Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-04-2012, n. 6067 Intervento dei creditori nell’esecuzione Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. L’avv. B.R., a fronte di un credito recato da sentenza, promosse espropriazione presso terzi in data 8-9.3.01 davanti al Tribunale di Napoli – sez. dist. di Pozzuoli, nei confronti del debitore Comune di Pozzuoli e del terzo debitore suo tesoriere SanPaolo – Banco di Napoli, per l’importo precettato di L. 1.459.000, oltre interessi e spese.

1.2. Nella procedura esecutiva (n. 205/01 r.g.e.) intervennero numerosi altri creditori: C.N., mercè la mera deduzione della sussistenza di un suo credito; lo stesso B., in forza di un primo d.i. – 338/95 del Pretore di Pozzuoli – allegato in fotocopia e di un altro – del medesimo giudice – prodotto invece in forma esecutiva; la Architecture & Construction di Cavaliere Alfredo, in forza di d.i. in forma esecutiva; tali D.L., F., P. e L. (poi identificati, nella gravata sentenza, in D.L.I., D.L.G., De.Ge.

L., De.Le.Ro., P.M.O., M. F.A., F.E., D.L.D., D.L.R., D.L.L., De.Ma.

L., L.L.), in forza di convenzione con il Comune di Pozzuoli D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 194. 1.3. All’esito della comparizione del terzo e nonostante l’eccezione del Comune di impignorabilita dello staggito D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 159, dichiarati dal B. il soddisfacimento del solo credito principale e dal C.N. la propria rinuncia all’intervento, soltanto con ordinanza del 4.4.07 il giudice dell’esecuzione, rilevata la rinuncia del procedente e del C. N. e comunque la carenza di titolo esecutivo in capo al B. – evidentemente, per il credito recato dal d.i. 338/95 e da tutti gli altri interventori per tardività dell’intervento, dichiarò inammissibili le richieste di tutti gli interventori e l’estinzione del processo.

1.4. Avverso tale ordinanza proposero opposizione, con ricorso del 27.4.07, tutti detti interventori, tranne il C.N., sostenendo l’irrilevanza della tardività degli interventi e l’ammissibilità di quelli non fondati su titolo esecutivo, anche perchè la procedura era iniziata prima della riforma del processo esecutivo del 2006, con conseguente inoperatività della disciplina novellata degli artt. 499 e 546 cod. proc. civ. 1.5. Nella contumacia di debitore e terzo pignorato, il tribunale accolse l’opposizione quanto alla doglianza di tardività, ma disattese quella del B. in ordine all’ammissibilità di un intervento, in procedura contro una pubblica amministrazione, senza previa notifica di titolo esecutivo, così interpretando il D.L. 31 dicembre 1996, art. 14 conv. con modif. in L. 28 febbraio 1997, n. 30; e, quanto alle posizioni per le quali era stata accolta l’opposizione, annullò l’impugnata ordinanza, rimettendo per il prosieguo al giudice dell’esecuzione e condannando il Comune di Pozzuoli al pagamento delle spese processuali, liquidate nel loro complesso in Euro 1.230,00, oltre sole IVA e CPA e rimborso spese generali con attribuzione.

1.6. Per la cassazione di tale sentenza ricorre, affidandosi ad un’eccezione preliminare di illegittimità costituzionale ed a tre motivi di doglianza, il B.; dispiegano a loro volta ricorso incidentale – affidato ad un motivo – Architecture & Cybernetics (già & Construction) di Cavaliere Alfredo, nonchè D.I. L., D.L.G., De.Le.Ge., R. D.L., P.M.O., F.M.A., F.E., D.L.D., D.L.R., D.L.L., De.Le.Ma. e L.L.;

resiste, avverso il ricorso principale ed il ricorso incidentale, con separati controricorsi il Comune di Pozzuoli, mentre non svolge attività difensiva in questa sede il Banco di Napoli spa.

