Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 22-09-2011) 26-10-2011, n. 38780

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 19 aprile 2010, in riforma della sentenza del Tribunale di Forlì del 29 aprile 2009 – richiamando unicamente le posizioni che oggi vengono in rilievo – assolveva B.S. e G.E. dal reato di cui all’art. 605 cod. pen., di cui al capo B) della rubrica, perchè il fatto non sussiste; il collegio rideterminava la pena inflitta nei confronti dei predetti imputati per altri reati come pure quella inflitta a Ba.Ku., concessa a quest’ultimo l’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., valutata equivalente all’aggravante contestata in punto di fatto al capo A).

La Corte territoriale, rilevata la parziale inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da S.B., considerava che il processo traeva origine dalla denuncia presentata il 19.04.2008 dal S.;

e che gli odierni ricorrenti si erano resi responsabili dell’azione estorsiva di cui al capo A), culminata nell’incontro del 29 aprile 2008, che aveva portato all’arresto dei prevenuti.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione G.E., a mezzo del difensore. Con il primo motivo la parte deduce il vizio motivazionale, in relazione ai capi A), B) e C) dell’imputazione.

Segnatamente, l’esponente ritiene che la Corte territoriale non chiarisca le ragioni per le quali ha ritenuto che la somma dovuta dal S. sia passata da 800 a 12.000 euro; e rileva che è illogico ritenere che B. e G. abbiano consegnato a titolo gratuito, ad un intermediario sostanzialmente sconosciuto quale il S., un quantitativo pari a 200 grammi di cocaina.

L’esponente rileva, poi, una contraddizione nell’apparato motivazionale della sentenza impugnata, laddove la Corte territoriale ha mandato assolto il coimputato O., dal reato di cessione continuata di sostanza stupefacente al S., di cui al capo D) ed ha affermato la penale responsabilità del G. in ordine alla cessione al medesimo S. di gr. 200 di cocaina. Al riguardo, la parte evidenzia che il Collegio esprime un giudizio di inattendibilità del S. con riferimento alle propalazioni accusatorie rese dal medesimo dichiarante, tanto da mandare assolto O.; e che, di converso, dai medesimi elementi probatori ora richiamati muove il giudizio di responsabilità del G. effettuato dalla Corte di Appello. Sulla scorta di tali rilievi il ricorrente considera che la tesi alternativa proposta dal ricorrente non sembra incompatibile con le emergenze del processo.

Con il secondo motivo, G. deduce l’erronea applicazione dell’art. 69 cod. pen., per avere la Corte territoriale escluso il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, a fronte della giovane età del ricorrente, dell’incensuratezza e dell’effettivo ruolo svolto nei fatti per cui è processo.

3. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione B.S. deducendo la violazione di legge ed il vizio motivazionale. La parte si duole della mancata derubricazione del reato di estorsione in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni; e rileva che la medesima Corte territoriale ha assolto il coimputato S., dal reato di estorsione, a seguito della dichiarata inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla vittima. Ciò premesso, il ricorrente si sofferma sull’apprezzamento del compendio probatorio effettuato dalla Corte di Appello, assumendo che illogicamente il Collegio abbia ritenuto che l’entità del debito contratto per il trasferimento della partita di 200 grammi di cocaina fosse aumentato sino alla somma di Euro 12.000. Il ricorrente ritiene che la Corte di Appello, contraddittoriamente, ha ritenuto sussistente la cessione della partita di droga pari a 200 grammi di cocaina, dopo avere rilevato la scarsa attendibilità del S.. L’esponente rileva che B. e G. hanno fatto riferimento ad una diversa causale per il prestito di denaro al S..

Il ricorrente si duole poi della mancata concessione delle attenuanti generiche.

4. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione anche il coimputato Ba.

K., deducendo la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in relazione alla affermazione di responsabilità penale del prevenuto a titolo di concorso nel delitto di estorsione.

La parte considera che il fatto di essersi trovato all’interno dell’autovettura condotta dal B., la sera dell’avvenuto arresto, come pure di avere assistito in all’episodio del 23.4,2008 richiamato nel capo A) dell’imputazione siano evenienze inidonee a ritenere il concorso morale o materiale del prevenuto rispetto alle condotte incriminate. Il ricorrente considera di non avere mai pronunciato parole durante gli incontri con il S. e di non avere altrimenti aderito alla commissione del reato; rileva che, contraddittoriamente, la Corte di Appello ha mandato assolto il coimputato N., che versa nella medesima posizione processuale del Ba.. Infine, la parte censura da decisione impugnata, laddove il Collegio ha ritenuto non rilevante, al fine di escludere la consapevolezza del Ba. circa la natura estorsiva della richiesta, che costui avesse fatto ritorno in Albania alcuni giorni prima dell’incontro con il debitore.

Motivi della decisione

5. I ricorsi in esame – la trattazione dei quali può avvenire congiuntamente, con le precisazioni di seguito esposte – risultano inammissibili.

Gli odierni esponenti si limitano a prospettare una mera rilettura del compendio probatorio, alternativa rispetto alle valutazioni effettuate dai giudici di merito. Come noto, si è chiarito che "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv.

244181).

Del resto, la Corte territoriale, nel procedere al vaglio critico delle emergenze probatorie, ha sviluppato un conferente percorso argomentativo, immune da censure rilevabili in questa sede di legittimità.

Con specifico riferimento alla posizione del G., il Collegio ha sottolineato che S., B. e G. avevano realizzato un reale traffico di stupefacenti, di rilevante valore; e che l’evenienza è pure dimostrata dal fatto che l’originario debito di poche centinaia di euro, che gli imputati intendevano esigere, era cresciuto sino ad un importo di Euro 12.000. E preme evidenziare che la Corte di Appello di Bologna ha chiarito che occorre distinguere la credibilità del S. in ordine alla intervenuta cessione di partite di droga, rispetto al ruolo di "semplice passatore" che lo stesso dichiarante si attribuisce in relazione ai fatti di droga che lo coinvolgono (anche riguardanti la coppia B. – G.). Come si vede, non vi è alcuna contraddizione logica tra la motivazione assolutoria che riguarda la posizione dell’ O. e l’affermazione di penale responsabilità degli altri imputati in ordine al fatto di cui al capo F), una volta chiariti gli esatti termini della valutazione di inattendibilità del dichiarante S. effettuata dalla Corte di Appello. Per quanto concerne il trattamento sanzionatolo deve poi rilevarsi che la Corte di Appello, nel procedere alla rideterminazione della pena, ha assolto il relativo obbligo motivazionale, considerando lo stato di incensuratezza del prevenuto ed il suo ruolo effettivo nell’ambito della vicenda che occupa.

In relazione alla posizione di B.S. si osserva che la Corte di Appello di Bologna ha chiarito che le specifiche modalità della condotta criminosa – frattura del naso e sottrazione della macchina della vittima – integrano l’esercizio di una violenza sproporzionata e gratuita destinata a conseguire un profitto ex se ingiusto, di talchè il fatto non risulta sussumibile nell’ambito applicativo del delitto di esercizio arbitrario delle proprio ragioni.

Infine, in relazione alla posizione del B., deve considerarsi che la Corte di Appello ha sottolineato che la partecipazione del Ba. alla spedizione del 29.04.2008 evidenzia il consapevole apporto dato dal prevenuto alla complessiva condotta estorsiva. Il Collegio ha, del tutto logicamente, considerato che la presenza del Ba. in occasione di incontri ove era prevista la consegna di somme di denaro aveva aumentato la forza intimidatrice del gruppo rispetto ad un riluttante debitore, quale il S.. E, con riferimento al ruolo svolto da Ba. in occasione dell’incontro del 23.04.08, la Core di Appello ha evidenziato che il ricorrente era rimasto a breve distanza dal punto in cui era avvenuto il contatto con il S., in attesa del ritorno di B. e G. ed in modo da poter rapidamente intervenire, ove richiesto dai correi. La decisione si colloca nell’alveo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, in relazione all’ambito applicativo della fattispecie della connivenza non punibile, invocata dalla difesa. Ed invero è pacifico il principio, ripetutamente espresso da questa Suprema Corte, secondo cui la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile ed il concorso nel delitto va ravvisata nel fatto che mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che assicurino agli altri concorrenti – come avvenuto nel caso di specie – una certa sicurezza ovvero una collaborazione sulla quale costoro possono contare (cfr. Cass. sez. 4^, sentenza n. 21441 del 10.04.2006, dep. 21.06.2006, Rv. 234569).

Peraltro il Collegio, in considerazione del profilo secondario mantenuto dal prevenuto nella vicenda criminosa, ha riconosciuto a Ba. la circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p..

6. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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