Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-04-2012, n. 6031 Retribuzione pensionabile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Bari, L.M., operaio agricola a tempo determinato, iscritto negli elenchi anagrafici del Comune di residenza e titolare di pensione I.N.P.S., esponeva che in conseguenza di una erronea interpretazione del D.P.R. n. 488 del 1968, art. 28, l’I.N.P.S. gli aveva attribuito un trattamento pensionistico inferiore a quello spettantegli, avendo l’Istituto fatto riferimento, per la determinazione della retribuzione pensionabile, al salario medio convenzionale previsto dai D.M. di cui agli artt. 5 e 28 del D.P.R. citato.

Chiedeva dunque la condanna dell’I.N.P.S. alla riliquidazione della pensione in godimento, da calcolarsi sulla base del salario convenzionale pubblicato nell’anno successivo a quello in cui il lavoro era stato prestato.

Costituitosi l’I.N.P.S., il Tribunale di Bari con sentenza del 15.1.2008 accoglieva la domanda, sentenza riformata dalla Corte d’appello di Bari depositata il 22.9.2009. La Corte richiamava il più recente orientamento della Suprema Corte sul punto (Cass. n. 2531/2009, Cass. n. 2596/09; Cass. n. 4355/2009) che aveva fatto applicazione della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21, di interpretazione autentica dell’art. 3 legge n. 457/1972 con conseguente affermazione della legittimità del comportamento dell’INPS. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il L., affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria. Resiste l’INPS con controricorso, che ha depositato memoria difensiva, così come controparte.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale della L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, in relazione all’art. 3 Cost., comma 1 e art. 38 Cost., comma 2; nonchè deduce l’irretrattività della detta norma, altrimenti violativa dell’art. 111 Cost..

Il ricorso è infondato.

Va ricordato che questa Corte, rimeditato il precedente orientamento espresso con la sentenza n. 2377 del 5 febbraio 2007, ha ritenuto (Cass. 30 gennaio 2009 n. 2531; Cass. 3 febbraio 2009 n. 2596; Cass. 23 febbraio 2009 n. 4355) che "in tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28 e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno dai D.M. sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente, ciò trovando conferma – oltre che nella impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche nella disposizione di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, che, nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente".

La Corte non ha ragione di discostarsi dalle citate pronunce, che trovano peraltro ulteriore conforto nella sentenza n. 257 del 2011 della Corte Cost..

Nelle more è infatti intervenuto la L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5 (legge finanziaria 2010), avente il seguente tenore: "la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3, si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto alla citata L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2, per gli operai a tempo indeterminato". La Corte Cost. nel respingere le questioni di legittimità costituzionale della L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 5, ha confermato che non appare irragionevole la finalità perseguita dal legislatore, diretta a ricondurre il sistema ad una disciplina uniforme, utilizzando, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni in questione, le retribuzioni dell’anno precedente.

Pertanto le questioni di legittimità costituzionale prospettate nel primo motivo sono già state valutate dalle Corte delle leggi che le ha respinte, in relazione ai parametri oggi riproposti.

Gli altri due motivi sono stati formulati solo ove venisse ritenuta incostituzionale la norma di interpretazione già menzionata o venisse ritenuta la detta norma irretroattiva e pertanto vanno considerati assorbiti nel rigetto del primo motivo, stante la piena operatività (e legittimità costituzionale) della norma che riconosce la correttezza del criterio di calcolo seguito dall’INPS. Il ricorso va pertanto rigettato.

Stante la natura della controversia e l’epoca di proposizione del ricorso introduttivo, nulla sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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