1.7. In conseguenza di tanto, alla pubblica udienza del 14.3.12, il ricorrente principale, prodotta altresì memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. ad ulteriore illustrazione – tra l’altro – dell’eccezione di illegittimità costituzionale già dispiegata in ricorso, discute oralmente la causa.

Motivi della decisione

3. Il ricorrente:

3.1. in via preliminare, solleva eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 360-bis c.p.c., comma 1, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. ed all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ritenendo appunto che il c.d. filtro introdotto con tale norma, nel caso di mancanza di precedenti difformi e comunque per l’inesistenza o l’inaffidabilità di sistemi di ricerca sugli stessi, limiterebbe oltremodo l’effettivo esercizio del diritto di difesa in sede di impugnazione;

3.2. sviluppa poi tre motivi:

3.2.1. con un primo – rubricato "nullità della sentenza; violazione di legge; artt. 132 e 156 c.p.c.; dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 bis c.p.c.; art. 360 c.p.c., n. 3" – lamentando la carenza di idonea motivazione, per l’insufficienza – ampiamente argomentata – del richiamo ad un precedente del medesimo giudice, in tema di inammissibilità di intervento senza titolo esecutivo – e comunque alla luce del D.L. n. 669 del 1996, art. 14 – in processo esecutivo contro una pubblica amministrazione;

3.2.2. con un secondo – rubricato "violazione di norme di legge; art. 499 c.p.c. (sia nel testo previgente che in quello attuale);

ammissibilità dell’intervento senza titolo esecutivo contro la P.A.;

D.L. n. 669 del 1996, art. 14 convertito in L. 28 febbraio 1997, n. 30 modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44 convertito in L. n. 326 del 2003; art. 360 c.p.c., n. 3" – sostenendo la piena ammissibilità del suo intervento in forza di decreto ingiuntivo n. 338/95, prodotto solo in copia: sia perchè analoga valutazione di ammissibilità era stata operata per l’intervento di altri creditori, anch’esso non basato su titolo esecutivo; sia perchè andava applicato il testo previgente dell’art. 499 cod. proc. civ., per essere stato dispiegato l’intervento in data 13.4.01; sia perchè il D.L. n. 669 del 1996, art. 14 non fonda affatto la necessità di un titolo esecutivo per intervenire nei confronti della pubblica amministrazione;

3.2.3. con un terzo – rubricato "violazione di norme di legge; D.M. 8 aprile 2004, n. 127; art. 360 c.p.c., n. 3" – egli si duole della violazione dei minimi tariffari nella liquidazione dei diritti e degli onorari, in relazione al valore del maggiore dei crediti azionati (Euro 1.327.005), come pure del mancato riconoscimento delle spese vive effettive e dell’incremento ex art. 5, commi 4 e 5, della tariffa forense vigente per il caso di assistenza di più parti.

4. Dei controricorrenti:

4.1. la Architecture & Cybernetics (già "& Construction") di Cavaliere Alfredo, nonchè D.L.I., D.G. L., De.Le.Ge., De.Le.Ro., P. M.O., F.M.A., F.E., D.L.D., D.L.R., D.L. L., De.Le.Ma. e L.L., con unitario controricorso, sviluppano un motivo di ricorso incidentale, sostanzialmente analogo al terzo motivo del ricorso principale;

4.2. dal canto suo, il Comune di Pozzuoli, con due distinti controricorsi, adduce la pretestuosità dei gravami, principale ed incidentale.

5. Va preliminarmente esclusa la rilevanza – prima ancora che la non manifesta infondatezza – della questione di legittimità costituzionale della norma dell’art. 360-bis cod. proc. civ., anche come precisata nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.:

5.1. le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di puntualizzare che il suo ambito applicativo, al di là delle espressioni letterali adoperate, coincide sostanzialmente con la manifesta infondatezza (Cass., Sez. Un., ord. 6.9.2010, n. 19051);

5.2. e comunque è evidente che la mancanza di precedenti, difformi o conformi, soprattutto del supremo collegio, non è affatto impeditiva della proposizione del ricorso stesso: sicchè, non prospettandosi l’eventualità di definire il ricorso ai sensi di tale norma per tale profilo (o per altri, secondo quanto si verrà a dire), la questione della sua conformità alla Carta fondamentale non è rilevante, non dovendo la norma in esame essere qui applicata.

