T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 25-11-2011, n. 1624

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente impugna il provvedimento del 17. 10. 2007 con cui è stata respinta la istanza volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Il ricorrente è cittadino tunisino titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio scadente il 15. 1. 2007, che in prossimità della scadenza, chiedeva il rinnovo del permesso stavolta però non per motivi di studio, ma per motivi di lavoro.

L’amministrazione ha motivato la decisione di respingere la istanza, rilevando che il richiedente non aveva allegato certificazione di esami sostenuti, che la motivazione dello studio si era rivelata pretestuosa, e che comunque mancava la quota nei flussi per poter essere ammesso al permesso per motivi di lavoro.

Nel ricorso si sostiene che la Questura avrebbe dovuto verificare l’esistenza della quota ed in caso contrario restituire la domanda al ricorrente dandogli la possibilità di chiedere non il permesso per motivi di lavoro, ma un nuovo permesso per motivi di studio.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Nel ricorso era formulata altresì istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Con ordinanza del 8. 2. 2008, n. 119 il Tribunale respingeva l’istanza.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 9. 11. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

I. Il ricorso è infondato.

La norma di riferimento è l’art. 6, co. 1, t.u. che dispone: "il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell’ambito delle quote stabilite a norma dell’articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione".

L’art. 14, co. 6, del regolamento ( d.p.r. 394/99) non aggiunge di più, perché ripete che "salvo che sia diversamente stabilito dagli accordi internazionali o dalle condizioni per le quali lo straniero è ammesso a frequentare corsi di studio in Italia, il permesso di soggiorno per motivi di studio può essere convertito, prima della scadenza, in permesso di soggiorno per motivo di lavoro, nei limiti delle quote fissate a norma dell’articolo 3 del testo unico, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro presso lo Sportello unico, ai sensi dell’articolo 35, comma 1, o, in caso di lavoro autonomo, previo rilascio della certificazione di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico da parte dello Sportello unico, che cura gli ulteriori adempimenti previsti dall’articolo 39, comma 9. La disposizione si applica, anche agli stranieri ammessi a frequentare corsi di formazione ovvero a svolgere tirocini formativi in Italia. In tali casi la conversione è possibile soltanto dopo la conclusione del corso di formazione frequentato o del tirocinio svolto".

In definitiva, entrambe le norme (sia quella di fonte legislativa che quella di fonte regolamentare) prevedono che nel momento in cui il richiedente esce dal sistema particolare dei permessi per motivi di studio per infilarsi in quello generale dei permessi per motivi di lavoro ci debba essere la quota.

Pertanto, la norma sulla conversione dei permessi di soggiorno per motivi di studio in permessi per motivi di lavoro è scritta in modo molto diverso da quella dell’art. 32 t.u. sulla conversione dei permessi per minore età in permessi per motivi di lavoro.

Mentre quest’ultima disposizione, in una prospettiva di favor nei confronti di chi è giunto in Italia da minorenne, non chiede affatto l’esistenza della quota (ed anzi il co. 1 quater stabilisce che "il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4", così consentendo ai minori che chiedono la conversione ex art. 32 di scavalcare chi è in fila ad aspettare la quota, e generando quindi il diffuso fenomeno elusivo che determina un frequente contenzioso giurisdizionale), la norma dell’art. 6 prevede espressamente che la conversione è possibile solo se c’è la quota, non attribuendo pertanto a chi transita attraverso il permesso per motivi di studio nessun percorso preferenziale per ottenere la stessa (ed infatti sull’art. 6 non vi è contenzioso giurisdizionale, proprio perché la norma non si presta al fenomeno elusivo sopra citato).

Nel senso della necessità della quota v. anche Tar Bologna, I, 3955/2010: In base all’art. 14 comma 6, d.P.R. 31 agosto 1999 n. 394, il permesso di soggiorno per motivi di studio può essere convertito, prima della scadenza, in permesso di soggiorno per motivo di lavoro, nei limiti delle quote fissate dall’articolo 3, testo unico, previa stipulazione del contratto di soggiorno per lavoro presso lo sportello unico, ai sensi dell’art. 35 comma 1 (nella specie, non risultava né la richiesta né, tanto meno, il rilascio della quota necessaria alla conversione del permesso di soggiorno da motivi di studio a motivi di lavoro).

Nel caso di specie, la quota pacificamente non c’era, e quindi il ricorso deve essere respinto.

II. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite, che determina in euro 500.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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