Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-04-2012, n. 6042 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29.9/23.10.2009 la Corte di appello di Firenze confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da S.T. per far accertare l’illegittimità del licenziamento intimatole da Trenitalia spa, qualificato tale licenziamento come licenziamento per giustificato motivo e non per giusta causa.

Osservava in sintesi la corte territoriale che gli esiti dell’istruttoria confermavano la confusione gestionale esistente presente presso la biglietteria della stazione di (OMISSIS), della quale era responsabile la S., che aveva determinato la scomparsa di biglietti per un importo di circa 21.000 Euro, ed inoltre che la contestazione dei fatti addebitati risultava conforme ai canoni di specificità e immutabilità, dal momento che la stessa, oltre a riferirsi alla mancata utilizzazione del sistema informatico per il carico e lo scarico dei biglietti, richiamava espressamente alcune norme del regolamento aziendale che attenevano a tali compiti, fra i quali quello della conservazione dei biglietti, sul cui corretto adempimento non poteva non incidere la mancata utilizzazione delle casseforti e la mancata custodia della biglietteria, che era tenuta con le porte aperte.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso S.T. con quattro motivi. Resiste con controricorso la società Trenitalia, la quale ha anche proposto ricorso incidentale e depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente lamenta violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, ed al riguardo osserva che la corte territoriale aveva mancato di considerare che il principio di specificità della contestazione disciplinare presuppone la specifica indicazione della condotta addebitata al lavoratore ed eventualmente l’espresso richiamo delle norme violate, che, peraltro, nel caso non riguardavano affatto le prescrizioni relative alla tenuta dei locali e delle casseforti.

Con il secondo motivo, prospettando ancora violazione di legge ( artt. 2730 e 2732 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.), la ricorrente osserva che a torto la corte territoriale aveva ritenuto che l’asserita ammissione dei fatti da parte della lavoratrice (cui si era attribuito contenuto confessorio) potesse essere impugnata solo per errore o violenza, laddove si trattava, piuttosto, di accertare se le dichiarazioni della stessa fossero assistite dall’animus confitendi.

Con il terzo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente osserva che la corte territoriale, muovendo dall’errato assunto che si trattasse di confessione stragiudiziale, aveva ritenuto che la veridicità dei fatti non potesse essere provata al di fuori dei limiti previsti per la confessione, così omettendo una effettiva valutazione dell’istruttoria processuale e degli esiti probatori acquisiti.

Con l’ultimo motivo, infine, la sentenza impugnata viene censurata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 2119 c.c. e art. 112 c.p.c., ed, al riguardo, si rileva che la corte territoriale, nel convertire il licenziamento per giusta causa in recesso per giustificato motivo, aveva dato rilievo ad un complesso di circostanze estranee alla contestazione disciplinare.

3. Con l’unico motivo, poi, del ricorso incidentale la società Trenitalia lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 2119 c.c., rilevando che, in considerazione della gravità dei fatti addebitati, la corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la legittimità del licenziamento anche sotto il profilo della giusta causa.

4. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

5. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

Ed, al riguardo, basterebbe osservare che la corte territoriale ha dato atto che il giudice di primo grado "ha puntualmente ricostruito la confusione presente presso la biglietteria della stazione di (OMISSIS), della quale era responsabile la S., sulla scorta di una complessiva valutazione dell’istruttoria testimoniale e non soltanto in base a quanto riferito dal diretto superiore" della lavoratrice e che, essendovi corrispondenza fra i fatti per tal modo accertati e quelli contestati (che evidenziavano "…una gestione in maniera confusa con il ripetersi di alcune irregolarità quali il mancato carico di intere partite di biglietti in SB; mancate registrazioni di vari biglietti in uscita da SB e non prese in carico nel sistema BAR, varie forniture caricate in BAR e non registrate in uscita dal sistema SB…", con una perdita di cassa conseguente alle irregolarità riscontrate pari ad oltre 21.000 Euro), si è correttamente ritenuto che ricorressero i presupposti per la conferma della legittimità del recesso.