6. Va ora esaminato il primo motivo del ricorso principale, il quale è peraltro infondato:

6.1. non rileva in concreto l’approfondimento della portata concreta dell’innovazione legislativa di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 52 in base alla quale la motivazione della sentenza può aversi "anche con riferimento a precedenti conformi": questione invero di grande momento, in rapporto alle finalità della richiamata riforma, da coordinare con l’esigenza insopprimibile dell’intelligibilità delle argomentazioni a sostegno di ogni decisione e della reperibilità, conoscibilità e controllabilità ex post dei richiami;

6.2. infatti, prima di tutto – e da un lato l’estensore della gravata sentenza rileva che il precedente – per quanto, in effetti, privo di elementi identificativi completi ed esaustivi, tranne che per la sola data -richiamato era stato perfino prodotto dagli stessi opponenti, i quali, pertanto, hanno così dimostrato di conoscerlo, sicchè nessuna lesione può dirsi operata al loro diritto di difesa;

6.3. dall’altro lato e soprattutto, sia pure con una formula dal tenore letterale stringato, il giudice del merito giustifica la comminatoria di inammissibilità dell’intervento del B. fondato su titolo non esecutivo (un decreto ingiuntivo – il n. 338/95 del Pretore di Pozzuoli – di cui si ignora se abbia mai conseguito l’esecutività) considerando "che i rilevanti interessi pubblici in gioco, in presenza di enti pubblici e locali debitori esecutati, giustificano un trattamento non del tutto equiparato ai debitori privati", senza incorrere in profili di incostituzionalità (ultimo paragrafo della pag. 2 della sentenza gravata);

6.4. sicchè una motivazione – per quanto sobria -sussiste, fondandosi la declaratoria di inammissibilità dell’intervento senza titolo esecutivo nei confronti della pubblica amministrazione e degli enti pubblici non economici sulla necessità di un trattamento di maggior favore per tale categoria di debitori, giustificato, anche quanto alla sua conformità alla Carta fondamentale, per i rilevanti interessi pubblici in gioco;

6.5. e solo va verificata la correttezza di tale impostazione, questione resa del resto oggetto del secondo mezzo di gravame.

7. Neppure il secondo motivo di ricorso principale può trovare accoglimento; ed invero:

7.1. va preliminarmente notato che:

7.1.1. alla fattispecie, avente ad oggetto un intervento in una procedura esecutiva presso terzi non relativo a credito fondato su titolo esecutivo, si applica la disciplina degli artt. 499 e 500 cod. proc. civ. nel testo anteriore alle riforme di cui alle L. n. 80 del 2005 e L. n. 263 del 2005 articoli modificati, rispettivamente, dai nn. 7 e 7-bis della lett. e) del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3 conv. con mod. in L. 14 maggio 2005, n. 80, il primo come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 1, comma 3, lett. c), nonchè il secondo a sua volta inserito dall’art. 1, comma 2, lett. d) di tale ultima legge;

7.1.2. infatti, in virtù della disciplina transitoria delle riforme del 2005/06 (D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3-sexies, ultimo periodo conv. con mod. in L. 14 maggio 2005, n. 80, come introdotto dal D.L. 30 giugno 2005, n. 115, art. 8 conv. con mod. in L. 17 agosto 2005, n. 168 e modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 1, comma 6 a sua volta modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39-quater conv. in L. 23 febbraio 2006, n. 51), "l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1 marzo 2006": e, nel caso di specie, è pacifico tra le parti che l’intervento del B., non supportato da titolo esecutivo, si sia avuto in tempo di gran lunga anteriore al 1.3.06 e precisamente prima dell’udienza del 29.10.03, in cui è stata formulata la riserva sciolta con l’ordinanza poi oggetto dell’opposizione conclusa con la oggi impugnata sentenza, nonostante tale ordinanza sia stata singolarmente – pronunciata dopo l’entrata in vigore delle suddette riforme;

