Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 26-10-2011, n. 38824

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano, ratificando la decisione in data 21.1.2011 del Magistrato di sorveglianza, respingeva la domanda volta alla concessione del differimento pena per motivi di salute avanzata da P. P. in ragione della certificazione trasmessa il 14.1.2011 dalla direzione sanitaria del carcere di Opera ove era ristretto.

In premessa il Tribunale evidenzia che il P. stava scontando una pena per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73, 74 e 80, con termine fissato al 24.7.2017 ed era ricorrente avverso altra condanna, relativa ad analoghi reati, che avrebbe portato la pena al 2031.

Nel merito, a ragione del rigetto, il Tribunale riteneva, come già il Magistrato di sorveglianza, che sia nella certificazione sanitaria del 14 gennaio 2011, evocata dal P., sia nella successiva e più aggiornata datata 1 febbraio 2011, si evidenziavano effettivamente dati importanti, ma non tali da giustificare il differimento della pena, non ravvisandosi incompatibilità con il regime carcerario.

Affermava che la documentazione difensiva non era sufficiente a contrastare tale giudizio.

Rilevava che il P. era soggetto altamente pericoloso, risultando sia dalla condanna sia dalle pendenze inserito in un sodalizio criminoso costantemente dedito al traffico di stupefacenti.

2. Ricorre l’interessato a mezzo del difensore, avvocato Paolo Sperlongaro, che chiede l’annullamento del provvedimento.

Denunzia violazione di legge sostanziale, violazione del diritto alla prova e vizi della motivazione, osservando:

– che il Tribunale aveva riconosciuto le gravissime condizioni del P., a rischio di esito letale (il ricorrente richiama le relazioni sanitarie del carcere e compiutamente illustra poi la documentazione sanitaria prodotta, costituita dal diario clinico di tutti gli interventi terapeutici e ricoveri subiti dal P. e da consulenza di parte, ad opera di cardiologo e cardiochirurgo, depositata il 15.2.2011, che evidenziava la gravissima malattia cardiaca del ricorrente, fronteggiabile solo con trapianto cardiaco, intervento che richiedeva una "libertà di cura" impossibile in regime detentivo) ma aveva inopinatamente rigettato l’istanza di differimento pena sostenendo sostanzialmente solamente che il P. era sotto costante controllo medico;

– che non sì era considerato che una situazione a rischio di evento fatale quale quella evidenziata (cardiopativa dilatativa post infartuale con FE del 23%, peggiorata al 3/10; comparsa e scomparsa di trombo apicale; cui si aggiungevano plurime formazioni cistiche al rene destro, con formazione a contenuto non omogeneo superiore a 16 cm., in aumento) non poteva essere ragionevolmente affidata a un eventuale ricorso a ricoveri d’urgenza, ma richiedeva procedimenti preventivi e una costante gestione specialistica ospedaliera;

– che il mantenimento in tali condizioni della detenzione in carcere era foriera di danni e contraria al senso di umanità;

– che all’atto della notifica dell’ordine di carcerazione, nel 2008, il P. era agli arresti domiciliari per motivi di salute concessigli dal Tribunale di Napoli il 5 giugno 2007 in relazione ai fatti per i quali era stato arrestato nel 2006, e durante tutto il periodo di sottoposizione alla misura attenuata, sino all’ordine di carcerazione del 2008 per la condanna in esecuzione relativa a precedente procedimento, aveva scrupolosamente rispettato gli obblighi impostigli;

– che il Tribunale aveva inoltre omesso ogni motivazione in ordine alla richiesta di detenzione domiciliare ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 47-ter, comma 1-ter;

– che sostanzialmente carente di motivazione era il rigetto della richiesta di perizia, nonostante la centralità del tema d’indagine sollecitato in vista di una approfondita vantazione, all’attualità, ad opera di esperto delle condizioni del P..

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

2. Secondo principi più volti affermati da questa Corte (cfr. tra molte, Sez. 1, n. 37337 del 26/09/2007, Bifone; Sez. 1, n. 41986 del 04/10/2005, Veneruso) il differimento della esecuzione della pena ovvero la detenzione domiciliare applicata in luogo del differimento, concernono situazioni in cui risulti che la permanenza nella struttura carceraria – per la inadeguatezza delle terapie praticate, l’inidoneità del centro clinico penitenziario ovvero per l’impossibilità o l’insufficienza, avuto riguardo anche al solo criterio della necessaria tempestività, del ricorso alle strutture esterne di cui all’art. 11 O.P. – sia tale da esporre il detenuto a pericolo di vita o comunque a condizioni inumane, oggettivamente inaccettabili.