A fronte di tale accertamento,che costituisce autonoma ragione di giustificazione della decisione, la ricorrente si è limitata a dedurre che i giudici di appello, nel fare "generico riferimento" alla mancata utilizzazione del sistema informatico, avevano omesso di prendere in considerazione le dichiarazioni testimoniali sul punto acquisite al giudizio, senza offrire, tuttavia, alcuna documentazione del complesso dell’istruttoria e delle prove che si assumono erroneamente interpretate dai giudici di merito (e che sono state riportate con riferimento solo a singole frasi), in difformità dal canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, che, come noto, impone alla parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di atti e risultanze probatori e processuali, l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento o dell’atto trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla relativa trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti allegati e da provare, dato che questo controllo, per il suddetto principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

Ragion per cui ben può richiamarsi il consolidato principio per cui, ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della stessa, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia avuto esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione.

Questa, infatti, è intesa alla cassazione della sentenza nella sua interezza, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che l’una o l’altro autonomamente sorreggono, con la conseguenza che è sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa ad una sola di tali ragioni, perchè il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza (v. ad es. Cass. n. 5902/2002;

Cass. n. 2273/2005; Cass. n. 2811/2006).

E comunque, non si può non rilevare, con riferimento alla asserita violazione del principio di specificità e immutabilità della contestazione, come la corte di merito abbia accertato che quest’ultima, oltre a riferirsi alla negligente gestione aziendale ed alla mancata utilizzazione del sistema informatico per il carico e lo scarico dei biglietti, richiamava espressamente alcune norme del regolamento aziendale che attenevano a tali compiti, fra i quali quello della conservazione dei biglietti, sul cui corretto adempimento non poteva non incidere la mancata utilizzazione delle casseforti e la mancata custodia della biglietteria.

Accertamento, anche questo, che non rinviene, nondimeno, alcuna documentata contestazione da parte della ricorrente, non essendosi affatto riscontrato, con la trascrizione degli atti in parte qua rilevanti, che i comportamenti negligenti addebitati risultassero del tutto estranei al contenuto delle norme regolamentari richiamate nella lettera di contestazione e, comunque, e per quanto si è già detto, che, pur in loro assenza, il comportamento della ricorrente, alla luce delle ulteriori mancanza addebitate e verificate, potesse ritenersi esente da sanzione.

6. Infondati sono anche il secondo e terzo motivo.

Trattasi, infatti, di motivi che appaiono privi di decisività ai fini della soluzione della controversia, tenuto conto che la corte di merito ha ritenuto provati i fatti addebitati "sulla scorta di una complessiva valutazione dell’istruttoria testimoniale", e, quindi, anche a prescindere dalla "rilevanza confessoria dell’ammissione dei fatti" attribuita al comportamento della lavoratrice.

Sicchè, anche per tal parte, possono richiamarsi i principi già rammentati relativi alla rilevanza che assume l’esistenza di una pluralità di ragioni della decisione, tutte di per sè idonee a sorreggerla, ai fini dell’accoglimento del ricorso per cassazione.

7. Nelle ragioni del rigetto dei precedenti motivi, resta assorbito l’esame dell’ultimo mezzo del ricorso principale.

8. Infondato è, infine, anche l’unico motivo del ricorso incidentale, avendo la corte toscana, con corretta motivazione, escluso la sussistenza di una giusta causa di recesso, richiamando la configurazione che dei fatti contestati forniva, nella fattispecie, la contrattazione collettiva, secondo criteri di valutazione tipizzati dalle parti sociali, coerenti con la funzione di autoregolamentazione propria dell’autonomia collettiva.

E così facendo corretta applicazione dell’insegnamento di questa Suprema Corte, che qui merita di essere ribadito, secondo cui, se la nozione di giusta causa è nozione legale ed il giudice non è vincolato alle previsioni contrattuali configuranti determinate condotte quali giusta causa di recesso, tuttavia ciò non gli impedisce di far riferimento alle valutazioni che le parti sociali abbiano fatto della gravità di determinate condotte come espressive di criteri di normalità (cfr. Cass. n. 2906/2005), con la conseguenza che il datore di lavoro non potrà in linea di principio (e cioè, in assenza di puntualità controindicazioni in punto di proporzionalità) irrogare un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione (v. ad es. Cass. n. 19053/2005; Cass. n. 14586/2009).

9. Entrambi i ricorsi vanno, pertanto, rigettati.

Spese compensate, in considerazione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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