Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-04-2012, n. 6063 Eredità giacente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.A. convenne dinanzi al Tribunale di Roma la Fondazione Ecclesiastica Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini chiedendo il risarcimento dei danni subiti dalla sua azienda a seguito del propagarsi in essa di due incendi sviluppatisi nella confinante proprietà della stessa Fondazione.

Quest’ultima contestava le domande attrici e chiamava in causa D.P.F. in quanto curatore dell’eredità giacente al momento dell’evento.

La Fondazione chiamava in causa anche il comune di Roma deducendo che l’incendio si era sviluppato sul terreno, confinante con quello della Fondazione, di proprietà del medesimo comune. Concludeva quindi per il rigetto della domanda attrice e, in subordine, svolgeva domanda di manleva nei confronti di D.P. e del comune di Roma.

Si costituivano il D.P. contestando la domanda di manleva e il comune di Roma eccependo la nullità dell’atto di chiamata in causa e chiedendo il rigetto delle domande formulate.

Il Tribunale di Roma, con sentenza 6981/2002, rigettava la domanda attrice perchè carente di prova.

Proponeva appello il P. chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza, l’accertamento della responsabilità della convenuta Fondazione e la conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni.

La Fondazione proponeva appello incidentale chiedendo il rigetto dell’appello del P. e in subordine la condanna del comune di Roma e del D.P..

Quest’ultimo chiedeva il rigetto dell’appello del P. e quindi di respingere la domanda di manleva proposta dalla Fondazione nei suoi confronti.

Il comune di Roma chiedeva la conferma della sentenza di primo grado nel punto in cui lo assolveva.

La Corte d’Appello rigettava l’appello proposto da P.A. e quello incidentale proposto dalla Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini.

Propone ricorso per cassazione P.A. con due motivi.

Resistono con separati controricorsi. Il comune di Roma, D.P. F., la Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini.

La Fondazione presenta memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso P.A. denuncia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 532 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia".

Secondo parte ricorrente l’esatta interpretazione dell’art. 532 c.c. avrebbe dovuto condurre la Corte d’Appello a dichiarare cessata l’eredità alla data del 10 maggio 1994, momento in cui pervenne l’autorizzazione governativa, non producendo il provvedimento del Pretore (23 luglio 1994) alcun effetto costitutivo, ma essendo mera declaratoria della cessazione della curatela già avvenuta.

Inoltre lamenta ancora il ricorrente che la Corte d’Appello, motivando contraddittoriamente la decisione, non ha in alcun modo spiegato le ragioni per cui quanto dichiarato dal D.P. potesse essere inteso nel senso di cessazione della curatela alla data del 23 luglio 1994.

Il motivo è infondato.

La Corte d’Appello non ha applicato erroneamente l’art. 532 c.c., il quale prevede che il curatore cessa dalle sue funzioni quando l’eredità è stata accettata, ma ha correttamente affermato che la fondazione, fin quando non ha avuto la materiale disponibilità del bene, non avrebbe potuto rispondere per colpa extracontrattuale.

Nel caso di specie l’incendio si verificò in data 18 luglio mentre il provvedimento pretorile di chiusura dell’eredità giacente e la cessazione delle funzioni del curatore intervenne in data 23 luglio 1994.

Non si riscontrano infine vizi di motivazione in quanto l’impugnata sentenza ha congruamente, seppur sinteticamente giustificato la soluzione adottata.

Con il secondo motivo si denuncia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in combinato disposto con l’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia".

Secondo parte ricorrente la sentenza impugnata è errata per aver ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 2043 c.c., anzichè il 2051 c.c., così incorrendo in una evidente falsa applicazione dello stesso art. 2043 c.c..

Afferma altresì parte ricorrente che in forza del principio iura novit curia, il giudice avrebbe dovuto qualificare la fattispecie oggetto di causa alla stregua dell’art. 2051 c.c., a nulla rilevando che l’attore, in sede di appello, come affermato in sentenza, non abbia mai sollevato la problematica della custodia.

Assume inoltre il ricorrente che la sentenza impugnata si limita ad un mero riferimento alle risultanze probatorie acquisite in primo grado ed alle valutazioni della c.t.u., senza tuttavia esporre la motivazione e il percorso logico giuridico che la ha condotta alla decisione adottata.

Il motivo è infondato.

In tema di azione di danni, poichè i "fatti" rilevanti per l’affermazione di responsabilità ex art. 2051 c.c., sono diversi da quelli necessari per proclamarla ex art. 2043 c.c., qualora il danneggiato soccombente in primo grado non si dolga in appello della mancata applicazione dell’art. 2051 c.c., ma censuri la sentenza impugnata soltanto per avere escluso la responsabilità del convenuto per difetto di colpa ai sensi dell’art. 2043 c.c., non è consentito al giudice di appello – ciò essendogli impedito dai limiti di devoluzione dell’impugnazione ( art. 346 c.p.c.), altrimenti configurandosi il vizio di ultrapetizione – prescindere dall’indagine sull’elemento soggettivo dell’illecito ed affermare la responsabilità del convenuto in base alla sola considerazione del nesso eziologico tra cosa e danno ed alla mancanza di prova del fortuito (Cass., 23 giugno 2009, n. 14622).

Inoltre l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda costituisce un accertamento in fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione, salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata.

In tema di consulenza tecnica il giudice di merito, mentre deve indicare le ragioni per le quali ritenga di non poter condividere le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, non è invece tenuto ad una specifica e particolareggiata motivazione nel caso in cui a quelle conclusioni aderisca, riconoscendole giustificate dalle indagini svolte dal consulente e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione.

Nel caso in esame l’impugnata sentenza, sulla base delle risultanze probatorie e della indagine del c.t.u. ritiene che è rimasto del tutto indimostrato che l’innesco dell’incendio si sia verificato sui terreni della fondazione per cui si deve escludere il nesso causale fra il comportamento colposo del titolare del terreno lasciato in abbandono e il fatto dannoso derivato al P..

Inoltre i giudici d’appello hanno formulato con adeguata e specifica motivazione una convincente e logica risposta.

In conclusione, i motivi devono essere rigettati con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.500,00, di cui Euro 3.300,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge in favore di ciascuna parte resistente.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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