Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-10-2011) 27-10-2011, n. 39135

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 29 settembre 2010 e depositata in pari data colla contestuale motivazione, il Tribunale ordinario di Padova, in composizione monocratica, procedendo col rito della applicazione della pena su richiesta, ha applicalo la sanzione concordata allo straniero extracomunitario clandestino A. M., imputato del delitto previsto e punito dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 quinquies.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, personalmente, mediante atto recante la data del 13 ottobre 2010, col quale denunzia ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), vizio di motivazione.

3. – Deve rilevarsi, in limine e ai sensi dell’art. 609 c.p.p., comma 2, in relazione all’art. 129 c.p.p., che il fatto ascritto all’imputato – iure superveniente – non è previsto dalla legge come reato.

Successivamente alla proposizione della impugnazione, il 25 dicembre 2010, essendo infruttuosamente spirato (il giorno precedente) il termine stabilito per l’attuazione e/o per il recepimento, hanno acquisito efficacia diretta nell’ordinamento giuridico interno gli artt. 15 e 16 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

E, in proposito, è, testè sopravvenuto il recentissimo arresto della Corte di giustizia della Unione europea, Sezione 1^, 28 aprile 2011, nel procedimento C-61/11 PPU, sulla pregiudiziale interpretativa circa le disposizioni della suddetta direttiva, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter.

La Corte della Unione ha stabilito: "La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, etc…, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo".

E, conseguentemente, ha affermato che ai giudici penali degli Stati della Unione spetta "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. n. 286 del 1998 contraria ai risultato della direttiva 2008/115", tenendo anche "debito conto del principio della applicazione retroattiva della legge più mite il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri" (p. 61).

La Corte di Kirchberg ha motivato: "gli Stati membri non possono introdurre, alfine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo conformemente all’art. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, solo perchè un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale" (p. 58), in quanto la pena detentiva "segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalità di applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito da detta direttiva, ossia l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare", ostacolando "l’applicazione delle misure di cui all’art. 8, n. 1, della direttiva 2008/115 e ritardando l’esecuzione della decisione di rimpatrio" (p. 59).

Il principio di diritto stabilito dal Giudice della Unione implica la disapplicazione delle norme incriminatrici, contestate ai giudicabili nel presente giudizio e, per l’effetto, impone l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata colla formula "perche il fatto non è previsto dalla legge come reato".

Si tratta, infatti, della formula che, secondo un arresto di questa Corte suprema, si attaglia al caso della inapplicabilità della disposizione penale per effetto della incompatibilità con la "normativa comunitaria", stabilita dalla Corte di giustizia della Unione europea (Sez. 7^, 6 marzo 2008, n. 21579, Boujlaib, massima n. 239960, cui adde in termini: Cass., Sez. 1^, 28 aprile 2011, Trajkovic, e Sez. 1^, 29 aprile 2011, n. 18586, Sterian, massima n. 250233).

Consegue l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

La declaratoria della causa di non punibilità comporta la cessazione della misura cautelare cui l’imputato è sottoposto, con i consequenziali provvedimenti.

P.Q.M.

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Dichiara cessata la misura cautelare della sottoposizione agli obblighi sui l’imputato è sottoposto e manda la cancelleria per la comunicazione al Procuratore generale della Repubblica in sede ai sensi dell’art. 626 c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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