Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 26-10-2011, n. 38831

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Firenze, investito ex art. 309 cod. proc. pen. della richiesta di riesame proposta dall’indagato T.S., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Pisa, che in data 28.1.2011 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di tentato omicidio premeditato in danno di N.P., commesso il (OMISSIS).

Il T. è accusato di avere tentato di uccidere il N. investendo da tergo, con la sua vettura, il ciclomotore condotto dal N..

Il Tribunale motiva la sua decisione osservando: che gravi indizi di colpevolezza emergevano dalla ricostruzione della dinamica dell’investimento effettuata dalla Polizia municipale (si segnalava la mancanza di tracce di frenata), dalle lesioni riportate dalla vittima, dalle dichiarazioni dei testimoni (amici della vittima che avevano assistito all’urto) e della persona offesa; che era assolutamente inverosimile che il T. stesse per caso percorrendo la stessa strada della vittima (con la quale aveva avuto in precedenza un litigio); che appariva all’inverso assolutamente plausibile che lo avesse atteso, per ritorsione, all’uscita del ristorante per porsi al suo inseguimento, senza avvedersi dell’auto che li seguiva, con a bordo gli amici del N. che aveva osservato e riferito dell’impatto.

Quanto alle esigenze cautelari, il T. risultava datosi alla fuga subito dopo e il fatto; deponevano quindi per la pericolosità dell’indagato l’assoluta gravità della condotta, premeditata e che solo per caso non aveva portato a morte, commessa in strada di grande transito, e dunque foriera di pericoli anche per eventuali terzi;

l’evidente perniciosa attitudine del ricorrente a farsi giustizia da solo; l’assoluta mancanza di resipiscenza.

Misure gradate non erano in concreto applicabili atteso il livello di pericolosità dimostrato, l’impossibilità di fare affidamento sul senso di responsabilità dell’indagato nell’ottemperanza alle prescrizioni, la mancanza di dichiarazione di disponibilità della famiglia di provenienza ad accoglierlo.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Francesco Nigroli, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Denunzia che il Tribunale aveva stravolto il senso delle allegazioni difensive, mai rivolte a far passare l’investimento per un banale incidente, quanto invece a sostenere che il guidatore della vettura, vedendosi costretto tra il ciclomotore che lo precedeva e l’autovettura con gli amici del P. che lo braccava da dietro, aveva accelerato nel tentativo di superare il ciclomotore ma la manovra era stata maldestra, anche per lo stato di agitazione in cui il T. si trovava, e aveva così investito il ciclomotore.

D’altronde era assodato che l’indagato era preceduto dalla vittima ed era seguito dai suoi amici, sicchè nè la ricostruzione della dinamica del sinistro operata dal Tribunale nè la sua valutazione di attendibilità dei testi amici del N., che non teneva minimamente conto delle deduzioni difensive dettagliatamente articolate nella memoria depositata in atti, era condivisibile (il Tribunale non aveva considerato le incongruenze delle dichiarazioni dei testi evidenziati dalla difesa nei motivi aggiunti; aveva erroneamente condiviso la tesi che il T. aveva teso un agguato al N. invitandolo a casa sua, contraddetta dalle dichiarazioni del teste M., secondo cui non era stato il T. a chiamare, e da quelle del D., che aveva sentito il N. dire "ora vengo e ti spacco"; non aveva valutato le contraddizioni sul luogo ove era avvenuta la telefonata e sul modo in cui era stato individuato l’interlocutore del N.; aveva senza alcun plausibilità affermato che la vettura dell’indagato teneva all’impatto una velocità di circa 120 km/ora, non raggiungibile nel breve spazio intercorrente tra il punto di partenza e il punto d’urto dalla vecchia Fiat Punto del T.; aveva illogicamente escluso la casualità, per il T., dell’incontro, non valutando che la casa dell’indagato era a 500 metri e la strada che stava percorrendo era quella per lui usuale).

Con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura applicata, che doveva costituire estrema ratio, mancavano quindi seri elementi per una prognosi di pericolosità. La circostanza che il ricorrente fosse fuggito nell’immediatezza era giustificabile con lo shok e con la paura derivante dalla presenza degli amici del ragazzo, e il pericolo di fuga era incompatibile con il fatto che invece, non appena giunto in Sicilia, l’imputato s’era messo a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il T. era inoltre incensurato e senza pendenze e nulla lasciava presagire la reiterazione di fatti delittuosi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso appare fondato, nei limiti che si diranno.

Le censure con cui si sostiene la plausibilità, o la maggiore plausibilità, di una diversa ricostruzione della dinamica della vicenda non possono ovviamente essere prospettate direttamente a questa Corte di legittimità, che è giudice del provvedimento e non del fatto, e può in quanto tale sindacare errori di diritto o vizi della motivazione, ma non compiere autonome rivalutazioni del materiale probatorio.

Ciò nonostante non può non rilevarsi che, tra le molte doglianze di merito, dunque improponibili, sviluppate nel ricorso, ve ne sono alcune che segnalano difetti motivazionali effettivamente sussistenti.

2. Dagli atti risulta difatti che effettivamente in sede di riesame la difesa aveva prodotto "motivi nuovi", con i quali analiticamente si evidenziavano aspetti emergenti dalle conversazioni intercettate (specificamente riportate), dalle contraddizioni tra le dichiarazioni dei soggetti coinvolti (anch’esse specificamente riportate), dai dati obiettivi accertati, che avrebbero dovuto portare, in tesi, da un lato ad escludere l’attendibilità dei testimoni amici della vittima, dall’altro a ritenere che se agguato vi era stato, lo stesso era stato attuato dalla vittima e dai suoi amici ai danni dell’indagato che, vistosi inseguito e accerchiato, aveva maldestramente tentato di fuggire, senza alcuna intenzione di uccidere.

In relazione a tali deduzioni, che non potevano dirsi manifestamente infondate nè per ogni aspetto ictu oculi irrilevanti, coinvolgendo anzi l’intero impianto accusatorio, incombeva sul giudice di merito l’onere della confutazione, nell’ottica di una ragionevole probabilità di condanna.

Per tutta risposta, invece il Tribunale:

– in punto di attendibilità delle dichiarazioni degli amici della vittima, così semplicemente si esprime: "parendo esse – per quanto fin qui emerso – rese da persone attendibili"; sostanzialmente omettendo di giustificare la propria opinione;

– sembra sostenere la tesi che il T. fosse inconsapevole della vettura che lo seguiva con a bordo gli amici del N., sull’assunto che il T. non poteva "immaginare" che gli amici del N. l’avrebbero seguito; assunto privo di base fattuale e logica, se si partiva, come sembra essersi fatto, dal presupposto che l’indagato aveva teso un agguato al N. allorchè era uscito con gli amici da un ristorante;

– ripete la tesi della velocità estrema dell’auto guidata dall’indagato, indice di sicuro animus necandi, senza indicare i dati di fatto da cui poteva trarsi tale conclusione e la smentita delle diverse tesi difensive.

3. Nè migliore sorte tocca alle obiezioni difensive in punto di esigenze cautelari, giacchè la motivazione del provvedimento impugnato – che ruota, circolarmente, sulla gravità del fatto, ascrivendo in definitiva alle sue connotazioni anche il pericolo di reiterazione di condotte analoghe – ignora il rilievo difensivo, anch’esso in astratto rilevante, sulla spontanea "costituzione" del T., dopo la prima subitanea fuga, alle forze dell’ordine, che si pone in rapporto di contraddizione esterna rispetto all’affermazione dell’assenza di qualsivoglia forma di resipiscenza.

4. L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Firenze, perchè proceda a nuovo esame dando congrua risposta alle deduzioni difensive.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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