T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 25-11-2011, n. 1627

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Svolgimento del processo

N.B., odierno ricorrente, cittadino del Regno del Marocco, in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato C143092 rilasciatogli il giorno 11 maggio 2005 dalla Questura di Bergamo, a fronte della richiesta di rinnovo dello stesso, riceveva il provvedimento di rigetto di cui meglio in epigrafe, motivato con la condanna da lui subita a ad anni 3, mesi 1 e giorni 10 di reclusione per il reato di illecito commercio di stupefacenti, previsto e punito dall’art. 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n°309, così come da sentenza Corte appello Brescia 17 dicembre 2004, irrevocabile il successivo 13 ottobre 2005 (v. doc. 1 ricorrente, copia provvedimento di rigetto impugnato, completo di relata di notifica, nel quale gli estremi e il titolo della condanna, di cui peraltro il ricorrente produce lealmente copia come doc. 11; il doc. 8 ricorrente è invece copia del permesso citato, ove la data di originario rilascio).

Avverso tale provvedimento, N.B. propone in questa sede impugnazione con ricorso articolato in un unico motivo di violazione degli artt. 5 coma 5 e 4 comma 3 d. lgs. 25 luglio 1998 n°286 così come modificati dal d. lgs. 8 gennaio 2007 n°5. In fatto, premette di avere a suo tempo esercitato il diritto al ricongiungimento familiare con la coniuge, la connazionale Sanae Konif (doc. 2 ricorrente, copia nulla osta relativo; doc. 7 ricorrente, certificato di prestazioni sanitarie rese alla coniuge in Italia) e deduce in diritto che l’amministrazione non avrebbe, così come invece previsto dalla norma citata, in alcun modo considerato la sua concreta pericolosità, tenendo conto dei suoi legami familiari e del suo radicamento nel territorio italiano.

Resiste l’amministrazione, con atto 5 marzo 2008 e con relazioni 6 marzo 2006 nonché 27 settembre e 3 ottobre 2011, e chiede che il ricorso sia respinto.

Con ordinanza 7 marzo 2008 n°218, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare e all’udienza del giorno 9 novembre 2011 ha da ultimo trattenuto il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni di cui appresso.

1. Come è noto, la lettera dell’art. 4 comma 3 del d. lgs. 25 luglio 1998 n°286 prevede per quanto qui interessa, che "non è ammesso in Italia lo straniero… che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380 commi 1 e 2 del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite…". Come si vede a semplice lettura, la norma in questione considera ciascuna delle condanne per i reati citati come di per sé ostativa al soggiorno nel territorio dello Stato, e quindi secondo logica tanto al rilascio quanto al rinnovo del permesso di soggiorno, senza richiedere alcun accertamento di pericolosità sociale riferito al caso concreto; tale soluzione normativa, come è pure altrettanto noto, è stata ritenuta conforme a Costituzione da C. cost. 16 maggio 2008 n°148, riferita proprio al caso che nella specie rileva, di condanne per reati concernenti gli stupefacenti.

2. Alla regola citata, peraltro, apporta una significativa eccezione la seconda parte dell’art. 5 comma 5 del citato d. lgs. 286/1998, secondo la quale "Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale". La norma in questione è stata introdotta con la lettera b) del comma 1 dell’art. 2 del d. lgs. 8 gennaio 2007 n°5, in vigore dal 15 febbraio 2007, ed è quindi sicuramente applicabile alla fattispecie per cui è causa, concernente un provvedimento successivo a tal data.

3. La norma in parola prevede che per una particolare categoria di stranieri, interessati dal ricongiungimento familiare, ogni provvedimento ostativo al soggiorno del nostro Paese consegua non già al fatto storico puro e semplice dell’avere riportato condanna per un dato titolo di reato, ma a un vero e proprio esame della pericolosità sociale in concreto da essi rappresentata, esame che deve essere compiuto con riguardo ai vincoli familiari che li riguardano e alla durata del loro soggiorno in Italia, considerando secondo logica la condotta complessiva mantenuta nel periodo corrispondente: così fra le più recenti, C.d.S. sez. VI 16 febbraio 2011 n°995 e, nella giurisprudenza di questo TAR, sez. I 29 dicembre 2010 n°4999.

4. Ciò premesso, non è controverso che il ricorrente, così come del resto è documentalmente provato, abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare richiamando in Italia la propria coniuge, così come detto in premesse: è stato prodotto come doc. 2 ricorrente il relativo nulla osta, e la documentazione sanitaria, pure citata, prodotta come doc. 7 ricorrente, attesta che la persona ha effettivamente fatto ingresso nel territorio nazionale. Non è parimenti controverso che il provvedimento impugnato prende solo in parte in considerazione le circostanze indicate dalla norma sopra descritta: esso considera la condanna riportata, di per sé certo non minimale, e la pericolosità sociale che essa denota in rapporto alla qualità del ricorrente, che disponeva di lecite fonti di guadagno in Italia; non considera però in alcun modo la sua situazione familiare, appurando ad esempio se egli effettivamente intrattenga rapporti con la coniuge e con il fanciullo in tenera età da lei avuto.

5. Per tali ragioni, il provvedimento va annullato, mentre sussiste comunque giusto motivo per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento 15 maggio 2007 Cat. A11/Imm/II sez/2007/AF/rig/94, del Questore della Provincia di Bergamo. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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