Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 26-10-2011, n. 38827 Sentenza di non luogo a procedere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia dichiarava non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste nei confronti di D.C.C. in ordine al reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2, contestato come commesso il (OMISSIS) perchè "si associava con pregiudicati venendo sorpreso, in tre distinte occasioni nella medesima giornata, ad amichevole colloquio" con i pregiudicati C.S. e B.C..

Osservava a ragione che la prescrizione di non associarsi abitualmente con pregiudicati non poteva dirsi violata solo perchè nell’ambito della medesima giornata, a distanza di pochi minuti (dalle 19,25 alle 19,40 e subito dopo) l’imputato era stato visto conversare dapprima con il C. e quindi con il B.. Si trattava comunque di colloqui amichevoli brevi, che non risultavano protratti o reiterati nel tempo, che facevano pensare ad incontri occasionali e contatti estemporanei, piuttosto che alla abitualità richiesta dalla norma incriminatrice, e che non destavano allarme sociale nè apparivano sintomatici di manifestazioni di pericolosità sociale.

2. Ricorre il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catania, che chiede l’annullamento della sentenza denunziando violazione di legge e, sostanzialmente, vizi di motivazione.

Riportata testualmente l’annotazione costituente notizia di reato – da cui risultava che alle 19,25 l’imputato era stato visto "conversare amichevolmente" con il C.; alle 19,40 associarsi con il B.; distanziarsi da questo alla vista degli operanti;

riprendere quindi più tardi il colloquio, nello stesso luogo di ritrovo – richiama la giurisprudenza di questa Corte nella quale, pur affermandosi che il delitto non può ritenersi integrato da un unico incontro episodico, si ammette che una costante e assidua frequentazione ben può essere assunta a sintomo univoco dell’abitualità del comportamento vietato. Nel caso in esame ben poteva dunque ravvisarsi il reato, sulla scorta della dolosa reiterazione di contatti, sintomatici di illecita abitualità.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene il ricorso fondato.

2. La sentenza impugnata, è stata pronunziata ex art. 425 c.p.p. all’esito dell’udienza preliminare. In tale ipotesi, secondo giurisprudenza consolidata, non è applicabile la regola di giudizio dell’art. 530 c.p.p. e neppure "un canone, sia pure prognostico, di colpevolezza o di innocenza". Nonostante le modifiche recate all’impianto originario del codice e la maggiore solidità della base cognitiva in conseguenza della rafforzata tendenziale completezza delle indagini, la delibazione di tipo prognostico affidata al Giudice dell’udienza preliminare resta rivolta alla sostenibilità dell’accusa in giudizio e, con essa, alla effettiva, potenziale, utilità del dibattimento in ordine alla regiudicanda (S.U. n. 39915 del 30/10/2002, Vottari). In tale contesto anche la previsione per cui il giudice della udienza preliminare debba emettere sentenza di non luogo a procedere "quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori" è qualificata dall’ultima parte del comma 3, che impone un simile esito quando detti elementi siano "comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio" (cfr. Sez. 6, n. 45275 del 16 novembre 2001, Acampora e le molte ivi citate). La sentenza di non luogo a procedere è in altri termini ammessa solo quando la carenza (o la contraddittorietà) degli elementi di prova raccolti nel corso della istruzione può plausibilmente considerarsi davvero "definitiva", rendendo del tutto inutile il passaggio alla fase dibattimentale.

3. Ora, in relazione alla fattispecie contestata, è principio del tutto consolidato (tra molte, Sez. 1, Sentenza n. 16789 del 08/04/2008, Danisi) che il carattere di abitualità che connota la condotta dell’associarsi con pregiudicati, vietata dalla L. n. 1423 del 1956, art. 5, comma 3, e punita dalla norma contestata, non richiede la prova della costante e assidua relazione interpersonale con la medesima o le medesime persone, potendo il comportamento vietato riguardare pregiudicati diversi e la loro reiterata frequentazione essere assunta a sintomo univoco della violazione di un obbligo che costituisce nella sostanza una delle forme di tipizzazione della prescrizione di genere di non dare ragione di sospetti (C. cost. n. 354 del 2003).

Ciò significa che il giudizio che trae argomento dalle caratteristiche di alcuni incontri per trame sotto il profilo indiziario argomento per ritenere, o escludere, la consuetudine della frequentazione con pregiudicati, è un giudizio fatto, che in tanto questa Corte può ritenere corretto, in quanto plausibilmente venga ritenuto, o escluso, che sia inequivocabilmente sintomatico di un’abitudine, quella di associarsi con soggetti di certe categorie, di per sè sufficiente a destare allarme sociale.

4. Nel caso in esame, siffatta idoneità dei fatti accalarati a denotare abitualità e dunque pericolosità è stata esclusa dal Giudice dell’udienza preliminare sostanzialmente in base al rilievo che non risultava (ancora) dimostrata la non occasionalità degli incontri. La soluzione sarebbe stata corretta se si fosse trattato di decisione assunta nell’ambito del giudizio di merito, ma non risponde alle regole di giudizio cui deve conformarsi – secondo quanto all’inizio evidenziato – la sentenza di non luogo a procedere.

In udienza preliminare al fine di negare ingresso alla fase del giudizio, si sarebbe dovuto dimostrare che il significato indiziario dei comportamenti tenuti dall’imputato, descritti dai militari verbalizzanti, non poteva essere oggetto di alcun approfondimento dibattimentale.

Una prognosi di inutilità del dibattimento, non oggetto di considerazione specifica nel provvedimento impugnato, non può d’altro canto ritenersi evidente in un caso quale in quello in esame, in cui la bontà della tesi della accusa (abitualità della frequentazione), a discapito di quella difensiva (mera occasionalità), veniva a dipendere da circostanze (reiterazione e durata dei colloqui, atteggiamenti concretamente tenuti, sotterfugi posti in essere per sfuggire all’osservazione) sulle quali ben avrebbero potuto offrire chiarimenti, in sede di esame nel contraddittorio dibattimentale, gli agenti operanti.

5. La sentenza impugnata deve, per conseguenza, essere annullata con rinvio, per nuovo esame, al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Siracusa.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Siracusa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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