Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-04-2012, n. 6056 Ammissibilità della prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 26-10-09 la Corte di appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di accoglimento della domanda proposta da C.L. nei confronti del nipote C.P. volta ad ottenere la restituzione della somma di Euro 25.823,00, quale restituzione di pari somma erogatagli a titolo di mutuo.

La Corte di Appello ha ritenuto che C.P. non ha fornito la prova di aver restituito la somma ricevuta in prestito, sul rilievo dell’inammissibilità della prova testimoniale articolata sul punto dallo stesso ai sensi dell’art. 2726 c.c., essendo il valore del contratto superiore ad Euro 2,58, come eccepito dall’attore.

Propone ricorso per cassazione C.P. con due motivi Non presenta difese C.L..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia violazione art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 360 bis c.p.c., nella formulazione introdotta con la L. n. 69 del 2009 e violazione art. 156 c.p.c. e art. 111 Cost. in riferimento all’art art. 360 c.p.c., n. 4.

Sostiene il ricorrente che secondo la disciplina introdotta con la L. n. 69 del 2009, in base al coordinato disposto degli articoli su menzionati, la sentenza impugnata è nulla ex art. 156 c.p.c., comma 2, in quanto la motivazione non richiama i precedenti giurisprudenziali a cui si riporta.

2. Il motivo è infondato La disposizione dettata dall’art. 360 bis c.p.c., recita: "Il ricorso è inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della cassazione e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa; 2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. Le norme riguardano il cosiddetto filtro nel ricorso di cassazione per giudizi decisi in modo conforme precedenti interpretazioni giurisprudenziali di legittimità e non prevedono, secondo l’errata interpretazione data dal ricorrente ,una ipotesi di nullità della sentenza pronunziata senza la indicazione dei precedenti giurisprudenziali a cui la decisione ha fatto riferimento.

3. Come secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 345 c.p.c. e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Sostiene il ricorrente che la Corte di appello, pur confermando il dispositivo della sentenza di primo grado, ha innovato completamente le ragioni poste a fondamento della decisione con ciò violando il generale principio del divieto dello ius novorum in appello.

Assume il ricorrente l’omessa pronunzia sui motivi di appello con cui è stata denunziata la violazione dell’art. 244 c.p.c. e difetto di motivazione ed erronea valutazione delle prove richieste, erroneamente ritenute dalla Corte di merito generiche ed irrilevanti, e violazione, sotto altro profilo, dell’art. 244 c.p.c. e degli artt. 177 e 189 c.p.c..

4. Il motivo è infondato.

L’art. 345 c.p.c., riguarda il divieto per la parte di introdurre nel giudizio di appello eccezioni e domanda nuove.

Il divieto dello ius novorum in appello riguarda quindi la parte e non il giudice.

5. La Corte di appello ha ritenuto, a parte la genericità, inammissibile la prova testimoniale richiesta perchè in applicazione dei dettami di cui all’art. 2721 c.c., applicabile ex art. 2726 c.c. anche al pagamento del debito, non è ammessa la prova per testimoni dei contratti quando il valore dell’oggetto eccede Euro 2,58 Euro, ma l’autorità giudiziaria può consentire la prova testimoniale oltre tale limite, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza; che il limite del valore non era superabile trattandosi di un pagamento in contanti di L. cinquanta milioni e che le motivazioni addotte dal primo giudice per negare la prova testimoniale in deroga al valore erano corrette.

6. Il ricorrente non censura tale ratio decidendi della motivazione, per cui la denunzia relativa alle asserite omesse pronunzie sono inammissibili per difetto di interesse, essendo divenuta definitiva la ratio decidendi non impugnata.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione per l’assenza di difese di C.L..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *