T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 25-11-2011, n. 1631

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna il provvedimento del 8 luglio 2010 del Questore della Provincia di Brescia con cui gli è stata negata la conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a motivi di lavoro subordinato.

L’amministrazione ha motivato la decisione impugnata sostenendo che la normativa introdotta con la L. 94/2009 precludeva al ricorrente di ottenere il permesso di soggiorno ex art. 32 d.lgs. 286/98, in quanto questi, minore non accompagnato ed affidato alla tutela dello zio D.L., non possedeva il requisito legalmente richiesto di aver seguito per due anni un corso d’integrazione sociale e civile. Inoltre l’interessato al compimento della maggiore età si trovava sul territorio nazionale da meno di tre anni, avendo fatto ingresso in Italia il 30.12.2008.

A sostegno del gravame il ricorrente deduce:

Violazione di legge, in relazione agli artt. 5, 31, 32 del T.U.286/98 in quanto l’amministrazione, non distinguendo tra minori affidati, sottoposti a tutela o non accompagnati, affermerebbe che le modifiche normative della legge 94/2009 si applicherebbero indistintamente anche ai minori già presenti sul territorio prima dell’entrata in vigore delle disposizioni medesime nonchè ai minori che, in ragione dell’età al momento dell’ingresso in Italia, comunque non avrebbero la possibilità di maturare sul territorio italiano requisiti richiesti dalla norma.

Il ricorrente ritiene che tale interpretazione non sarebbe legittima alla luce dei principi generali di diritto e della giurisprudenza citata in ricorso.

Ad avviso del collegio tale assunto non pare fondato.

E’ noto che la novella è stata dettata al fine di arginare il fenomeno degli extracomunitari che entrano in Italia al compimento ravvicinato del 18° anno di età, subito sottoposti a generico ed il più delle volte ad incontrollato affidamento, presso associazioni, istituzioni, centri di accoglienza benevolmente dediti a tale finalità, nonchè a parenti accreditati di un provvisorio permesso di soggiorno per minore età in quanto non espellibili e che subito dopo, al compimento della maggiore età, invocano un permesso di lavoro per conversione, eludendo in tal modo il sistema dei flussi.

Nel caso di specie appare seriamente difficile condividere l’assunto invocato dal ricorrente secondo cui la novella non avrebbe mutato alcunchè rispetto alla interpretazione giurisprudenziale della norma originaria ex art.32 del DPR 286/98. Se così fosse saremmo di fronte ad una sorta di ultrattività della norma più favorevole alle varie situazioni, ultrattività, che, però, non trova alcuna base né nella novella né nella costituzione. Né la circostanza che il ricorrente fosse stato affidato allo zio, può mutare la sua situazione, atteso che comunque non ricorre almeno uno dei due requisiti richiesti dalla norma: a) presenza del minore sul territorio italiano per almeno tre anni con affidamento dello stesso ai sensi dell’art.2 della legge 4.5.1983, n.184; b) inserimento in apposito progetto di integrazione sociale e civile gestito dagli enti previsti dalla legge per un periodo non inferiore a due anni.

Ora è ben vero che nel vigore dell’art. 32.co. 1 del T.U. 286/98 la giurisprudenza aveva ritenuto che nel caso in cui un minore straniero fosse stato sottoposto ad un provvedimento formale di affidamento o di tutela, come nel caso di specie, le questure, al compimento della maggiore età, potevano rilasciare allo stesso un permesso di soggiorno indipendentemente dalla durata della sua presenza sul territorio nazionale nonché dalla frequentazione al corso biennale di integrazione sociale, è altrettanto vero però che i due requisiti suddetti devono comunque essere richiesti anche ai minori stranieri non accompagnati affidati o sottoposti a tutela.

Da ciò consegue che il ricorrente, entrato in Italia prima dell’entrata in vigore (8.8.2009) della nuova legge n.94/2009 e che ha compiuto la maggiore età entro i due anni successivi a tale data, essendo i criteri sopra illustrati nel vigore della novella ex art.32, non alternativi, come si affermava nel vigore dell’originario art.32, ma cumulativi, avrebbe dovuto essere inserito per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nell’apposito registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, indipendentemente, ad avviso del collegio, dalla circostanza che la frequentazione si sarebbe protratta successivamente al compimento del 18 anno di età.

Nel caso in questione il ricorrente non è mai stato iscritto né ha mai frequentato un qualsiasi corso biennale utile a maturare il requisito imposto dalla novella 94/2009.

Da ciò consegue anche l’impossibilità di applicare al caso di specie l’interpretazione giurisprudenziale della novella in argomento che ritiene sufficiente, per i minorenni entrati in Italia prima della entrata in vigore della novella medesima, dimostrare di essere stati iscritti ad un programma biennale di integrazione sociale e civile anche se non completato prima del raggiungimento della maggiore età.

Né può rilevare nella fattispecie la questione di legittimità costituzionale dell’art.32 c.1 e 1 bis per contrasto con l’art.3, 30 e 92 della Cost.,, più volte invocata nei ricorsi nella materia in questione, in ragione della paventata differenziazione tra minori accompagnati e minori non accompagnati anche se sottoposti a tutela od affidamento, atteso che, a proposito della modifica del contenuto precettivo dell’art.32, commi 1 e i bis effettuata dalla novella in discussione, come ha affermato la Corte Costituzionale nell’ Ordinanza 421 luglio 2011, lo status del minore affidato ai sensi dell’art. della legge 183/84, non si differenzia rispetto a quello del minore accompagnato ed a quello del minore sottoposto a tutela

Il ricorso in definitiva deve essere rigettato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra le parti

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima),definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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