7.1.3. in base a tale disciplina previgente, era pacificamente consentito al creditore di dispiegare intervento in ogni procedura esecutiva, anche se il suo credito non era recato da titolo esecutivo: ed in tale regime non era prevista di norma alcuna immediata verifica dei presupposti di ammissibilità dell’intervento – tra cui la certezza, liquidità ed esigibilità del credito vantato -prima del momento della distribuzione, salvo che non ne fosse sorta la necessità in tempo anteriore (come ad esempio in caso di riduzione o conversione del pignoramento), tanto che si escludeva perfino l’onere dell’interventore di produrre, prima di tali occasioni, i titoli o i documenti giustificativi del credito azionato (tra le altre, Cass. 19 luglio 2005 n. 15219);

7.1.4. in astratto, quindi, un intervento come quello dell’avv. B. sarebbe stato ammissibile nei confronti di un debitore qualsiasi: ma resta da valutare se tale ammissibilità sussistesse (e sussista) anche se debitore fosse (o sia) una pubblica amministrazione o un ente pubblico non economico;

7.2. orbene, la disciplina del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14 convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 1997, n. 30 (e successive modifiche ed integrazioni, che però, in quanto tali, non interessano direttamente in questa sede):

7.2.1. impone, "per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di denaro" da parte di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici non economici, un termine dilatorio – allo stato, di centottanta giorni – a qualunque creditore, durante il quale gli è precluso intimare precetto e dare corso all’azione esecutiva;

7.2.2. ha l’evidente scopo (in ragione della vera o presunta farraginosità delle loro strutture organizzative e, quindi, della normale lunghezza dei tempi di reazione alla sollecitazione al pagamento: Cass., ord. 7 ottobre 2010, n. 24078) di razionalizzare i pagamenti da parte della pubblica amministrazione e degli enti pubblici non economici per un periodo anteriore perfino all’intimazione del precetto;

7.2.3. ha la funzione di consentire, mediante la previa notifica del titolo esecutivo con contenuti e modalità oltretutto tali da agevolare il più possibile le operazioni spontanee successive, a tale peculiare categoria di debitori l’attivazione ed il completamento delle procedure contabili occorrenti per il pagamento spontaneo, con contestuale sgravio anche degli oneri per il precetto;

7.2.4. comporta che, pendente quell’intervallo, il titolo è sostanzialmente – benchè solo momentaneamente – privo di efficacia esecutiva ed il creditore non può non solo agire in executivis, ma neppure accingersi a farlo, così restando preclusa qualunque possibilità, per lui, di conseguire coattivamente il pagamento normalmente assicuratogli per qualunque altra categoria di debitori;

7.2.5. pertanto, tale essendo la ratio, essa introduce un autentico minisistema (Cass., ord. n. 24078 del 2010) o sottosistema, riguardante appunto tutte le esecuzioni contro pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici non economici, sistema che ha i connotati di una lex posterior specialis rispetto alle disposizioni del codice di rito;

7.3. tale specialità è stata messa in luce già in ordine alla norma speciale dell’art. 654 cpv. cod. proc. civ., che consentirebbe al beneficiario di un decreto ingiuntivo di procedere in executivis senza previa notificazione del medesimo in forma esecutiva (bastando la menzione in precetto del provvedimento che ha a quello fatto conseguire l’esecutività): essendosi statuito che la peculiarità del minisistema impone di interpretare il D.L. n. 669 del 1996, art. 14 nel senso che è stato imposto al creditore di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici non economici, quando debba procedere sulla base di un titolo esecutivo per il quale l’esecuzione sarebbe consentita da una norma speciale (verso il debitore in genere) senza previa notificazione del titolo, l’obbligo di provvedervi, in deroga a tale norma speciale, di modo che solo da essa decorre il termine dilatorio previsto per iniziare l’esecuzione e comunque per il precetto (Cass., ord. n. 24078 del 2010);

