Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 26-10-2011, n. 38823 Remissione del debito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 20 dicembre 2010, il Magistrato di Sorveglianza di Palermo ha respinto l’istanza proposta da B.S., intesa ad ottenere la remissione del debito relative a spese processuali per complessivi Euro 596.453,47. 2. Il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto che non sussistessero i presupposti previsti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6 per la concessione del beneficio suddetto, non versando il ricorrente in disagiate condizioni economiche.

3.Avverso detto provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Palermo B.S. ha personalmente proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di ricorso.

Col primo motivo lamenta inosservanza ed erronea applicazione di legge, in quanto egli era da ritenere di disagiate condizioni economiche, condizione quest’ultima che non poteva essere identificata con l’insolvibilità ovvero con l’indigenza, dovendo piuttosto essere qualificata come obiettiva incapienza dei beni del condannato a fronteggiare il debito erariale, tale da provocare uno squilibrio economico idoneo a rendere impossibile l’assolvimento delle primarie esigenze di vita, in tal modo compromettendo il suo percorso di reinserimento sociale.

Egli era invero disoccupato e privo di reddito; solo sua moglie aveva percepito per il solo 2008 un reddito di Euro 6.951,00, quale lavoratrice agricola; era proprietario solo dell’appartamento in cui viveva e di due case rurali, qualificabili come fienili diroccati; il fatto di essere legale rappresentante del locale circolo cacciatori non comportava la percezione di alcun reddito.

Col secondo motivo lamenta motivazione contraddittoria e manifestamente illogica, in quanto il provvedimento impugnato non aveva motivato sul punto se il reddito dichiarato da sua moglie per il solo 2008 gli avesse consentito di superare lo stato di disagiate condizioni economiche e se l’adempimento del debito erariale avrebbe potuto comportare un serio squilibrio economico nel proprio bilancio familiare, tale da precludere il soddisfacimento delle elementari esigenze di vita e da compromettere il suo reinserimento sociale; non erano state poi valutate le condizioni economiche al momento della richiesta di remissione del debito.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da B.S. è fondato.

2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6 (testo unico in materia di spese di giustizia), che ha abrogato l’art. 56 Ord. Pen., i presupposti per la remissione del debito sono le disagiate condizioni economiche del soggetto e la regolare condotta da lui tenuta in stato di libertà, ovvero in carcere, in caso di soggetto internato o recluso (Cass. 1, 16.1.09 n. 3752, rv. 242444).

3. Nella specie il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto che il ricorrente non potesse definirsi in disagiate condizioni economiche, siccome appartenente ad un nucleo familiare in cui la moglie aveva percepito per il 2008 un reddito di Euro 6.951,00 ed essendo proprietario di tre abitazioni, oltre che di un locale commerciale esteso mq. 27. 4. Trattasi di motivazione censurabile, per non avere essa tenuto conto del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, alla stregua della quale, ai fini della remissione del debito per spese di giustizia, il requisito delle disagiate condizioni economiche, richiesto sia dall’abrogato art. 56 Ord. Pen., sia dal vigente D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, il che non può dirsi con riferimento all’odierno ricorrente, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il suo recupero ed il suo reinserimento sociale (cfr. Cass. 1 n. 14541 del 24/01/2006 dep. il 27/04/2006, imp. Mangione, Rv. 233939; Cass. 1 n. 5621 del 16/01/2009 dep. il 10/02/2009, imp. Guarino, Rv. 242445).

5. La carenza di motivazione si rinviene appunto con riferimento a tale secondo aspetto, nel senso che il provvedimento impugnato, a fronte di un credito erariale di elevato importo, siccome pari a ben Euro 596.453,47, si è limitato ad una sintetica enunciazione dei redditi familiari del ricorrente, senza soffermarsi a valutarne l’effettiva consistenza, onde potere ragionevolmente escludere che il pagamento del debito erariale anzidetto potesse comportato un assoluto depauperamento del ricorrente, si da non consentirgli di far fronte alle elementari esigenze di vita.

6. Da quanto sopra consegue l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio degli atti al Magistrato di sorveglianza di Palermo per nuovo esame dell’istanza formulata da B.S., che tenga conto delle rilevate carenze motivazionali.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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