Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-10-2011) 26-10-2011, n. 38805

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Giudice di pace di Poggibonsi ha ritenuto S.M. responsabile del reato di cui all’art. 590 cod. pen. e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato al pagamento di Euro 1400 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Nel corso del giudizio la persona offesa, che aveva sporto querela e si era costituita parte civile, ha dichiarato di rinunciare alla costituzione di parte civile. Si trattava di un incidente stradale avvenuto il 13.9.2006, nel quale A.P. aveva riportato gravissime lesioni; S., alla guida della sua autovettura, effettuava una manovra di svolta a sinistra senza dare la precedenza al motociclo Vespa proveniente dall’opposta direzione di marcia sul quale si trovava A.; più precisamente S. si accorgeva che la strada che si apprestava ad imboccare era senso vietato quando già si trovava sulla opposta carreggiata; si arrestava bruscamente e il motociclista, che stava sopraggiungendo, non riusciva ad evitare l’urto con la fiancata anteriore destra dell’auto, veniva catapultato oltre l’auto, perdeva il casco e batteva la testa contro un muretto posto a margine della carreggiata. Il giudice di pace riteneva che il S. fosse esclusivo responsabile dell’incidente, rilevando che la circostanza che il casco dell’ A. fosse o meno correttamente allacciato non influiva sulla attribuzione di responsabilità; detto elemento, infatti, avrebbe potuto influire soltanto sulla gravità delle conseguenze del sinistro, ma non sulla sua genesi.

2. Avverso questa sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore del S.; deduce violazione di legge per mancata pronuncia sulla richiesta di applicazione della speciale causa di estinzione del reato prevista per il rito dinanzi al giudice di pace, conseguente a condotte riparatorie, di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35. Di tale richiesta il giudice ha dato conto nella parte narrativa della sentenza, ma non ha espresso alcuna valutazione sul punto. Con un secondo motivo lamenta carenza ed assoluta mancanza di motivazione nonchè contraddittorietà ed illogicità sul punto dell’avvenuto risarcimento e del concorso di colpa della persona offesa, circostanze parimenti rilevanti specie ai fini del riconoscimento della invocata causa di estinzione. Il terzo motivo deduce vizio logico della motivazione con riguardo alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato. La sentenza impugnata individua la condotta colpevole dell’imputato nel fatto che impegnò l’incrocio omettendo di dare la precedenza alla Vespa della persona offesa. Il giudice non considera che la Vespa non teneva una velocità adeguata alla prossimità dell’incrocio e tale da consentire l’arresto entro i limiti del suo campo di visibilità. Inoltre la consulenza tecnica aveva ritenuto che il casco indossato dalla persona offesa era allacciato scorrettamente in violazione dell’art. 171 C.d.S., influendo anche per questo profilo in maniera determinante sul evento. Con un ultimo motivo deduce violazione delle norme del codice che regolano il rapporto di causalità e il concorso di cause come conseguenza della carenza di motivazione e degli errori relativi ai profili sopra indicati.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

1.1 Sul primo motivo proposto, relativo alla mancata applicazione della causa di estinzione del reato per la avvenuta riparazione del danno, rileva il Collegio che, dall’esame degli atti, consentito attesa la natura della questione posta, risulta che il giudice di pace ha tempestivamente provveduto al riguardo con ordinanza resa nel corso dell’udienza del 7.11.2008, allorchè la questione era stata sollevata; il giudice ha rigettato la richiesta rilevando che non vi era prova dell’ integrale risarcimento del danno. Tale valutazione è – osserva questa Corte – corretta sia in relazione alla presenza della opposizione della persona offesa (risultante a verbale), sia perchè il risarcimento da parte della compagnia assicuratrice era avvenuto nei limiti del massimale di polizza, massimale che non necessariamente coincide con l’integrale risarcimento del danno. Una volta che il giudice aveva così provveduto sulla richiesta della parte, non sussisteva più alcun obbligo di motivare al riguardo con la sentenza, essendo già stato espresso l’avviso del giudicante sulla questione. Tanto più che la causa di estinzione del reato in considerazione è tassativamente subordinata alla condizione che la riparazione del danno cagionato dal reato e l’eliminazione delle sue conseguenze dannose o pericolose (parimenti necessaria) siano intervenute prima dell’udienza di comparizione. Tale limite temporale, collegato alla finalità deflattiva dell’istituto, preordinato ad evitare la prosecuzione di un giudizio divenuto inutile quando l’ordine sociale violato dal reato sia stato già spontaneamente ripristinato, preclude però non solo la possibilità di prendere in considerazione comportamenti successivi a quel momento, ma anche di riconsiderare la questione all’esito del dibattimento. Tanto risulta dalla disciplina dettata dallo stesso art. 35, che prevede una apposita istruttoria volta ad accertare le condizioni richieste, nel corso della quale devono essere sentite tutte le parti, e consente all’imputato di chiedere una sospensione del processo per procedere agli adempimenti eventualmente necessari;

all’esito, il giudice provvede con sentenza a dichiarare estinto il reato ovvero, come stabilisce espressamente il comma 6, dispone la prosecuzione del giudizio.

2. Quanto ai profili attinenti il concorso di colpa della persona offesa, deve in primo luogo rilevarsi la inammissibilità delle censure che attengono alla velocità della Vespa e alla sua distanza dall’incrocio;che introduco nel giudizio elementi di fatto non apprezzabili da parte di questa Corte. Deve poi chiarirsi che la questione del comportamento della persona offesa può rilevare, nel procedimento penale, sotto tre diversi aspetti, quello del nesso di causalità, potendo tale comportamento porsi come causa concorrente (preesistente, simultanea o successiva che sia, con le rispettive diverse conseguenze) rispetto al comportamento dell’imputato; quello della commisurazione della sanzione applicabile all’imputato, come parametro da tenere presente nel valutare il comportamento dell’imputato e graduarne la colpa ai fini della determinazione della pena; infine quello della determinazione dei limiti del risarcimento del danno, che opera secondo principi civilistici e che richiede la precisa graduazione delle rispettive colpe.

Tanto premesso, è sicuramente vero quanto affermato dal giudice di pace e cioè che la circostanza che la persona offesa potesse non avere il casco bene allacciato non ha influito sulla determinazione dell’incidente; con tale rilievo il giudice ha escluso la rilevanza del comportamento della persona offesa quale fatto interruttivo del nesso di causalità; tale osservazione, tuttavia, non considera che il reato è costituito non solo dalla condotta, ma anche dall’evento e che la colpa della persona offesa è rilevante anche quando influisce sulle conseguenze dannose (evento) del reato.

E tuttavia tale considerazione non conduce all’annullamento della impugnata sentenza. Infatti, premesso che l’incidenza del comportamento colposo della persona offesa rileva specialmente ai fini della determinazione del risarcimento del danno, deve tenersi presente che nel caso in esame era intervenuta revoca della costituzione di parte civile, facendo così venire meno l’obbligo per il giudice di approfondire l’indagine ai fini civili. Infine, per quanto riguarda la determinazione della pena, non può non rilevarsi che l’imputato è stato condannato alla sola pena pecuniaria fissata nella misura di 1400 Euro di multa, pena assai contenuta, ciò che dimostra che il giudice, pur non avendo riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa, ha tenuto conto delle modalità di svolgimento del fatto.

2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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