7.4. può allora prescindersi da una presa di posizione espressa sulla natura dell’intervento, soprattutto se non titolato (come possibile in via generale prima della riforma del 2006 e, dopo di questa, ormai soltanto in angusti limiti): e quindi dalla sostanziale divergenza tra gli interpreti sulla sua ricostruzione quale atto tendenzialmente assimilato all’atto di aggressione esecutiva compiuto dal pignorante, o al contrario quale mera domanda di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, cui la legge correla il potere di svolgere attività di impulso della procedura (maggiori, o equiparate al procedente, solo in presenza di titolo esecutivo);

7.5. infatti, l’intervento – soprattutto se non fondato su titolo esecutivo – comporta comunque, se non altro ai fini del sistema delle esecuzioni in danno delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici non economici, un’azione esecutiva da equipararsi in tutto e per tutto a quella del creditore principale, come, sia pure incidentalmente (ed al diverso fine di estendere l’applicabilità agli atti di intervento delle speciali regole di competenza territoriale sancite per l’espropriazione dei crediti degli enti previdenziali), ha affermato il Giudice delle leggi (Corte cost., sent. 27 ottobre 2006, n. 343, con orientamento già recepito da questa Corte: Cass. 20 dicembre 2009, n. 27822; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1581) : e ciò in quanto il dato positivo della norma in esame, nella sua espressione letterale relativo al "pignoramento dei crediti", va inteso come pertinente all’intera procedura espropriativa e non già al solo atto di avvio della stessa, e quindi riferito "a qualsiasi azione esecutiva esperita dai creditori, anche a mezzo di intervento";

7.6. questa complessiva considerazione dell’azione esecutiva, in ogni sua estrinsecazione di concreta aggressione del patrimonio del debitore al fine di conseguire coattivamente il pagamento, risponde ad una duplice esigenza:

7.6.1. da un lato, come già avvertito in dottrina e da una parte della giurisprudenza di merito, non avrebbe alcuna razionale giustificazione – e cozzerebbe comunque contro la ratio come su ricostruita della disciplina del sotto- (o mini-) sistema delineato dal richiamato D.L. n. 669 del 1996, art. 14 – imporre al solo procedente l’onere di una previa notifica di titolo esecutivo, cosa che naturalmente presuppone che il procedente stesso di quel titolo sia munito, e consentire al contempo un intervento non titolato:

determinandosi, ove invece a tale interpretazione si accedesse, un surrettizio aggiramento della portata precettiva della disposizione ed una vanificazione concreta delle esigenze di tutela della p.a. ad essa sottese;

7.6.2. d’altro lato, la necessità di un previo titolo esecutivo giudiziale od equiparato – da notificare con le modalità previste dal richiamato art. 14 (finalizzate a rendere più agevole l’avvio delle procedure di verifica ed erogazione) – può rinvenirsi,, ad un ancor più attento esame, proprio dalla specialità della disciplina posta dalla norma in esame: infatti, solo tale tipologia di titoli connota di un particolare grado di certezza, liquidità ed esigibilità il credito azionato; ed evidentemente tale requisito è ritenuto necessario per poter procedere all’erogazione di somme a carico di quei particolari debitori, che si presumono – per l’assenza di economicità istituzionale della loro attività – deputati prioritariamente alla cura disinteressata di interessi pubblici e bisognosi di particolare considerazione nel momento delle erogazioni di somme: e tanto all’evidente fine di garanzia di legittimità dei provvedimenti di spesa, assicurata, se non altro prima facie, con accettabile attendibilità soltanto dagli accertamenti retrostanti ad un titolo esecutivo giudiziale – o equiparato, come i lodi arbitrali – benchè non definitivo (ma suscettibile appunto di ogni idoneo approfondimento in una fase processuale che è ancora sempre, o che è stata già per intero, possibile);

