Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 22-09-2011) 26-10-2011, n. 38821 Ricusazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Milano, con ordinanza in data 31.05.2010, dichiarava inammissibile la ricusazione proposta da P. G.P. nei confronti del Presidente della seconda sezione penale della Corte di Appello di Milano, dott. L. F..

Osservava La Corte di Appello che l’odierno istante, imputato nell’ambito di un procedimento penale pendente avanti alla medesima Corte, aveva ricusato il Presidente del collegio giudicante, lamentando di non aver potuto esprimere le argomentazioni a propria difesa. Ciò in quanto il Presidente L. aveva disposto l’espulsione dell’aula dell’imputato con l’ausilio della forza pubblica; e non aveva consentito all’imputato di procedere alla registrazione del dibattimento, avvalendosi di propria attrezzatura.

La Corte territoriale rilevava che le circostanze ora richiamate non integravano alcuna ipotesi di "grave inimicizia" tra il giudice e l’imputato, di cui all’art. 37 c.p.p., fattispecie che può ravvisarsi unicamente nel caso in cui tra giudice imputato intercorrano rapporti personali estranei al processo. Il Collegio considerava, inoltre, che l’allontanamento dall’aula dell’imputato era stato disposto dal Presidente del collegio nell’esercizio dei poteri di disciplina dell’udienza previsti dal codice di rito; che la Corte di Appello aveva poi provveduto con motivata ordinanza sulla richiesta di registrazione formulata dall’imputato; che tali provvedimenti non erano connotati da abnormità; e che non sussisteva la lamentata prevenzione del giudice ricusato, rispetto alla posizione del giudicabile.

2. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione P.G.P., a mezzo del difensore. Il ricorrente assume che la Corte di Appello abbia errato nell’adottare la procedura "de plano" e che, nel caso, si sarebbe dovuto procedere a norma dell’art. 127 c.p.p., come prescrive l’art. 41 c.p.p., comma 3.

Al riguardo la parte osserva che la causa di ricusazione sorse in udienza, che l’imputato ebbe a redigere l’istanza nel breve termine di cui all’art. 38 c.p.p., comma 2; e che il collegio avrebbe opportunamente dovuto assumere ulteriori informazioni. Oltre a ciò, il ricorrente rileva che la Corte di Appello ha eluso la necessità del contraddittorio ed ha acquisito il parere del Procuratore Generale. La parte considera che la dichiarazione di ricusazione, come formulata in udienza, si riferiva a tutti e tre i componenti del Collegio giudicante.

Infine, l’esponente evidenzia l’intervenuta violazione dell’art. 37 c.p.p., comma 2, atteso che la Corte di Appello ha pronunziato sentenza mentre era pendente la ricusazione.

2.1 La parte ha depositato memoria con la quale: ha dedotto il difetto di notifica al ricorrente dell’avviso dell’udienza originariamente fissata; ha rilevato di avere ricusato il consigliere P.S.; ed ha invitato i magistrati componenti del collegio giudicante a dichiarare se appartengano a logge massoniche.

Motivi della decisione

3. Premesso che all’udienza del 7.07.2011 è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo per omesso avviso personale al ricorrente; che per la trattazione del ricorso è stata quindi fissata l’odierna udienza; e che l’invito rivolto dalla parte ai componenti del Collegio non risulta pertinente rispetto alla materia che occupa, si osserva che il ricorso risulta infondato, per le ragioni di seguito esposte.

3.1 Il ricorrente deduce l’erronea applicazione dell’art. 41 c.p.p. e la violazione del diritto al contraddittorio.

Il rilievo non ha pregio.

Si osserva, al riguardo, che la giurisprudenza di questa Suprema Corte è assolutamente pacifica e consolidata nella affermazione del principio secondo il quale, nel caso di manifesta infondatezza della ricusazione, il giudice deve pronunciare "de plano" la relativa declaratoria di inammissibilità, senza sentire le parti interessate in camera di consiglio, previa fissazione di udienza e avviso; ciò in quanto l’art. 41 c.p.p., comma 1, prescrive che il collegio provveda "senza ritardo" e non richiama, al contrario del successivo comma terzo, relativo alla decisione del merito della ricusazione, le forme dell’art. 127 cod. proc. pen. (vedi ex multis, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6621 del 28.01.2010, dep. 18.02.2010, Rv. 246575).

Orbene, deve rilevarsi che la Corte di appello, nel caso di specie, ha del tutto conferentemente considerato che la dichiarazione di ricusazione proposta dall’esponente, giustificata in relazione all’esercizio da parte del Presidente del collegio dei poteri di disciplina dell’udienza, benchè riferita a tutti i componenti del collegio, risultava basata su motivi manifestamente infondati. Ciò in quanto, le circostanze richiamate dalla parte ricusante non integravano – in termini – alcuna ipotesi di "grave inimicizia" tra il giudice e l’imputato, fattispecie che può di converso ravvisarsi, come noto, solo nel caso in cui tra giudice imputato intercorrano rapporti personali estranei al processo (vedi, da ultimo, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11968 del 26.02.2010, dep. 26.03.2010, Rv. 246557).

Pertanto, del tutto legittimamente, la Corte territoriale ha dichiarato "senza ritardo" l’inammissibilità della dichiarazione di ricusazione presentata da P.G.P..

3.2 A margine del superiore rilievo, di natura assorbente ai fini della presente decisione, si richiamano pure i principi di diritto recentemente affermati dalla Suprema Corte, in relazione al divieto di cui all’art. 37 c.p.p., comma 2. Invero la questione – richiamata dall’esponente – relativa alla intervenuta violazione del disposto di cui all’art. 37 c.p.p., comma 2, ove è prescritto che il giudice ricusato non pronunci sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, è stata recentemente censita dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte di Cassazione.

La Corte regolatrice, nella sua massima espressione, ha chiarito che la validità della sentenza pronunciata dal giudice ricusato è collegata all’esito della ricusazione e che la relativa sanzione viene costruita secundum eventum; nel senso che la decisione che definisce il procedimento, assunta dal giudice nei cui confronti è stata proposta ricusazione, in violazione del disposto di cui all’art. 37 c.p.p., comma 2, conserva validità, nel caso in cui la ricusazione venga dichiarata inammissibile o infondata dall’organo competente ex art. 40 c.p.p., (Cass. Sez. U, sentenza n. 23122 del 27.01.2011, dep. 9.06.2011, Rv. 249734).

Le Sezioni unite hanno, peraltro, precisato che al divieto posto dall’art. 37 c.p.p., comma 2, corrisponde un generale dovere del magistrato investito da ricusa…a livello deontologico tanto più rigoroso quanto minori siano i pericoli di prescrizione o di effetti caducatori legati al differimento della decisione (Cass. Sez. U, sentenza n. 23122/2011, cit.).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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