Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-04-2012, n. 6045 Lavoro domestico

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Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Genova, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda di R.A., proposta nei confronti F.G., avente ad oggetto la condanna di quest’ultima al pagamento di differenze retributive concernenti l’intercorso rapporto di lavoro domestico.

A fondamento del decisum la Corte territoriale poneva il rilievo secondo il quale le somme corrisposte alla ricorrente erano risultate superiori a quelle dichiarate sicchè alcuna differenza retributiva poteva essere riconosciuta in quanto la retribuzione effettivamente erogata alla R. era pari ad oltre il doppio di quella prevista dal CCNL. Conseguentemente nulla poteva essere riconosciuto alla ricorrente a titolo di differenze retributive per ratei 13^, ferie, preavviso e straordinario poichè il totale richiesto risultava inferiore a quanto corrisposto in eccesso rispetto alle previsioni del CCNL. Avverso questa sentenza la R. ricorre in cassazione sulla base di un unico articolato motivo, specificato da memoria.

Resiste con controricorso la parte intimata che deposita memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., artt. 1321, 1362 e 2099 c.c., art. 36 Cost., comma 3, artt. 1362, 1372, 2077, 2099, 2118, 2119 c.c., L. n. 260 del 1949, art. 5, nonchè artt. 20 e 35 del CCNL per il rapporto di lavoro domestico, e, ex art. 360 c.p.c., n. 5, carenza di motivazione.

Allega che il giudice di appello ha erroneamente interpretato la domanda introduttiva del giudizio non tenendo conto delle allegazioni effettuate, ivi compresa quella concernente la retribuzione mensile percepita dal lavoratore, delle precisazioni effettuate in corso di causa e dei documenti prodotti in giudizio non valutando la volontà delle parti come emergente dagli atti e dalle produzioni.

Nè, aggiunge la ricorrente, la Corte del merito ha preso in considerazione lo specifico accordo intervenuto tra le parti (avente ad oggetto una retribuzione superiore ai minimi di cui al CCNL di categoria) così come risultante dalle dichiarazioni rese dalle stesse all’Ispettorato del lavoro.

Preliminarmente ritiene il Collegio di disattendere l’eccezione, sollevata da parte resistente, di violazione dell’art. 360 bis c.p.c., così come introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. A).

Invero, ai fini di cui trattasi, non rileva l’avvenuta formulazione nel ricorso dei quesiti previsti dall’abrogato art. 366 bis c.p.c., non potendo di per sè siffatta formulazione determinare l’inammissibilità del ricorso.

Nè, nel caso di specie, avuto riguardo ai dedotti vizi, i quali si sostanziano rispettivamente nella denuncia di una errata interpretazione della domanda giudiziale per violazione dei canoni di ermeneutica e di un vizio di motivazione per non aver tenuto conto la Corte del merito di atti e documenti del processo, rileva, ai fini del richiamato art. 360 bis c.p.c., l’allegazione di elementi per confermare o mutare l’orientamento di questa Corte.

Nel merito ritiene il Collegio che la censura è infondata.

Infatti la ricorrente, ancorchè richiami a fondamento della denuncia atti giudiziali, documenti vari e dichiarazioni rese all’Ispettorato del lavoro che sarebbero stati non valutati dalla Corte del merito, sia per interpretare la domanda giudiziale, sia per provare l’intervenuto allegato accordo tra le parti circa il quantum della retribuzione pattuita, non trascrive nel ricorso, in violazione del principio di autosufficienza il contenuto di siffatti atti e documenti, impedendo in tal modo a questa Corte qualsiasi sindacato al riguardo.

E’ difatti ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che nel caso in cui, con il ricorso per cassazione, venga dedotta l’incongruità o l’illogicità della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso, la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti, di delibare la decisività della medesima, dovendosi escludere che la precisazione possa consistere in meri commenti, deduzioni o interpretazioni delle parti (per tutte Cass. 19 maggio 2006 n. 11886).

Risulta, quindi, corretta in diritto e congruamente motivata la sentenza impugnata che, facendo riferimento a quanto dalla ricorrente assunto nel ricorso introduttivo del giudizio circa le somme ricevute a titolo di retribuzione, ha ritenuto infondata la domanda diretta ad ottenere differenze retributive ex CCNL del settore in ragione del rilievo che alla R. erano state corrisposte somme maggiori da quelle previste dall’invocato CCNL e per una differenza superiore a quella azionata con la domanda giudiziale.

Il ricorso, in conclusione, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 40,00 per esborsi oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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