Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-04-2012, n. 6145

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – La Corte di appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione con cui il Tribunale di Pistoia aveva condannato il Comune di Agliana al pagamento in favore di M.N., cui era successivamente subentrato l’erede B. G., al pagamento della somma di L. 42.000.000, a titolo di risarcimento dei danni conseguenti all’occupazione usurpativa di un terreno per la realizzazione di un tratto di strada per il collegamento viario fra la zona PIP, denominata Carabattole, e la preesistente Via Piave.

Veniva osservato, per quanto qui ancora rileva, che l’area – sulla base delle previsioni del PRG -non era edificabile, non essendolo stata nè prima, nè dopo la scadenza della temporanea destinazione a P.I.P. (Piano per gli investimenti produttivi).

Si rigettava l’appello proposto in via incidentale da parte del Comune, che aveva invocato l’applicazione dei criteri riduttivi di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, rilevandosi, a tal fine, che la perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, determinava una situazione di assoluta carenza di potere, tale da imporre, in presenza di occupazione c.d. "usurpativa" il risarcimento integrale del pregiudizio.

Veniva altresì formulato un giudizio di congruità in relazione alla stima del danno compiuta dal Tribunale, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il B., deducendo due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Agliana.

Le parti hanno prodotto memorie illustrative.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’esclusione della natura edificatoria del suolo. Si sostiene che la Corte di appello, pur avendo ritenuto che si dovesse procedere alla liquidazione integrale del pregiudizio subito, non aveva considerato che l’area ablata era inserita all’interno di una zona destinata a Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.), e che la scadenza dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, se determina la totale illegittimità dell’occupazione, non influisce sulla natura del fondo, destinato alla realizzazione di un’opera pubblica.

2.1 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., nonchè illogicità e contraddittorietà della motivazione, osservandosi che, a fronte della necessità di disporre, in presenza di un’occupazione usurpativa, il risarcimento integrale, il riferimento alla nozione di edificabilità legale (applicabile nelle sole ipotesi previste dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis) non sarebbe stato pertinente.

3 – Il primo motivo è palesemente infondato, in quanto postula una sorta di ultrattività in bonam partem della dichiarazione di pubblica utilità, ormai inefficace, che contrasta con i principi che regolano, anche con riferimento agli aspetti di natura cronologica, la ricognizione giuridica dell’area ablata.

Come emerge dalla motivazione della decisione impugnata, sul punto non contestata, l’illiceità dell’occupazione è stata individuata nella intervenuta scadenza del piano decennale – cui la norma attribuisce "valore di piano particolareggiato di esecuzione", con conseguente inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità che la legge urbanistica (art. 16) collega all’approvazione del piano particolareggiato.

Il piano per insediamenti produttivi (p.i.p.) strumento urbanistico di natura attuativa introdotto dalla L. n. 865 del 1971, art. 27 e la cui funzione è quella di incentivare le imprese offrendo ad un prezzo politico le aree occorrenti per il loro impianto e la loro espansione (C. St. 5^, sez. 5.7.95 n. 539) – "ha efficacia per dieci anni dalla data di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150 e succ. mod.". Nessuna norma prevede, alla scadenza, la proroga del suddetto periodo. Trascorsi dieci anni e venuta meno l’efficacia del piano, l’Amministrazione può solo valutare l’opportunità di predisporre un nuovo strumento con conseguente rinnovazione della scelta pianificatoria attuativa rimasta inattuata (C. St. 4^ sez. 2.3.95 n. 128), e, conseguentemente, la dichiarazione di pubblica utilità correlata al piano medesimo viene caducata, con la conseguenza che l’occupazione si verifica in assenza di potere espropriativo in capo all’ente territoriale (cfr. Cass., 24 febbraio 1999, n. 1602).

3.2 – Tanto premesso, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che nell’ipotesi di illecito comune da parte della pubblica amministrazione, consistente nella occupazione e trasformazione di immobili privati pur in assenza di una causa di dichiarazione di pubblica utilità (c.d. occupazione usurpativa), il danno cagionato da tale complessiva condotta è unico, e va commisurato al valore del bene al tempo della definitiva trasformazione (Cass., 18 febbraio 2000, n. 1814; Cass., 16 maggio 2003, n. 7643, in motivazione).

La corte territoriale si è attenuta correttamente a tale principio, rilevando, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, nonchè alla stregua dei certificati di destinazione urbanistica, che l’area in questione non era mai stata edificabile, nè prima, nè dopo l’adozione del piano regolatore in vigore, non potendo "tenersi conto della temporanea destinazione a PIP, essendo il relativo vincolo scaduto già al tempo dell’accessione invertita" (recte: dell’irreversibile trasformazione del fondo).

4 – Deve altresì rilevarsi l’infondatezza del secondo motivo, del tutto contrastante con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, non potendosi prescindere, nell’ipotesi di occupazione usurpativa, dall’esigenza di attuare un pieno ristoro, ai sensi degli artt. 2043 e 2058 c.c., del pregiudizio arrecato al proprietario dall’apprensione del bene "sine titulo", deve ricorrersi al valore di mercato dell’area in ragione dell’utilizzazione economica di essa secondo la vigente disciplina urbanistica, ragion per cui uno dei termini da mediare nel calcolo è costituito, per l’appunto, dalle possibilità legali ed effettive di edificazione (Cass., 9 giugno 2006, n. 13477; Cass., 5 dicembre 2002, n. 17252). In particolare, è stato già rilevato che la tesi secondo cui in fattispecie di occupazione c.d. usurpativa dovrebbe farsi riferimento, al fine della riparazione del pregiudizio subito dal proprietario (che abbia optato per l’azione risarcitoria), alla edificabilità di fatto, pure se in contrasto con le previsioni del vigente piano relatore generale non è condivisibile, in quanto "la valutazione del mercato si fonda, innanzitutto, sul criterio della edificabilità legale, sulle facoltà – cioè – di utilizzazione economica dell’area date al proprietario dalla disciplina che il piano regolare generale detta per le differenziate zone territoriali omogenee, così conformando il contenuto del diritto di proprietà sui suoli (non potendo il subito pregiudizio essere apprezzato con riguardo ad una utilizzazione del bene vietata al proprietario e che costituisce perciò un illecito perfino penalmente sanzionato)".

Anche con riferimento a tale aspetto, la corte territoriale ha applicato il principio affermato da questa Corte, come sopra precisato, fornendo al riguardo adeguata, ancorchè sintetica motivazione.

5 – Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *