Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-04-2012, n. 6151 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato l’1 aprile 1996 il sig. P. A. conveniva dinanzi al Tribunale di Catanzaro l’Istituto autonomo case popolari della provincia di Catanzaro – più tardi Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica – ATERP – per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni da inadempimento di un contratto di appalto avente ad oggetto il restauro di un fabbricato con 16 alloggi ubicato in (OMISSIS).

Costituitosi ritualmente, l’IACP eccepiva in via pregiudiziale l’inammissibilità della domanda per carenza di capacità processuale L. Fall., ex art. 43, dal momento che il P. era stato dichiarato fallito nel 1991, e l’inammissibilità della domanda proposta prima dell’approvazione del collaudo, in violazione dell’art. 44 del Capitolato generale delle opere pubbliche. Nel merito, negava l’inadempimento e assumeva che il saldo di L. 45 milioni sarebbe stato corrisposto all’esito del collaudo.

Con sentenza 30 maggio 2001 il Tribunale di Catanzaro, in accoglimento parziale della domanda, condannava l’Aterp al pagamento della somma di L. 45 milioni, oltre rivalutazione ed interessi legali e con compensazione integrale delle spese di giudizio.

Sui gravami hinc et inde proposti, la Corte d’appello di Catanzaro, dopo l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, rigettava l’appello principale e in accoglimento parziale di quello incidentale disponeva la decorrenza degli interessi ex artt. 35 e 36 del Capitolato generale di appalto delle opere pubbliche a decorrere dal termine previsto dalla L. n. 741 del 1981, art. 5. Compensava nella misura di un terzo le spese del doppio grado di giudizio, condannando il P. alla rifusione della rimanente frazione. Motivava – che, contrariamente a quanto dedotto dall’impresa, il rifacimento del tetto rientrava nell’oggetto originario del contratto di appalto per il corrispettivo ivi previsto e quindi appariva infondata la pretesa ad una maggiorazione di prezzo ed alla considerazione del prolungamento del tempo dei lavori derivatone, essendo stato, per contro, l’appaltatore a proporre una diversa soluzione tecnica;

– che era stata omessa l’iscrizione di riserve nel verbale di sospensione dei lavori e in quello di ripresa degli stessi per i costi derivati dalla consegna parziale e ritardata dei lavori; onde, l’impresa era decaduta dal diritto di percepire le somme rivendicate a tale titolo ed era quindi infondata la domanda di danni da inadempimento del contratto;

– che le differenze di calcolo riscontrate nella consulenza tecnica d’ufficio in ordine al saldo, accertato dal Tribunale di Catanzaro in L. 45 milioni, non erano state oggetto di specifica impugnazione.

Avverso la sentenza, non notificata, il sig. P. proponeva ricorso per cassazione, affidato ai motivi e notificato il 3 agosto 2010.

Deduceva:

1) la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla modifica unilaterale del contratto in relazione al numero degli appartamenti previsti;

2) la violazione degli artt. 1218 e 1375 cod. civ., L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 31, L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, del R.D. n. 350 del 1895, artt. 53, 54 e 64, L. 20 marzo 1865, art. 338, allegato F), nonchè la carenza di motivazione in ordine all’omesso accertamento dell’inadempimento dell’Aterp di conseguire la concessione edilizia relativa i lavori appaltati;

3) la violazione di legge e la carenza di motivazione sul mancato rilievo della irregolare tenuta del registro di contabilità;

4) la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. sulla irregolare tenuta del registro di contabilità e sulla mancata esibizione all’appaltatore per l’appostazione delle riserve;

5) la violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ, del R.D. n. 350 del 1895, art. 22 e segg. nonchè la carenza di motivazione nel mancato accertamento dell’inadempienza dell’ente committente relativa all’imposizione di lavori fuori contratto;

6) la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. Civ.;

7) l’omessa pronunzia sul nesso di causalità tra l’inadempimento dell’Aterp ed il fallimento dell’impresa P.;

7 bis) (numerato così, nel ricorso) l’omessa pronunzia sul punto decisivo riguardante il nesso di causalità tra l’inadempimento e il fallimento;

8) la carenza e illogicità della motivazione sulla legittimità della delibera di esecuzione di ufficio dei lavori assunta dall’Aterp;

9) l’omessa pronunzia sull’illegittimità della delibera di esecuzione di ufficio dei lavori;

10) (numerato 8, in ricorso) la violazione degli artt. 163 e 342 cod. proc. Civ..

Resisteva con controricorso l’Aterp. All’udienza del 28 febbraio 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla modifica unilaterale del contratto.

Il motivo è inammissibile, concernendo un accertamento di fatto dell’oggetto del contratto, identificato nel risanamento del fabbricato con 16 alloggi sito in via (OMISSIS), indicata nell’atto di citazione, era una strada traversa.

Nè vi è alcun indizio che la diversa precisazione toponomastica abbia comportato addirittura una modificazione dell’oggetto dell’appalto ad opera del giudice.

Con il secondo motivo si censura la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine all’omesso accertamento dell’inadempimento dell’Aterp di acquisire la concessione edilizia.

Il motivo è infondato.

