Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 27-10-2011, n. 38951

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 19.1.2011 il GIP del Tribunale di Aosta applicava, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle contestate aggravanti e ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art. 444 c.p.p. di anni 3 di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa a D.V.M. e di anni 3, mesi 10 di reclusione ed Euro 7.000,00 di multa a B.S.M.K. per il reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8, art. 4, n. 7 ascritto.

Propone ricorso B.S.M.K., denunciando, con il primo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 34 e 444 c.p.p., essendo il GIP, che già si era pronunciato sulla condotta dell’imputato in sede cautelare, incompatibile e quindi tenuto ad astenersi. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione del disposto di cui all’art. 129 cpv. c.p.p. ed alla quantificazione ella pena. Ricorre, a sua volta, per cassazione D.V.M., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica ed in relazione al mancato proscioglimento ex art. 129 cpv. c.p.p..

Denuncia, altresì, la erronea applicazione delle norme in materia di confisca e sequestro.

2) I ricorsi sono manifestamente infondati.

2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e (a congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art. 129 cpv. c.p.p. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 c.p.p., l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perchè essi sono coperti dal patteggiamento.

Il patteggiamento comporta altresì la rinuncia a far valere eccezioni e difese di natura sostanziale (nei limiti dell’art. 129 c.p.p.) e processuale (nei limiti dell’art. 179 c.p.p.) salvo che si tratti i eccezioni attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso prestato (cfr. Cass. sez. 4 n. 16832 dell’11.4.2008; conf.

Cass. sez. 6 n. 32391 del 25.6.2003; Cass. Sez. 2, n.6383 del 29.1.2008).

Non è deducibile pertanto la violazione dell’art. 34 c.p.p.. A parte il fatto che l’imputato avrebbe potuto procedere alla ricusazione del giudice che, trovandosi eventualmente in una situazione di incompatibilità, non si fosse astenuto.

2.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cpv. c.p.p., questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione "soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p." (ex multis sez. un. 27.3.1992 – Di Benedetto; sez. un. 27.9.1995 n. 18 – Serafino).

Il GIP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i presupposti per applicare l’art. 129 c.p.p..

2.3) In ordine alla lamentata omessa motivazione sulla congruità della pena, secondo la giurisprudenza di questa Corte "In mancanza di elementi macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all’art. 27 Cost., comma 3, può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorchè risulti dal contesto dell’intera decisine che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi che possono assumere rilevanza determinante, come le circostanze del reato e la condizione personale dell’imputato" (cfr. Cass. sez. 6, ord. n.549 dell’11.2.1994). Sicchè "Nella motivazione della sentenza applicativa della pena richiesta dalle parti appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei limiti di legge inderogabili, è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del giudice di tale rilevante elemento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la valutazione favorevole operata ai fini dell’art. 27 Cost., comma 3" (Coss. sez. 1, n.1878 del 28.3.1995).

Il GIP ha effettuato il controllo richiesto ed ha ritenuto congrua la pena concordata tra le parti anche ai fini di quanto previsto dall’art. 27 Cost..

2.4) Infine, secondo la giurisprudenza di questa Corte "In tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuta in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità "(ex plurimis Cass.pen. sez. 4 n.10692 dell’11.3.2010; sez.6 n.45688 del 20.11.2008; sez.3 n.44278 del 23.10.2007).

2.5) Quanto al secondo motivo di ricorso del D., va ricordato che a seguito della modifica dell’art. 445 c.p.p. (con la L. 12 giugno 2003, n. 134, art. 1, comma lett. a) è stata prevista la confisca in tutte le ipotesi di cui all’art. 240 c.p. e quindi sia in caso di confisca obbligatoria che di confisca facoltativa.

La confisca rimane, però, una eccezione, non essendo consentita l’applicazione di tutte le altre misure di sicurezza con la sentenza ex art. 444 c.p.. Conseguentemente per stabilire se la confisca debba ritenersi come obbligatoria o come facoltativa bisogna tener conto del disposto dell’art. 240 c.p. cui rinvia l’art. 445 c.p. (a meno che l’obbligatorietà non sia prevista espressamente da qualche norma speciale). Sicchè, mentre delle cose che costituiscono il prezzo del reato e di quelle "oggettivamente criminose" è sempre ordinata la confisca, per le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e per le cose che ne sono il prodotto o il profitto è prevista la confisca facoltativa e solo in caso di condanna.

Tanto premesso, il GIP ha evidenziato che andava disposta la confisco (come richiesto dal P.M. e senza alcuna opposizione della difesa), costituendo "le altre cose in sequestro corpo di reato o comunque destinate a commettere il reato". La doglianza del ricorrente è, invece, assolutamente generica, essendosi egli limitato od affermare che "la confisca e distruzione non trovano ragion d’essere. Analogo discorso vale per quel che concerne la trasformazione in sequestro conservato delle somme di denaro". 2.6) I ricorsi debbono, quindi, essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpo nello determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in Euro 1.500,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.500,00 ciascuno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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