Cass. civ. Sez. II, Sent., 19-04-2012, n. 6138

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 18.12.97 C.M.G., C.A. nonchè, nella qualità di eredi di C.G., P. H.T., Ce.Al., C.O., C. I. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Chiavari, R.B. chiedendo che: a) fosse dichiarata la proprietà in capo ad essi attori degli immobili in (OMISSIS), essendo essi eredi della defunta B.A., a sua volta unica erede di B.D.N., deceduto in (OMISSIS) il (OMISSIS) e proprietario di detti beni;

b) fosse dichiarata nulla la scrittura privata 1.11.75 in virtù della quale il R. affermava di avere acquistato i suddetti beni da Co.Gi., procuratore del B. in forza di procura 25,7.75, prodotta in giudizio dagli attori.

Il R., costituitosi, in via riconvenzionale, chiedeva che, accertata la validità della scrittura di vendita 1.11.75, fosse emessa sentenza costitutiva, ex art. 2932 c.c., di trasferimento, in proprio favore, di detti immobili, offrendo in pagamento il residuo prezzo.

Con sentenza 15.7.1999 il Tribunale di Chiavari, ritenuta invalida, per indeterminatezza dell’oggetto, la procura 25.7.75, accoglieva la domanda degli attori dichiarandoli proprietari dei beni del de cuius:

Tale sentenza, appellata dal R., veniva riformata dalla Corte di Appello di Genova che, ritenuta la validità sia di detta procura che della vendita, con sentenza 10.8.02, dichiarava il R. proprietario degli immobili oggetto di causa e condannava gli appellati al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

Contro la sentenza i soccombenti proponevano ricorso per cassazione cui resisteva il R..

La Corte di Cassazione, con decisione n. 11391/2006, accogliendo i primi due motivi di ricorso e dichiarato assorbito il terzo, cassava la sentenza di appello rinviando ad altra sezione della Corte di appello di Genova anche per le spese del giudizio di cassazione.

La Corte di legittimità rilevava che il giudice di appello, con la sentenza annullataci era limitato ad affermare apoditticamente che la procura proveniva sicuramente dal B., omettendo di esaminare la questione relativa alla idoneità della scrittura privata, in quanto non autenticata, "a provare il conferimento al C. di un valido mandato a vendere i beni del B.".

Riassunto il giudizio innanzi alla Corte territoriale, con sentenza depositata il 21.1.2010, la Corte d’Appello di Genova, decidendo in sede di rinvio, accoglieva la domanda di C.M.G. ed altri, confermando la sentenza di primo grado e dichiarando gli attori proprietari, per quote indivise, degli immobili in questione, siti in (OMISSIS); condannava il R. al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di appello concluso con la sentenza cassata, al giudizio di cassazione ed al giudizio di rinvio.

Rilevavano i giudici di rinvio "l’incertezza in relazione ai beni per i quali venivano conferiti al C. i poteri, quindi, la indeterminabilità dell’oggetto, che inficia la validità della procura sia generale, sia, evidentemente speciale, ove si potesse prospettare tale natura; alla indeterminabilità dell’oggetto ben aderisce la stessa indicazione contenuta nella scrittura "Stando la procura generale a suo nome in Tramite" che ulteriormente chiarisce la posizione del C., di soggetto incaricato in una fase prodromica ed in vista di una successiva compiuta formalizzazione dei poteri rappresentativi".

Per la cassazione di tale sentenza il R. propone ricorso affidato a tre motivi illustrati da successiva memoria.

Resistono con controricorso C.M.G., C. A. e, nella qualità di eredi di C.G., P. H.T., Ce.Al., C.O., C. I..

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1324 c.c. – art. 1362 c.c., commi 1 e 2 e artt. 1363 – 1365 e 1369 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 3; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

il giudice di rinvio, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, aveva affermato, contraddittoriamente, che la qualificazione della scrittura 25.7.75, come "procura generale", facesse parte del thema decidendum, non considerando che nè parte attrice nè il R., nel giudizio di primo grado, avevano contestato detta qualifica, riguardando il punto controverso fra le parti la validità della procura stessa per difetto della forma prescritta;

2) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

violazione e falsa applicazione dell’art. 1324 c.c., dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2; artt. 1363, 1365, 1367 e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; la sentenza rescindente aveva demandato al giudice di rinvio di decidere se la scrittura 25.7.75 integrasse una "procura generale" ovvero una "procura speciale", sancendo incontestabilmente che tale scrittura costituisse una procura; la Corte di rinvio aveva, invece, messo in dubbio tale qualificazione ed, incorrendo nel vizio di omessa motivazione, si era limitata ad escludere, con motivazione apparente, la qualificazione della scrittura come procura generale sulla base del "collegamento che la S.C. ha messo in evidenza tra la previsione di una successiva procura generale ed il riferimento agli interessi economici in Italia"; in particolare, il giudice di rinvio aveva considerato il C. "un soggetto incaricato di una fase prodromica ed in vista di una successiva compiuta formalizzazione dei poteri rappresentativi", omettendo di ricorrere al criterio interpretativo letterale e poi a quello di cui all’art. 1367 c.c. (secondo cui "nel dubbio il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anzichè in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno"), ritenendo, immotivatamente, che la indeterminabilità dell’oggetto inficiava la validità sia della procura generale che "eventualmente, speciale, ove si potesse prospettare tale natura";

3) in via subordinata a detti motivi, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1398 e 1367 c.c.; degli artt. 115 e 116 c.p.c.; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, non avendo il giudice di rinvio considerato la ricorrenza, nel caso in esame, sulla base delle prove documentali, di "un’ipotesi di rappresentanza senza potere, per la quale gli effetti del negozio stipulato non possono non ricadere sol soggetto apparentemente rappresentato";

4) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed, inoltre, degli artt. 214 e 215 c.p.c., avendo il giudice di rinvio aveva violato le norme generali in materia di riconoscimento/disconoscimento di scrittura privata; sarebbe spettato al convenuto R. disconoscere la procura, scrittura a firma B.D. prodotta dagli attori C., dovendosi ritenere che gli stessi, con la produzione della procura, avessero abdicato alla facoltà disconoscerla;

peraltro,l’accertamento della data certa della procura, ex art. 2704 c.c., valeva nei confronti dei terzi ma non, come nel caso in esame, nei confronti delle parti e/o dei loro eredi.

Il ricorso è infondato.

La prima censura è infondata, posto che la S.C., con la sentenza n. 11391/2006, ha cassato la sentenza di appello 10.8.2002, non avendo la stessa indicato alcuna effettiva ragione a sostegno del convincimento che la procura proveniva "sicuramente" dal B. ed il giudice di rinvio ha correttamente affermato che la sentenza della cassazione rendeva inammissibili od irrilevanti le deduzioni fatte valere dal convenuto sul mancato disconoscimento della sottoscrizione della procura e che la deduzione, da parte degli attori, in ordine all’incertezza conseguente alla mancata autenticazione della procura, soddisfaceva le condizioni dell’art. 214 c.p.c., comma 2 (pg. 7 sent. imp.). Tale motivazione è aderente alla giurisprudenza della S.C. che, in materia di disconoscimento di scrittura privata, ha affermato che non si richiedono formule sacramentali, essendo sufficiente che venga contestata l’autenticità della scrittura nella sua interezza o limitatamente alla sottoscrizione (Cass. n. 9543/2002).

La seconda doglianza è pure infondata in quanto attiene ad un apprezzamento insindacabile relativo agli argomenti evidenziati dalla Corte di cassazione e, quanto alla ritenuta indeterminatezza dell’oggetto della procura, attinge a valutazioni di merito (la sentenza ha affermato che l’incertezza in relazione ai beni per i quali venivano conferiti i poteri rappresentativi comportava una indeterminabilità dell’oggetto che inficiava la validità sia di una procura generale che di una procura speciale);

in realtà, applicando l’art. 1708 c.c., la procura generale non è nulla per indeterminabilità dell’oggetto, ma implica che la stessa non si estende agli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione non espressamente indicati (Cfr. Cass. n. 461/1964). L’art. 1708 cpv. c.c. dispone che "Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente", intendendo con il termine "espressamente" non già che occorre una indicazione speciale degli atti compresi nel mandato, ma che è sufficiente che sia espressamente attribuita al mandatario la potestà di compiere gli atti del mandato designati nella loro natura, non compresi nei limiti di un’ordinaria amministrazione, per cui basta la menzione, nel mandato generale, del tipo di negozio che il mandatario è autorizzato a concludere, senza necessità di ulteriore specificazione (V. Cass. n. 1011/61; n. 64/461; n. 2800/50).

Quanto al motivo sub 3) è sufficiente osservare che trattasi di questione nuova, non prospettata in appello e, come tale, inammissibile.

In relazione alla doglianza sub 4) valgono le ragioni per le quali è stata rilevata l’infondatezza del motivo sub 1). Per le considerazioni svolte il ricorso va rigettato.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti, delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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