In aderenza ai dettami dell’art. 32 Cost. e art. 27 Cost., comma 3, e agli arresti della Corte di Strasburgo in tema di interpretazione dell’art. 3 della Convenzione Edu (tra molte: Jalloh c. Germania ric. n. 54810/00; Scoppola c. Italia, n. 50550/06), la valutazione in punto di incompatibilità tra regime detentivo carcerario e condizioni di salute del recluso, ovvero di verificazione della possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione di persona gravemente debilitata e/o ammalata costituisca un trattamento inumano o degradante, va effettuata tenendo comparativamente conto delle condizioni complessive soggettive e di salute del recluso, di detenzione, di offerta terapeutica in regime intramurale, e implica perciò una valutazione circa la concreta adeguatezza delle possibilità sia di assistenza sia di cura nella situazione specifica assicurate a quel particolare detenuto; sulle quali non può, ovviamente, incidere l’eventuale ingiustificato rifiuto dello stesso di sottoporsi ai trattamenti e alle terapie che gli sono somministrati, o che gli è stato riconosciuto ricercare (Corte EDU, decisione d’irricevibilità 24.1.2006, Martinelli c. Italia ric. n. 68625/01).

3. A tali i principi non si attiene il provvedimento impugnato.

Il Tribunale riconosce che il P. era affetto da patologie (quelle descritte nel suo ricorso dalla difesa) "ad alto rischio", con possibile "evoluzione fatale", e che la sua situazione richiedeva "alta sorveglianza" e il mantenimento di costanti contatti con le strutture esterne anche per ulteriori accertamenti e eventuali ricoveri. Afferma tuttavia che tali condizioni non erano tali da giustificare il differimento della pena, in base ai rilievi: che la documentazione medica prodotta dalla difesa, relativa a una perizia d’ufficio disposta su incarico dell’A.G. di Napoli, che nel 2007 aveva effettivamente allora affermato l’incompatibilità delle condizioni di salute con il regime detentivo, ma dagli atti il P. risultava ininterrottamente detenuto dal 2006; che era vero che le condizioni di salute del P., collegate alla patologia cardiaca, giudicate estremamente gravi sino dall’anno 2007, restavano tali, e che nella certificazione del gennaio 20111 si era evidenziato altresì che si era in attesa di una visita urologica e di un ricovero presso l’ospedale Niguarda, che la relazione di febbraio evidenziava non effettuata e quindi riprogrammata, ma ì medici che lo curavano giornalmente non avevano "inteso effettuare una dichiarazione" nel senso dell’incompatibilità e il detenuto era monitorato con particolare attenzione sia ad opera dei medici della struttura penitenziaria sia ad opera dei medici dei presidi territoriali esterni.

4. Ora, pur non potendosi in questa sede valutare l’affermazione difensiva, secondo cui, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, nel 2007 il P. era stato posto agli arresti domiciliari, proprio in conseguenza della riconosciuta incompatibilità delle sue condizioni con il regime carcerario, perchè la deduzione concerne aspetti di fatto che non è in potere di questa Corte verificare ed è priva di autosufficienza, il provvedimento impugnato merita censura per la lacunosità e l’ambiguità, che per certi aspetti rasenta l’apparenza, degli argomenti posti a sostegno del rigetto delle istanze.

5. L’osservazione che i medici della struttura carceraria non avevano inteso esprimersi nel senso dell’incompatibilità, indica, alla lettera, una posizione di non liquet, che non basta a sostenere la conclusione che essi ritenevano tranquillamente sussistente una situazione di compatibilità.

Non correttamente, d’altro canto, la valutazione di compatibilità parrebbe fatta derivare soltanto da una situazione di attento e costante controllo. Questo dimostra l’assolvimento di inderogabili obblighi di assistenza, ma non è sufficiente, in situazione descritta come ad alto rischio e a possibile evoluzione fatale, ad attestare l’assolvimento altresì degli obblighi di cura adeguata.

Sfuggono in particolare alle considerazioni del provvedimento impugnato aspetti ineludibili, ai fini di una corretto giudizio di compatibilità, quali quelli relativi all’idoneità delle strutture ad assicurare una seria protezione da rischi e una condizione di vita non irragionevolmente – posto il necessario bilanciamento di situazioni concrete soggettive e oggettive – degradata, nonchè la rapidità e congruità degli interventi necessari in casi di emergenza.

6. In tale contesto, il rigetto della richiesta di una perizia d’ufficio risulta sostanzialmente immotivato, giacchè il richiamo alle certificazioni della direzione sanitaria, i cui contenuti non vengono se non sommariamente riprodotti, è obiettivamente parziale e – atteso quanto appena osservato in ordine all’ambiguità delle conclusioni in punto di non incompatibilità – per nulla chiaro;

mentre la consulenza di parte prodotta dalla difesa, anch’essa aggiornata, non risulta in alcun modo valutata (neppure attraverso un richiamo a contrastanti osservazioni dei medici del carcere in merito agli specifici problemi prospettati).

7. Del pari carente è il rigetto della richiesta subordinata di arresti domiciliari ai sensi dell’art. 47-ter ord. pen., comma 1-ter.

La valutazione in punto di pericolosità del P. è svolta soltanto sulla base dei fatti in esecuzione e di quelli oggetto della sentenza non ancora definitiva, dei quali, però, non è neppure indicata la data di commissione. Difetta così di ogni apprezzamento in ordine alla incidenza delle attuali, obiettivamente gravi, condizioni di salute del detenuto sulla sua capacità a delinquere.

8. In conclusione, l’ordinanza impugnata non può che essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Milano perchè proceda a nuovo esame attenendosi ai principi enunciati e colmando le lacune evidenziate.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *