Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 26-10-2011, n. 38826 Esecuzione

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18 febbraio 2011, il G.I.P. del Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza proposta da K.A. proposta ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen., intesa ad ottenere l’estensione in suo favore del giudicato della sentenza emessa dalla Corte d’assise d’appello di Napoli in data 9 marzo 2010, irrevocabile il 23 luglio 2010, con la quale I.A., M.E. e X.A. erano stati assolti dai reati ad essi rispettivamente ascritti ai capi A) (associazione a delinquere di natura transnazionale), B), B1) (riduzione in schiavitù transnazionale), C) e D) (prostituzione minorile transnazionale) per insussistenza del fatto. In primo grado gli anzidetti I.A., M.E. e X.A. erano stati condannati, assieme all’istante, alla pena di giustizia, siccome riconosciuti colpevoli degli anzidetti reati, con sentenza emessa col rito abbreviato dal G.U.P. di Napoli il 13 ottobre 2008, avverso la quale tuttavia l’odierno istante non aveva proposto impugnazione.

2. Il G.I.P. di Napoli, dato atto della ritualità dell’istanza propostagli in sede esecutiva dal K., in quanto al medesimo non era stato notificato alcun avviso dell’appello proposto innanzi alla Corte d’assise d’appello di Napoli dagli altri tre coimputati, ha tuttavia respinto l’istanza, avendo ritenuto che non sussisteva l’identità della sua posizione processuale rispetto a quella dei tre coimputati destinatari della sentenza parzialmente assolutoria emessa dalla Corte d’assise d’appello di Napoli, avendo fatto riferimento alle risultanze del processo svoltosi col rito dibattimentale in primo grado nei confronti di altri coimputati innanzi alla Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere, uno dei quali, tale G.M. M., aveva indicato l’odierno istante come uno dei capi dell’associazione criminosa transnazionale, di cui al capo A) della rubrica, pur avendo riconosciuto che, nel corso del parallelo giudizio dibattimentale, gli atti relativi a detta associazione criminosa erano stati trasmessi al P.M., essendo stata ravvisata diversità fra il fatto accertato e quello descritto nel capo d’imputazione.

Anche con riferimento ai residui reati, di cui ai capi B), B1), C) e D), il G.I.P. ha ritenuto insussistente l’identità della posizione dell’istante rispetto ai coimputati assolti nel secondo grado del giudizio, avendo fatto riferimento a cinque telefonate ed ad sms intercorsi fra l’istante ed il citato G., nonchè gli altri quattro coimputati, tutti giudicati, come il G., in primo grado, nel parallelo giudizio dibattimentale svoltosi innanzi alla Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere.

3. Avverso detto provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Napoli propone personalmente ricorso per cassazione K.A. deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè motivazione illogica, in quanto la sua istanza era stata respinta dal G.I.P. di Napoli senza indicare le ragioni di fatto e di diritto per le quali il suo comportamento poteva essere ritenuto come rivelatore di una sua adesione alla consorteria malavitosa, dalla quale erano stati tuttavia assolti i suoi correi nel giudizio di secondo grado; ed il rigetto era stato unicamente motivato mediante il ricorso ad una chiamata in correità effettuata dal collaboratore G.M.M. nel parallelo giudizio dibattimentale svoltosi innanzi alla Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere, pur avendo lo stesso provvedimento impugnato rilevato come tale ultima Corte aveva restituito gli atti al P.M. con riferimento al reato sub A), essendo stata riscontrata la diversità del fatto da quello descritto nel capo d’imputazione. La motivazione era illogica anche con riferimento all’ipotizzato delitto di riduzione in schiavitù e di prostituzione minorile, in quanto non era affatto emerso che le donne da lui asseritamente ridotte in schiavitù fossero state private della libertà, essendo stata ciascuna di esse nella disponibilità di un cellulare.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da K.A. è fondato.

2.Sussiste invero la lamentata illogicità e carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

Come esattamente rilevato dal P.G. presso questa Corte nel parere scritto depositato il 24 maggio 2011, il giudice dell’esecuzione, ritualmente investito, come nel caso in esame, della richiesta di estensione del giudicato assolutorio emesso in sede di appello nei confronti di alcuni coimputati, è tenuto ad esaminare i profili del fatto, quali ritenuti dalla sentenza d’appello, onde accertare la sussistenza del chiesto effetto estensivo; il che presuppone che venga esaminata in via prioritaria ed esclusiva la sentenza assolutoria emessa in grado di appello nei confronti dei coimputati appellanti, al fine di esaminare la portata dei motivi accolti e le ragioni dell’assoluzione, onde accertare se le prove a carico del non impugnante siano state ritenute sprovviste di reale efficacia dimostrativa (cfr. Cass. Sez. 1 n. 23456 dell’8/03/2007, dep. il 15/06/2007, imp. Picardi, Rv. 236787).

3. Al contrario l’ordinanza impugnata ha omesso di illustrare i punti della sentenza d’assoluzione, emessa dalla Corte d’assise d’appello di Napoli nei confronti di I.A., M.E. e X. A. per i reati di cui ai capi A), B), B1), C) e D), per i quali questi ultimi erano stati viceversa condannati in primo grado unitamente all’odierno ricorrente, onde accertare l’eventuale differenza della posizione di quest’ultimo ed ha viceversa ritenuto di poter desumere la differente posizione del ricorrente e la sussistenza di elementi a suo carico facendo improprio riferimento ad un’altra sentenza, emessa col rito dibattimentale dalla Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere nei confronti di altri coimputati, che avevano appunto optato per il rito ordinario, ed avendo valorizzato le dichiarazioni rese in tale ultimo processo dal coimputato collaboratore di giustizia G.M.M., oltre ad alcune telefonate ed sms intercorse fra il ricorrente e tale ultimo soggetto, nonchè altri quattro coimputati, pure processati col rito dibattimentale innanzi alla Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere e quindi nell’ambito di un diverso processo, al quale il ricorrente è rimasto estraneo.

4.Da quanto sopra consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio degli atti al G.I.P. di Napoli affinchè, in piena autonomia di giudizio, provveda a riesaminare l’istanza proposta dal ricorrente, ovviando alle riscontrate carenze motivazionali.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.D.P. del Tribunale di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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