T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 25-11-2011, n. 1632 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.D. è proprietario in Niardo di una casa di abitazione sita alla locale via Camporotondo n°20, realizzata sul terreno distinto al catasto di quel Comune al mappale 1658, giusta licenza edilizia 17 marzo 1969 n°53 (doc. 2 ricorrente, copia di essa; gli estremi dell’immobile, non contestati peraltro in causa, sono nel verbale di sopralluogo di cui appresso).

Presso tale abitazione, il Comune, come da verbale di sopralluogo dei tecnici di esso in data 26 maggio 2010, riscontrava l’esistenza delle strutture abusive meglio descritte in epigrafe, delle quali, con l’ordinanza pure meglio indicate in epigrafe, ingiungeva la demolizione (doc. 1 Comune, copia verbale sopralluogo, propriamente denominato "relazione tecnica"; doc. 1 ricorrente, copia ordinanza impugnata; nel doc. 1 Comune citato è anche documentazione fotografica dello stato dei luoghi).

Avverso tale ordinanza, F.D. propone nella presente sede impugnazione con ricorso affidato a due censure, corrispondenti in ordine logico ai seguenti tre motivi:

– con il primo di essi, rubricato come censura seconda a p. 6 dell’atto, deduce violazione dell’art. 7 l. 9 agosto 1990 n°241, per omissione dell’avviso di avvio del procedimento;

– con il secondo motivo, corrispondente alla prima parte della prima censura a p. 4 dell’atto, deduce violazione dell’art. 31 del T.U. 6 giugno 2001 n°380. Premette in fatto che, come risulterebbe dai rilievi aerofotogrammetrici, i manufatti abusivi sarebbero risalenti almeno al 1982, se non a data anteriore al 1967, e quindi, a suo dire, non potrebbe ordinarsene la demolizione senza motivare in modo particolarmente penetrante sull’interesse pubblico a procedere in tal senso, il che nella specie non è stato fatto;

– con il terzo motivo, corrispondente alla ultima parte della prima censura, alle pp. 56 dell’atto, deduce infine ulteriore violazione dell’art. 31 citato, in quanto, sempre a suo dire, l’opera non necessiterebbe comunque del permesso di costruire, e quindi, ove abusiva, sarebbe sanzionata con una mera sanzione pecuniaria.

Con memoria 7 ottobre 2011, il ricorrente ha ribadito le proprie ragioni.

Resiste il Comune, con memoria 14 settembre 2011, nella quale chiede che il ricorso sia respinto; in particolare deduce che dal rilievo aerofotogrammetrici del 1982, il più antico in possesso del Comune, le opere abusive risulterebbero in una consistenza diversa, e quindi dovrebbero ritenersi se mai posteriori a tal data, e comunque per il loro carattere non modesto sarebbero soggette al permesso di costruire.

La Sezione, accolta l’istanza cautelare con ordinanza 17 dicembre 2010 n°903, alla udienza del 9 novembre 2011 fissata contestualmente tratteneva il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni che seguono.

1. Infondato è anzitutto il primo motivo dedotto, incentrato sulla presunta violazione dell’art. 7 l. 241/1990. Posto che nella specie l’avviso di inizio del procedimento manca, questo Tribunale condivide infatti l’orientamento – espresso di recente fra le molte, ad esempio, da TAR Campania Napoli sez. III 17 settembre 2010 n°17441 e 2 luglio 2010 n°16548 e da TAR Toscana sez. II 30 dicembre 2008 n°4452- secondo il quale l’avviso stesso non è dovuto nel caso in cui, come qui avvenuto, l’amministrazione sia tenuta ad adottare un provvedimento del tutto vincolato per reprimere una situazione di abuso.

2. Alla possibile obiezione secondo la quale anche in tale fattispecie l’apporto partecipativo del privato sarebbe di qualche utilità, in quanto consentirebbe un’istruttoria più approfondita, si risponde secondo quanto affermato dalla citata TAR Napoli 17441/2010: in base all’at. 21 octies l. 241/1990, il provvedimento sanzionatorio non è comunque annullabile se il ricorrente non è in grado di fornire elementi tali da inficiare la verità dei fatti posti dall’amministrazione a base di esso, il che nella specie, come si dimostrerà subito, non è avvenuto.

3. Infondato è altresì il secondo motivo, secondo il quale per reprimere un abuso edilizio in qualche modo risalente nel tempo sarebbe necessario assolvere ad un onere di motivazione particolarmente penetrante. Costante giurisprudenza della Sezione, da ultimo si cita TAR Brescia sez. I 22 febbraio 2010 n°860, afferma infatti che il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica ed edilizia può essere esercitato in ogni tempo, senza necessità, per i relativi provvedimenti, di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre una demolizione; in senso poi conforme si sono espresse anche numerose decisioni del C.d.S., ad esempio sez. IV, 15 settembre 2009, n°5509, che si cita per tutte.

