Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-04-2012, n. 6066 Procedimento esecutivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. F.V.A. chiese la revoca dell’ordinanza 11.2.02 del giudice dell’esecuzione del tribunale di Melfi, con cui erano state assegnate al creditore procedente D.S.M. le somme già da lui versate all’esito di ordinanza ai sensi dell’art. 495 cod. proc. civ., lamentando: di non essere stato avvertito del rinvio di ufficio dell’udienza dinanzi al g.e., al cui esito era stata emessa l’ordinanza; di non essere stato prima sentito, nonostante si trattasse pur sempre di una distribuzione di somme, comunque all’esito dell’intervento di altro creditore, tale P. A.; che detta ordinanza mancava della quantificazione delle spese del procedente nella fase esecutiva, tanto che non potevano identificarsi le voci per capitale e interessi.

1.2. Il D.S. si costituì, contestando la domanda; ed alla medesima ordinanza si oppose anche il P., dolendosi anche della sua pretermissione nella distribuzione delle somme versate.

1.3. Il tribunale di Melfi, con sentenza 10.2.10 n. 50, rigettò le domande sia del F. che di quest’ultimo, condannandoli alle spese di lite.

1.4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre, affidandosi a tre motivi, il F.; resiste con controricorso il solo D.S.:

ma nessuna delle parti interviene alla pubblica udienza del 14.3.12 per la discussione orale.

Motivi della decisione

3. Il ricorrente formula tre motivi:

3.1. con un primo – rubricato "1. Violazione o falsa applicazione dell’art. 82 disp. att. c.p.c. in relazione al motivo del quale all’art. 360, n. 3" – egli lamenta la mancata comunicazione del rinvio di ufficio dell’udienza del 28.11.01 – fissata con precedente ordinanza del g.e. in data 20.6.01 – alla data del 25.1.02: ritenendo applicabile anche al processo esecutivo il disposto della norma che indica violata e quindi la necessità di una specifica comunicazione del rinvio a data diversa da quella della prima udienza utile immediatamente successiva;

3.2. con un secondo – rubricato "2. Violazione o falsa applicazione degli artt. 495, 509, 510, 541 e 542 c.p.c., in relazione al motivo del quale all’art. 360, comma 1, n. 3" – egli si duole della pronuncia dell’ordinanza del 21.2.02 senza la procedura di distribuzione – previa convocazione delle parti e formazione di un progetto di distribuzione – necessaria per l’intervento, ancorchè tardivo, di P.A.; nonchè dell’erroneità della tesi dell’inesistenza di una fase di vera e propria distribuzione a seguito del versamento delle somme determinate ai sensi dell’art. 495 cod. proc. civ.;

3.3. con un terzo – rubricato "3. Omessa pronuncia su un motivo di gravame dell’atto esecutivo opposto, violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al motivo del quale all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4" – egli censura la gravata sentenza per avere ignorato le sue doglianze circa la carenza, nell’ordinanza di assegnazione, dell’individuazione delle singole voci di capitale, interessi e spese del processo esecutivo e comunque circa l’erroneità dell’attribuzione della somma di L. 77.510.000 in luogo della minor somma di L. 77.504.730, determinata per la sostituzione dei beni pignorati con la precedente ordinanza del 9.5.01. 4. Il controricorrente contesta nel merito i motivi di doglianza e, quanto all’ultimo, rimarca che la relativa doglianza avrebbe dovuto essere mossa avverso l’ordinanza di determinazione delle somme da sostituire ai fini del pignoramento.

5. I primi due motivi, tra loro congiuntamente considerati, sono infondati:

5.1. in primo luogo, non si applica al processo di esecuzione la norma dell’art. 82 disp. att. cod. proc. civ., visto che quest’ultima si riferisce al rinvio delle udienze di prima comparizione e d’istruzione, le quali non sono compatibili con la struttura e la funzione del processo esecutivo (Cass., 26 gennaio 2005, n. 1618);

5.2. più radicalmente, la mancata partecipazione del debitore alle udienze nelle quali è prevista la comparizione delle parti non è mai, di per sè stessa e sola considerata, motivo di invalidità dei provvedimenti adottati all’esito di quell’udienza;

