Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-10-2011) 27-10-2011, n. 38849

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria dichiarava la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione avanzata dal Governo di Romania nei confronti di P.F.S. per l’esecuzione della pena di anni quattro e mesi sei di detenzione inflittagli con sentenza definitiva di condanna per il reato di contraffazione di documenti amministrativi.

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione il difensore del P., chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

– la violazione dell’art. 705 c.p.p., comma 1, lett. a) e b), e dell’art. 3 del secondo Protocollo della Convenzione Europea di estradizione, in quanto nel procedimento penale celebrato in Romania non sarebbe stato rispettato il diritto di difesa, per carenza di prova sulla regolarità della contumacia, e il diritto al contraddittorio, non avendo il giudice assunto alcun teste, ma essendosi basato sulla sola esposizione dei fatti da parte del Pubblico ministero.

– la violazione dell’art. 705 cod. proc. pen., in relazione alla L. n. 69 del 2005, in quanto doveva essere applicata la legge sul mandato di arresto Europeo e rifiutata la consegna, in quanto l’estradando è residente in Italia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Manifestamente infondato è il primo motivo di annullamento.

Va osservato che il P. ha impugnato con l’appello la sentenza di condanna della Pretura di Sibiu, emessa nella sua contumacia. Nel giudizio di impugnazione, il P. ha partecipato personalmente al processo, non avanzando alcuna richiesta quanto alle prove da assumersi a sostegno del gravame.

La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha più volte affermato che non viola i principi dell’equo processo l’utilizzazione probatoria di deposizioni rese nella fase delle indagini preliminari, purchè l’imputato abbia avuto occasione adeguata e sufficiente di contestare dette deposizioni, nel momento in cui sono state rese o in seguito (Corte e.d.u., 18/05/2010, ric. Ogaristi c. Italia, 58). Nella specie, l’imputato non si è avvalso di tale facoltà, accettando il valore probatorio degli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari e rinunciando quindi alla garanzia del contraddittorio.

3. Quanto alla seconda censura, deve premettersi che questa Corte ha ritenuto non manifestamente infondata, con riferimento all’art. 3 Cost., art. 27 Cost., comma 3 e art. 117 Cost., comma 1, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 705 c.p.p., nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna e la conseguente possibilità di scontare la pena in Italia, in favore del condannato, cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea, residente o dimorante nel nostro territorio ed ivi stabilmente radicato, per il quale sia stata attivata l’ordinaria procedura di estradizione, e non quella della consegna sulla base di un mandato d’arresto Europeo, in ragione dell’epoca del commesso reato, antecedente alla data del 7 agosto 2002 (sì da escludere l’operatività della condizione ostativa alla consegna prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r)) (Sez. 6, n. 5580 de. 26/01/2011, Stepanescu Rv.

249231).

Peraltro, il presupposto per la rilevanza della suddetta questione resta pur sempre la allegazione da parte dell’estradando dell’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo nello Stato, dimostrando di aver ivi istituito con continuità temporale e sufficiente stabilità territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici.

Sul punto, il ricorrente, che ha, tra l’altro, sollevato la questione solo in questa sede, si è limitato a prospettare la sua condizione di residente senza tuttavia allegare i necessari elementi dimostrativi. Il motivo, per la sua genericità deve ritenersi quindi inammissibile.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1000. La cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per agli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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