Cass. civ. Sez. II, Sent., 19-04-2012, n. 6135 Difformità e vizi dell’opera

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notif. in data 15.10.2003 la srl BRASOLIN Auto conveniva in giudizio avanti a tribunale di Bolzano la srl Impresa Costruzioni LAZZAROTTO e l’arch. M.F., deducendo che questi ultimi, nelle loro qualità,rispettivamente, di appaltatore e progettista – direttore dei lavori, dovevano ritenersi responsabili dei gravi difetti, manifestatisi immediatamente dopo la consegna, sull’edificio ad uso commerciale da essi realizzato nelle rispettive qualità in (OMISSIS), su incarico affidato da essa attrice nel 1991 e con lavori conclusi nel 1994. Precisava che all’uopo era stato esperito in precedenza un accertamento tecnico preventivo, reso necessario dopo che la Lazzarotto ed il M. avevano lungamente tentato inutilmente di ovviare ai lamentati inconvenienti della costruzione con vari interventi non risolutivi al punto che il 15.4.2002 si era verificato il totale allagamento dell’edificio; e che tali difetti consistevano in gravi infiltrazioni meteoriche ed in ulteriori gravi vizi tali da pregiudicare l’utilizzo dell’immobile; ciò premesso, l’attrice chiedeva la condanna dei convenuti all’esecuzione di tutti gli interventi necessari per l’eliminazione dei difetti in parola ovvero al risarcimento dei danni quantificato in misura di Euro 72.540,00 o altra somma ritenuta di giustizia per l’esecuzione dei lavori stessi.

Si costituivano i convenuti che contestavano la domanda, chiedendo ed ottenendo di convenire in giudizio "tutta una serie di parti chiamate in causa costituite da subappaltatori e di vari istituti assicuratori".

L’adito Tribunale di Bolzano, senza ammissione delle istanze istruttorie delle parti, rigettava la domanda attrice sull’assunto dell’intervenuta prescrizione del diritto di garanzia. Avverso la predetta sentenza proponeva appello la Brasolin Auto srl insistendo nella condanna delle parti convenute e contestando la ritenuta prescrizione dell’azione de qua. Radicatosi il contraddittorio nei confronti delle parti appellate l’adita Corte d’Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, ammetteva prove per testi e disponeva una C.T.U.; quindi, con sentenza n. 127/2009 depos. in data 8.6.2009 rigettava l’appello nei confronti dell’arch. M. ed accoglieva quello proposto contro la Lazzarotto srl, condannando di conseguenza quest’ultima al pagamento in favore della Brasolin Auto srl della somma di Euro 67.336,00, oltre interesse e con rivalutazione, regolando in vario modo le spese processuali. La Corte riteneva non operante l’eccezione di prescrizione per l’avvenuto riconoscimento dei vizi in questione da parte della società appaltatrice, la cui responsabilità era ascrivibile unicamente ad essa, che aveva male eseguito in specie l’opera d’impermeabilizzazione del manufatto. Tale riconoscimento dei vizi non c’era stato però da parte dell’arch. M. in favore del quale dunque la prescrizione doveva ritenersi decorsa.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione srl Impresa Costruzioni LAZZAROTTO sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso la srl BRASOLIN Auto; gli altri intimati non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso l’esponente, denunziando la violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 1668 c.c., sostiene che la corte territoriale abbia deciso ultrapetita direttamente sulla domanda subordinata (tantundem) anzichè su quella principale (risarcimento in forma specifica dei danni).

Il motivo è privo di giuridica consistenza .

Secondo questa S.C.: "..La tutela apprestata al committente dall’art. 1668 c.c., si inquadra nell’ambito della normale responsabilità contrattuale per inadempimento e pertanto, qualora l’appaltatore non provveda direttamente all’eliminazione dei vizi e dei difetti dell’opera, il committente può sempre chiedere il risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla spesa necessaria alla eliminazione dei vizi, senza alcuna necessità del previo esperimento dell’azione di condanna alla esecuzione specifica".

Occorre infatti, tener presente che, come ripetutamente evidenziato da questa Corte "la tutela apprestata al committente dall’art. 1668 c.c. si inquadra nell’ambito della normale responsabilità contrattuale per inadempimento e pertanto, qualora l’appaltatore non provveda direttamente alla eliminazione dei vizi e dei difetti dell’opera, il committente può sempre chiedere il risarcimento del danno nella misura corrispondente alla spesa necessaria alla eliminazione dei vizi, senza alcuna necessità del previo esperimento dell’azione di condanna all’esecuzione specifica" (Cass. Sez. 2, n. 9033 del 19/04/2006; Cass. 2 agosto 2002, n. 11602 e, in tal senso, Cass. 18 aprile 2002, n. 5632).

Corollario di quanto sopra è che nella decisione impugnata non è possibile ravvisare nè la violazione dell’art. 112 c.p.c. nè quella dell’art. 1668 c.c., atteso che il giudicante ha rispettato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato alla luce dell’istruttoria che ha fornito la prova del danno subito dal committente.

Con il secondo motivo l’esponente denunzia la violazione dell’art. 116 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè vizio di motivazione.

L’esponente censura la sentenza laddove la Corte di merito, andando di contrario avviso del CTU, aveva attribuito unicamente all’impresa Lazzarotto la responsabilità dei vizi riscontrati nella pavimentazione, anzichè – come suggerito dall’ausiliare – con diverse percentuali , anche al Direttore dei lavori ed alla terza chiamata subappaltatrice Tecnopool, ovvero alla stessa committente.

Nè il giudicante aveva esplicitato " ragione alcuna per discostarsi dal predetto accertamento del c.t.u., disponendo che all’Impresa Lazzaretto (dovesse) essere addebitato l’intero risarcimento per i danni alla pavimentazione della terrazza (equivalenti a costi di ripristino, per complessivi Euro 60.144,70), nonostante l’ing. A. (il CTU) (avesse) accertato che la relativa responsabilità dev’essere attribuita non alla sola Impresa Lazzarotto, ma a tre soggetti (la stessa Lazzarotto, l’arch.

M. e la Techopool) in misura fra loro paritaria (un terzo per ciascuno, in sostanza)".

Con il terzo motivo l’esponente denunzia la violazione dell’art. 116 c.p.c. nonchè vizio di motivazione. La censura si riferisce all’affermata "concorrente responsabilità nella misura del 62% della stessa Brasolin Auto srl, con riferimento al degrado della pavimentazione della terrazza, sì da condurre il c.t.u. a decurtare del 62% la posta risarcitoria, attribuendo tale percentuale alla stessa danneggiata Brasolin Auto per vetustà dell’immobile, lavori di miglioria e scarsa manutenzione". Invero la Corte distrettuale si era limitata a bollare come "insufficientemente argomentato" e "francamente illogico" l’assunto del CTU, "con ciò omettendo qualsivoglia motivazione contraria, non avendo dato conto del perchè le considerazioni del perito sarebbero insufficientemente argomentate e francamente illogiche, senza dunque proporre alcuna diversa interpretazione dei dati tecnici acquisiti ed esposti dal c.t.u. e senza spiegare perchè vi sarebbe incongruenza nel suo accertamento sul punto".

Entrambe le doglianze – congiuntamente esaminate stante la loro connessione – non hanno fondamento alcuno, atteso che le denunciate violazioni di legge ed i vizi di motivazione si risolvono in mere questioni di merito, inammissibili in sede di legittimità, stante la corretta motivazione di cui è corredata la sentenza impugnata. E’ noto peraltro che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento (Cass. n. 14279 del 25/09/2003; Cass. n. 1936 de 29.9.2004; Cass. 6975/2001; Cass. n. 4916/200; Cass. 17486/2002; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 5328 del 8.3.2007). Nella fattispecie la Corte distrettuale, contrariamente a quanto sostenuto dall’esponente, ha adeguatamente motivata e giustificata la propria mancata adesione alla tesi suggerita dal CTU, ritenendo il relativo assunto "insufficientemente argomentato …e francamente illogico". In effetti, premesso che il quesito sottoposto al CTU non prevedeva affatto di stabilire alcuna graduazione delle colpe tra le parti convenute, nei cui confronti l’attrice aveva formulato solo una condanna solidale per i danni reclamati, la relazione dell’ausiliare (nella parte trascritta nel ricorso) è in sostanza priva di alcuna motivazione proprio in ordine all’asserita corresponsabilità dei soggetti convenuti e della percentuale di responsabilità stabilità nei confronti di ciascuno di essi. A proposito della soc. Techopool si tratta di una subappaltatrice che non aveva avuto alcun rapporto diretto con la committente; quanto al direttore dei lavori non è stata chiarito e precisato dall’ausiliare il suo ruolo e la sua responsabilità nel contesto della vicenda tecnica in esame; peraltro la stessa Corte di merito ha stabilito che l’arch. M., a differenza dell’impresa, non aveva riconosciuto l’esistenza dei vizi, nè si era impegnato ad eliminarli, per cui aveva potuto giovarsi della decorsa prescrizione. Non è chiaro quindi come possa affermarsi la sua responsabilità sia pure concorrente, nella produzione dell’evento dannoso di cui si discute.

In proposito il giudice a quo ha evidenziato che "la descrittiva della cause del fenomeno d’infiltrazione e le opere concordate dalle parti insieme al CTU A., comprovano manifestamente che la sostanziale responsabilità del difetto è da imputarsi a chi ebbe ad eseguire l’opera di impermeabilizzazione e perciò (nei rapporti con la committente….) sicuramente alla società Lazzarotto, la quale ha poi effettivamente provveduto a rimediarvi, con le modalità descritte dall’ A. nella relazione depositata il 4.7.2002".

Circa la questione della riduzione dei danno per "vetusta" e "mancata manutenzione", la Corte ha altresì ritenuto di non poter concordare "….con l’assunto (insufficientemente argomentato del consulente e francamente illogico) secondo cui la mancata manutenzione sarebbe all’origine del vizio: se essa può avere avuto effetto di eventualmente aggravarne le conseguenze, ciò che conta evidenziare e che la mancata manutenzione sarebbe consistita nell’omessa pulizia delle fughe (id est: tagli sul lastrico solare) che sono state realizzate per avviare all’inconveniente delle errate pendenze. E ciò basta per dire quale sia la causa originaria ed esclusiva del vizio, rispetto al quale dunque non è possibile supporre di coinvolgere altri che non l’esecutrice dell’opera. "Del pari illogico – prosegue la Corte – l’argomento per giustificare la riduzione dell’importo a carico della Lazzarotto per la "vetustà" dell’immobile o la "miglioria" di cui si gioverebbe per effetto dell’esecuzione delle opere: la vetustà è in realtà l’effetto del solo ritardato intervento (addebitabile all’inconsistenza dei tentativi di riparazione ed alla successiva resistenza) e le migliorie davvero non s’intende quali sarebbero, se non il ripristino secondo le regole dell’arte, che già si sarebbe dovuto ottenere sin dalla consegna dell’opera finita".

In ordine infine ai quesiti di diritto formulati per ciascuna delle censure che precedono, gli stessi sono privi di specificità e non rispondenti alla funzione ad essi attribuita dalla norma già in vigore (v. Cass. n. 8463 del 7.4.2099).

In conclusione il ricorso dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.400,00, di cui Euro 2.200,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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