4. Il Collegio non ignora l’esistenza di un orientamento difforme, espresso dalle decisioni citate dal ricorrente, ad esempio da C.d.S. sez. V 29 maggio 2006 n° 3270, ma anche dalla stessa sez. V nella decisione 4 marzo 2008 n°883, secondo la quale invece "il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso" e "il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza" potrebbero ingenerare un affidamento del privato, rispetto al quale sussisterebbe un "onere di congrua motivazione" circa il "pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato"; ritiene però che tale orientamento non vada condiviso.

5. In proposito, si impone anzitutto il rilievo fatto proprio dalla citata decisione C.d.S. 5509/2009, ovvero che di affidamento si può parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente e in modo compiuto reso nota la propria posizione alla p.a., venga indotto da un provvedimento della stessa a ritenere la legittimità del proprio operato, non già nel caso che rileva, in cui si commette un abuso a tutta insaputa della p.a. medesima. Inoltre, come osservato dalla Sezione nella pure citata sentenza 860/2010, l’abuso edilizio integra un illecito permanente, rappresentato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi; ditalché ogni provvedimento repressivo dell’amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, ma interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento.

6. Non è poi privo di rilievo anche quanto osserva la già citata TAR Napoli 17441/2010. Infatti, la disciplina del potere di sanzionare gli abusi edilizi del quale la p.a. è titolare deve essere ricostruita anche tenendo conto di un dato storico, quello che in proposito ha visto, negli ultimi trent’anni, un costante ripetersi di misure straordinarie di sanatoria, a partire dalla nota l. 28 febbraio 1985 n°47. Ammettere quindi l’estinzione di un abuso per il mero decorso del tempo significherebbe allora, in primo luogo, costruire una sorta di sanatoria di fatto che opererebbe anche quando l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi del corrispondente istituto previsto dalla citata normativa premiale, e quindi senza nemmeno la necessità di versare le oblazioni da essa previste. Per altro verso, poi, è comunque escluso che si possa parlare di affidamento tutelabile nel momento in cui di detta normativa l’interessato non abbia ritenuto di avvalersi.

7. Infine, si impone un rilievo ulteriore: consentire, così come fa l’interpretazione qui criticata, una sanatoria degli abusi edilizi per effetto del mero decorso di un periodo di tempo "lungo", come affermano C.d.S. 883/2008 e 3270/2006, ovvero "notevole", come afferma ad esempio TAR Campania Napoli sez. VII 2 ottobre 2009 n°5138, ma comunque non determinato con precisione, significa inserire nel sistema un pericoloso elemento di indeterminatezza, perché la repressione di un dato abuso nel caso concreto sarebbe rimessa all’apprezzamento del singolo funzionario, oltretutto pressoché impossibile da sindacare nella presente sede giurisdizionale, con intuibile possibilità di strumentalizzazioni.

8. Tutto ciò, sempre sulla scorta di TAR Napoli 17441/2010, vale beninteso nel caso in cui l’immobile di cui si ragiona sia posteriore al 1967, ovvero alla data dalla quale è stato generalizzato l’obbligo di titolo abilitativo per le costruzioni. Costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. IV 14 febbraio 2008 n°511, impone peraltro al privato il quale intenda avvalersi di una sanatoria latamente intesa dare la prova della realizzazione in tempo per essa utile dell’immobile considerato, e detta prova nel caso presente difetta; vi è anzi agli atti prova del contrario. Il Comune intimato ha infatti allegato come doc. 1, senza specifiche contestazioni sul punto, estratto dell’aerofotogrammetria del 1982 del territorio comunale, ove appaiono sul terreno considerato manufatti del tutto diversi da quelli per cui ora è processo; se ne deduce quindi, secondo logica, che essi sono posteriori a tale anno.

9. Parimenti infondato è l’ultimo motivo di ricorso, secondo il quale le costruzioni oggetto dell’ordine di ripristino non sarebbero, attesa la loro natura di tettoie, soggette a permesso di costruire, e quindi ove abusive sfuggirebbero alla sanzione demolitoria. E’ sufficiente richiamare in proposito la costante giurisprudenza, per cui una tettoia è comunque soggetta a permesso di costruire ovvero titolo equiparato in quanto autonoma rispetto a quanto già edificato: per tutte, C.d.S. sez. V 16 agosto 2010 n°5704, senz’altro applicabile al caso di specie, in cui i manufatti sono di dimensioni non modeste (cfr. memoria Comune p. 1, secondo paragrafo della narrativa: si tratta di quattro manufatti, il più piccolo dei quali è di 4,40 x 7.40 metri, con altezza da 2.20 a 2.70 metri).

10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna F.D. a rifondere al Comune di Niardo le spese del giudizio, spese che liquida in Euro 4.000 (quattromila) oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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