5.3. infatti, non sussistendo nel processo esecutivo un vero e proprio diritto al contraddittorio, in quanto – in difetto di questioni di diritto, da risolversi con sentenza in ordine alle operazioni per lo più materiali di trasformazione in denaro di parte del suo patrimonio il debitore non vanta posizioni di diritto soggettivo in senso stretto, per la proposizione di una opposizione agli atti esecutivi non basta la sussistenza di un vizio formale dell’atto, neppure quando si traduca nell’omessa audizione del debitore, ma occorre anche che questa abbia condotto alla compressione illegittima di altre facoltà processuali dell’opponente, specificamente da indicare nell’atto di opposizione quale dimostrazione di un concreto interesse ad opporsi (per tutte e fra le più recenti: Cass. 31.8.11 n. 17874; Cass., ord. 17.8.11, n. 17323; Cass. 18.7.11 n. 15728; Cass. 2 novembre 2010, n. 22279; Cass. 20 novembre 2009, n. 24532; Cass. 25 agosto 2006, n. 18513; Cass. 26 gennaio 2005, n. 1618);

5.4. del resto, la parte che fa valere un vizio del procedimento in cassazione, in sostanza – a meno che, naturalmente, tale vizio non appaia tale, per la sua natura, da determinare di per sè in via riflessa l’ingiustizia nel merito della decisione – ha l’onere di prospettare alla Corte se, una volta riconosciuto il vizio, l’attività di rinnovazione del procedimento per la parte viziata sia utile ai fini di una diversa decisione nel merito e, quindi, deve prospettare o che la cassazione con rinvio è necessaria in quanto, una volta rimediato alla nullità del procedimento, occorrono accertamenti di fatto relativi al merito che non sono stati ancora compiuti, o che si può decidere nel merito perchè non necessitano tali accertamenti: nell’un caso come nell’altro il ricorrente è, dunque, tenuto a prospettare le ragioni che, o rendono necessario il rinvio ai fini della decisione sul merito in modo diverso da come nonostante l’errore sulla norma del procedimento il giudice di merito ha deciso, o rendono possibile alla Corte di cassazione, una volta cassata la sentenza per il vizio procedimentale, decidere sul merito senza rinvio (Cass., ord. 12.7.11 n. 15341);

5.5. una volta notato che il creditore interventore, escluso dalla ripartizione delle somme ricavate, non si è doluto della pronuncia adottata dalla qui gravata sentenza, non sussiste un interesse giuridicamente rilevante del debitore a fare valere la pretermissione di uno dei suoi creditori, se non altro per questo solo fatto e senza alcuna altra specificazione;

5.6. pertanto, non rileva che il debitore non abbia partecipato all’udienza come differita di ufficio senza comunicazione alla parte costituita, nè che non sia stata formalmente intrapresa, con la comparizione delle parti funzionalizzata all’attribuzione della somma ricavata, la fase distributiva in senso stretto (pur sempre, se non altro in astratto, necessaria per provvedere su quanto risulta suscettibile di attribuzione o di distribuzione, vuoi in quanto somma ricavata dalla procedura, vuoi in quanto denaro divenuto oggetto del pignoramento in sostituzione dello staggito originario, in ogni caso ai sensi dell’art. 509 cod. proc. civ.) e che il debitore stesso non sia stato sentito;

5.7. le doglianze formali, pur essendo, quanto meno rispetto all’audizione anteriore all’attribuzione, effettivamente mancata l’audizione del debitore, sono infondate, non essendosi più doluto l’unico interessato alla pretermissione dell’intervenuto, cioè quest’ultimo, del vizio a tal fine rilevante.

6. Resta da esaminare il terzo motivo: ma esso è inammissibile, per difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione. In violazione di quest’ultimo, infatti, non è nel suo testo integralmente trascritto il contenuto delle due ordinanze, quella di determinazione delle somme necessarie per la conversione e quella successiva che ha disposto l’attribuzione delle medesime al solo creditore tempestivo:

eppure, solamente dal confronto di detti tenori testuali sarebbe stato possibile verificare se effettivamente il giudice, con la seconda, abbia dato corso ad un’attribuzione indeterminata, priva cioè della necessariamente analitica indicazione delle singole componenti del totale attribuito, la mancanza della quale avrebbe leso il diritto del debitore di conoscere partitamente i calcoli intermedi di determinazione della somma ritenuta dovuta, anche al fine di potere esercitare i controlli e le impugnative che gli sarebbero riconosciute. In tale carente contesto, non è pertanto possibile verificare il merito della doglianza ed essa è inammissibile.

7. In conclusione, infondati i primi due motivi ed inammissibile il terzo, il ricorso va rigettato: ed il soccombente ricorrente va condannato al pagamento, in favore del solo intimato che ha presentato controricorso e cioè del D.S., delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna F.V.A. al pagamento, in favore di D.S.M., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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