimità in quanto la valutazione degli elementi di prova e l’apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice di merito.

In secondo luogo, l’inammissibilità deriva dal difetto di correlazione delle ragioni di censura con la ratio decidendi della decisione impugnata, che è stata fondata dalla Corte di merito non già sulla base della violazione degli artt. 71, 32, 110, 28 del previgente C.d.S. bensì in riferimento alla violazione delle regole di generale prudenza che avrebbero imposto al L. di viaggiare con le luci accese, "onde rendere maggiormente evidente la sua presenza sulla strada", non tanto in considerazione delle dimensioni del trattore in sè, quanto in considerazione dell’ingombro assai insidioso per i veicoli sopravvenienti, costituito dall’erpice agganciato "che poteva rappresentare un ulteriore pericolo per la marcia di altri veicoli" (cfr pag. 6 della sentenza impugnata). E ciò, senza considerare l’andatura lenta del mezzo, le caratteristiche della strada, priva di illuminazione, la giornata di fine autunno, l’ora di tardo pomeriggio.

Ed è appena il caso di osservare che, se le ragioni di gravame non si contrappongono in maniera specifica alle considerazioni svolte nella sentenza impugnata e non sono quindi idonee ad incrinarne il fondamento logico-giuridico, la censura deve essere ritenuta inammissibile per difetto della necessaria specificità, attesa la sua non riferibilità alla sentenza impugnata.

Passando ad esaminare l’ottava doglianza, articolata sotto il profilo della violazione dell’art. 2054 c.c., comma 1 con riferimento alla responsabilità concorrente del L., va osservato che, ad avviso dei ricorrenti, la Corte di merito, così in sintesi, l’ottava censura, avrebbe stravolto le norme di cui al codice della strada suindicate estendendo la loro portata, creando nuove fattispecie vietate mentre la condotta del L. era stata invece pienamente lecita " non violando alcun precetto del C.d.S., al di fuori di quelli creati artificiosamente dalla Corte d’Appello con una interpretazione estensiva, fantasiosa ed allo stesso tempo superficiale".

La censura è anch’essa inammissibile in quanto i ricorrenti, pur lamentando formalmente una pretesa violazione di legge, si volgono piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito, il quale nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a confutare qualsiasi deduzione difensiva.

Resta da esaminare l’ultima doglianza, la nona, articolata sotto il profilo dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento alla ricostruzione della dinamica del sinistro, alla responsabilità concorrente del L. ed alla sua quantificazione. Infatti – queste, essenzialmente le ragioni della doglianza – sussisterebbe innanzitutto una intrinseca contraddizione tra le premesse della sentenza che confermano l’avvistamento del trattore da parte del C., ritenuto dal primo giudice, e le conclusioni che portano ad affermare la responsabilità del L. al 50% basata sulla mancata accensione dei dispositivi di illuminazione. Inoltre, sussisterebbe un difetto di motivazione in ordine alla circostanza che il C. non poteva guidare la moto Suzuki 600 e non poteva trasportare passeggeri a bordo non avendo compiuto il 21 anno d’età ed essendo titolare della sola patente b).

Infine ricorrerebbe difetto di motivazione con riferimento alla quantificazione delle responsabilità perchè, avendo abbandonato il criterio presuntivo di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, la Corte avrebbe dovuto fornire ampia e circostanziata motivazione in merito all’apporto causale delle singole condotte di guida.

Il primo dei sub motivi è infondato in quanto il vizio di motivazione della sentenza, sotto il profilo della contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo quando nel ragionamento del giudice di merito esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Ora, se è vero che il giudice di primo grado ha scritto in sentenza che il C. "dopo aver sorpassato l’auto del Mo. deve pur aver avvistato il trattore, sia pure in ritardo, data la sua ingombrante sagoma" e se è vero che la Corte territoriale ha ritenuto di condividere e confermare la sentenza di primo grado, ciò non comporta alcuna conflittualità logica tra le premesse della sentenza di appello – che confermano l’ipotetico avvistamento del trattore da parte del C., ritenuto dal primo giudice – e le conclusioni che portano ad affermare la responsabilità del L. al 50% basata sulla mancata accensione dei dispositivi di illuminazione perchè l’avvistamento, peraltro meramente ipotizzato dal giudice di primo grado, – la circostanza merita di essere sottolineata, – e comunque avvenuto tardivamente da parte del C., non esclude affatto la colpa concorrente del L. ed il suo pari contributo causale all’evento. Ciò, in quanto il conducente della moto avrebbe visto in ritardo l’ingombro mentre soltanto l’accensione dei fari avrebbe potuto consentire una diversa, più tempestiva, manovra da parte sua. Il secondo sub motivo, riguardo alla giovanissima età del C. che non aveva compiuto il 21 anno d’età ed era titolare della sola patente b, si fonda su circostanze che non hanno alcuna relazione causale con il sinistro e non hanno rilevanza alcuna, utile al fine di escludere la condotta colposa del L., trattandosi di antecedenti occasionali all’evento. Ed è appena il caso di osservare che il vizio di insufficiente motivazione sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di un punto decisivo della controversia, e che, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Ne deriva l’infondatezza del profilo di doglianza.

E’ infine infondato altresì il terzo sub motivo, attinente al preteso vizio di motivazione con riferimento alla quantificazione delle pari responsabilità. Ed invero, deve osservarsi a riguardo che il giudizio riguardante l’attribuzione delle percentuali di colpa è il risultato di una valutazione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, la quale, tradottasi in termini aritmetici, è insindacabile in sede di legittimità, se non esclusivamente sotto il profilo di una motivazione intrinsecamente contraddittoria., nel senso che l’espressione percentuale dell’apporto causale colposo stabilita dal giudice del merito sia incompatibile con le osservazioni logiche che la sorreggono, ipotesi assolutamente non ricorrente nella specie alla luce del rilievo che la Corte di merito nell’argomentare le ragioni della sua decisione confermativa del giudizio di pari responsabilità dei due conducenti non ha in alcun modo evidenziato, a carico di uno dei due, profili di colpa maggiori e più gravi di quelli imputabili all’altro, ponendo invece l’apporto causale delle loro condotte di guida sul medesimo livello di responsabilità.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio in considerazione della complessità della ricostruzione della vicenda e della obiettiva controvertibilità di alcuni profili di doglianza, meritevoli di approfondimento benchè infondati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di questo giudizio di legittimità tra le parti costituite.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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