7.7. in conclusione, se non altro a questi fini e in dipendenza della specialità della normativa di sottosistema relativo alle esecuzioni in danno di enti pubblici non economici e delle pubbliche amministrazioni:

7.7.1. l’intervento è una delle possibile estrinsecazioni dell’esercizio dell’azione esecutiva e deve, pertanto, ricevere uniforme trattamento rispetto all’azione esperita in via principale con il pignoramento;

7.7.2. va preferita una lettura estensiva della locuzione "procedere ad esecuzione forzata" di cui al D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 14, comma 1, convertito, con modificazioni, in l. 28 febbraio 1997, n. 30, tale da assoggettare anche l’intervento alla condizione temporale in esso stabilita ed alla presupposta necessità di un titolo esecutivo notificato, con i soli indispensabili adeguamenti formali;

7.7.3. rientrando tra questi ultimi che, non richiedendo l’intervento, quale atto propedeutico necessario, l’intimazione del precetto, il termine dilatorio dei centoventi giorni deve essere computato, a pena di inammissibilità dell’intervento, dalla notifica del titolo esecutivo alla data di deposito dell’atto di intervento, che è il momento in cui viene in tale forma direttamente iniziata l’azione esecutiva mediante intervento, nel regime anteriore alla novella del 2006;

7.8. in conclusione, così integrata o corretta la motivazione della sentenza impugnata, il suo dispositivo, di rigetto dell’opposizione alla declaratoria di inammissibilità dell’intervento dell’avv. B. in quanto non sorretto da titolo esecutivo (ed a maggior ragione da titolo esecutivo previamente notificato^ all’ente locale territoriale debitore, è conforme a diritto e la connessa doglianza va disattesa.

8. Resta da esaminare l’ultimo motivo del ricorso principale, che coincide con quello del ricorso incidentale da Architecture & Cybernetics (già "& Construction") di Cavaliere Alfredo, nonchè D.L.I., D.L.G., De.Ge.

L., De.Le.Ro., P.M.O., M. F.A., F.E., D.L.D., D.L.R., D.L.L., De.Le.Ma. e L.L.. Tale doglianza è fondata:

8.1. a fronte di una controversia avente ad oggetto la declaratoria di ammissibilità di numerosi crediti, il solo maggiore dei quali del valore di Euro 1.323.875,03, il giudice dell’opposizione agli atti esecutivi liquida Euro 80,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 550,00 per onorario (oltre CPA ed IVA, nonchè oltre maggiorazione per spese generali) in favore degli opponenti, in numero di quattordici e con almeno due posizioni processuali differenti;

8.2. i ricorrenti principale – col terzo motivo – ed incidentali – con l’unico motivo – rispettano i rigorosi requisiti che la giurisprudenza di questa Corte esige per la doglianza sull’erroneità della liquidazione delle spese processuali: è noto che, al riguardo, la doglianza di violazione delle tariffe professionali comporta l’obbligo, per il ricorrente, di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini (per tutte e tra le più recenti: Cass., 4 luglio 2011, n. 14542), incombendo sull’impugnante l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore (con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima: Cass. 7 agosto 2009, n. 18086), con indicazione degli errori commessi dal giudice e precisazione delle voci di tabella degli onorari e dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonchè le singole spese asseritamente non riconosciute (Cass. 21 ottobre 2009, n. 22287;

Cass. 19 giugno 2009, n. 14455; Cass. 26 giugno 2007, n. 14744);

8.3. infatti, essi riproducono voce per voce l’importo reclamato – in applicazione dello scaglione da Euro 516.500,01 ad Euro 1.549.400,00 per gli onorari e per i diritti – per ciascuna delle attività analiticamente indicate, pure dolendosi della mancata considerazione di tutti gli esborsi pure esposti e delle eventuali maggiorazioni ai sensi del quarto e dell’art. 5, comma 5 della tariffa;