L’iscrizione tempestiva delle riserve da parte dell’appaltatore nel registro di contabilità costituisce presupposto del riconoscimento dei maggiori compensi pretesi o del ristoro di pregiudizi derivanti dalla sospensione lavori. Del resto, il ritardo nella consegna dei lavori a causa della omessa acquisizione della concessione edilizia e del mancato sgombero degli alloggi giustificava, eventualmente, il recesso dell’appaltatore; laddove la scelta di dar corso all’esecuzione del contratto rendeva necessaria l’iscrizione delle riserve sulle voci di danno imputate alla committente: riserve, che inizialmente formulate non sono poi state inserite nel registro di contabilità, ai sensi degli artt. 54 e 89 del Regolamento n. 350/1895, nè nei verbali di sospensione e ripresa dei lavori. Sul punto, la sentenza impugnata appare quindi immune dai vizi denunziati di violazione di legge e carenza di motivazione.

Le residue argomentazioni appaiono volte a prospettare una diversa interpretazione delle risultanze probatorie, aventi natura di merito, come tali inammissibili in questa sede.

Il terzo ed il quarto motivo, relativi all’omesso rilievo della irregolare tenuta del registro di contabilità, sono infondati.

Al riguardo, tutte te contestazioni perdono di rilevanza di fronte all’accertamento conclusivo operato dalla corte territoriale secondo cui il registro di contabilità risultava firmato senza riserve dall’impresa P. e, con riserva generica, dal curatore fallimentare, senz’alcuna successiva esplicitazione. Ne consegue che le pregresse carenze documentali, eventualmente addebitabili all’ente committente ed alfa direzione dei lavori, risultano superate dall’omissione delle riserve conclusive,nè possono essere oggetto di autonoma domanda di accertamento, priva di pertinenza causale con la pretesa risarcitoria.

Con il quinto e sesto motivo il ricorrente denunzia la violazione di legge e la carenza di motivazione nel mancato accertamento dell’inadempienza dell’ente committente relativa ai lavori fuori contratto.

Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione delle risultanze istruttorie, avente natura di merito, che non può trovare ingresso in questa sede, con un richiamo a documenti ed atti processuali chiaramente volta a prospettare un riesame del decisum al di fuori dei limiti della logicità della motivazione. La corte territoriale ha escluso, in conformità con la relazione del consulente tecnico d’ufficio, che vi sia stata imposizione di nuovi lavori da parte della committente Aterp; pervenendo anzi all’opposta convinzione che fosse stato l’appaltatore a proporre una diversa soluzione tecnica: e tale statuizione, non appare infirmata da vizi logici o contraddizioni nell’iter argomentativo, del resto ancorato agli accertamenti dell’ausiliario del giudice.

Esula, dunque, dal giudizio di legittimità il sindacato di tali conclusioni, tramite l’esame diretto di elementi di prova già apprezzati dal giudice di merito.

I due successivi motivi – rubricati 7 e 7 bis – con cui si lamenta l’omessa pronunzia sul nesso di causalità tra l’inadempimento dell’Aterp ed il fallimento dell’impresa P. sono infondati.

L’esclusione dell’inadempimento colpevole dell’Aterp immune, come detto, da violazione di legge e vizi di motivazione – è stata ritenuta, correttamente, preclusiva ed assorbente della domanda di danni da fallimento. Nè è ravvisabile, già in astratto, un nesso di causalità tra il ritardo nel pagamento della somma di L. 45 milioni, che l’ente committente intendeva versare all’esito del collaudo, ritardato per sua colpa, e l’insolvenza dell’impresa. E’ evidente infatti che, nell’esecuzione di un appalto, l’impresa non può far conto esclusivo sul pagamento puntuale del corrispettivo;

ma, deve essere dotata di un’organizzazione propria e di un’adeguata capitalizzazione: senza di che verrebbe meno la stessa gestione con proprio rischio, propria della natura imprenditoriale presupposta dal contratto di appalto ( art. 1655 cod. civ.).

Per il resto, il ricorrente introduce ancora una volta delle valutazioni di merito, sostenute con richiami ad atti istruttori che questa corte non può esaminare direttamente.

Con gli ultimi tre motivi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, il P. deduce la carenza e illogicità della motivazione sulla legittimità della delibera di esecuzione di ufficio dei lavori assunta dall’Aterp. Anche questo motivo è infondato.

Premesso che l’interpretazione della domanda appartiene al giudice di merito ed è sindacabile solo per vizio di motivazione, si osserva come la corte d’appello di Catanzaro abbia ritenuto estranea al thema decidendum la questione dell’illegittimità della deliberazione 28 luglio 1989 dell’Istituto Autonomo Case Popolari che aveva disposto l’esecuzione d’ufficio dei lavori. Tale affermazione è sorretta dal rilievo che l’atto di citazione conteneva la mera enunciazione di violazioni del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, senza alcuna specifica opposizione alla procedura ex art. 28 R.D. citato. Al riguardo, a parte il rilievo che nelle conclusioni rassegnate in grado d’appello dell’impresa e riportate nella premessa della sentenza non vi è cenno esplicito alla predetta questione, non vi è margine per la reinterpretazione della domanda, una volta esclusa l’illogicità della valutazione della corte territoriale.

Il ricorso è dunque infondato e va respinto; con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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