8.4. ora, lo scaglione da applicare non può ritenersi quello per le cause di valore indeterminabile: la pregressa, benchè consolidata, giurisprudenza di questo Supremo Collegio (Cass. 1 aprile 2004, n. 6394; Cass. 21 gennaio 1987, n. 518) si è evoluta invero nel senso che "in tema di liquidazione delle spese del giudizio nelle cause di opposizione agli atti esecutivi, nel caso di espropriazione forzata, il valore della causa va determinato, per l’ipotesi di opposizione concernente l’intervento di un creditore, al valore del solo credito per il quale l’intervento viene effettuato" (Cass. 24 maggio 2006, n. 12354, che comunque specifica la necessità, in generale, di aver riguardo agli effetti economici dell’accoglimento o del rigetto dell’opposizione predetta; qualora, poi, non fosse possibile applicare tale criterio di determinazione del valore, in quanto l’accoglimento od il rigetto non producano effetti economici ben identificabili, la causa andrebbe ritenuta di valore pari a quello del bene o dei beni oggetto dell’atto opposto; su tale complessiva impostazione si sono espresse in senso conforme: Cass., ord. 30 giugno 2010, n. 15633; Cass. 13 marzo 2009, n. 6186);

8.5. poichè ritiene il Collegio di dare continuità a quest’ultimo orientamento, obiettivamente più consono alle effettive esigenze di remunerazione dell’attività professionale in rapporto al concreto valore dell’oggetto mediato della controversia e quindi dell’interesse sostanziale per il quale agiscono le parti, è evidente la violazione dei minimi tariffari da parte del primo giudice;

8.6. risulta del pari privo di motivazione alcuna il mancato riconoscimento delle maggiorazioni di cui al quarto ed all’art. 5 comma 5 della tariffa (a mente dei quali: "4. Qualora in una causa l’avvocato assista e difenda più persone aventi la stessa posizione processuale l’onorario unico può essere aumentato per ogni parte oltre la prima del 20% fino ad un massimo di dieci e, ove le parti siano in numero superiore, del 5% per ciascuna parte oltre le prime dieci e fino ad un massimo di venti. … 5. Nella ipotesi in cui, pur nella identità di posizione processuale dei vari clienti, la prestazione professionale comporti l’esame di loro situazioni particolari di fatto o di diritto rispetto all’oggetto della causa, l’avvocato ha diritto al compenso secondo tariffa, ridotto del 30 per cento");

8.7. in conclusione, la gravata sentenza incorre nelle censure denunziate con i mezzi di ricorso appena indicati e, sia pure esclusivamente riguardo al capo della condanna del soccombente debitore alle spese ed alla relativa liquidazione, essa va cassata.

9. Rigettati gli altri motivi di ricorso, vanno quindi accolti il terzo motivo del ricorso principale ed il motivo di ricorso incidentale, con cassazione – in relazione alla sola censura accolta – dell’impugnata sentenza e rinvio al medesimo giudice che l’ha pronunciata, ma in persona di diverso giudicante (e non rilevando, se non in sede di assegnazione della causa riassunta, la ripartizione di quell’ufficio giudiziario in sezioni, anche distaccate, permanendo anche in presenza di queste l’unitarietà del medesimo), affinchè proceda nuovamente alla liquidazione delle spese dell’opposizione agli atti esecutivi, tenendo conto dell’attività effettivamente espletata e dei compensi spettanti alla stregua dello scaglione reclamato e, ove ne ritenga sussistere i presupposti ma comunque motivando al riguardo, delle maggiorazioni previste dall’art. 5, commi 4 e 5 della tariffa professionale vigente pro tempore e pertanto applicabile. Per la peculiarità della controversia pare opportuno rimettere al giudice del rinvio, così individuato, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, nel quale il ricorrente principale è comunque soccombente sui primi due motivi.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso principale; accoglie il terzo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale e per l’effetto cassa, in relazione alla sola censura accolta, la gravata sentenza, con rinvio al Tribunale di Napoli, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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