Cass. civ. Sez. II, Sent., 19-04-2012, n. 6130

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 5 novembre 2002 S. F. e R. evocavano, dinanzi al Tribunale di Pinerolo, M.R. e premesso di essere proprietari in (OMISSIS) di un fondo, composto da un fabbricato con minori dipendenze e terreni limitrofi, confinante con quello di proprietà della convenuta, esponevano che la strada di accesso al loro fondo aveva larghezza insufficiente al transito degli automezzi di maggiore ingombro a causa dei muri di recinzione edificati dalla M., mentre il muro di recinzione posto a nord, costruito a linea spezzata, occupava parte del loro terreno; aggiungevano che la costruzione del muro aveva anche determinato un problema riguardo al deflusso delle acque e che la stessa convenuta aveva sopraelevato il tetto del proprio fabbricato in violazione delle norme sulle distanze. Chiedevano, pertanto, che la convenuta fosse condannata a garantire agli attori comodo accesso ai propri fondi con ogni mezzo e che fosse, inoltre, accertato il confine come da loro indicato, anche con l’acquisizione per usucapione della porzione eventualmente contestata, con conseguente condanna della convenuta a demolire il muro, oltre ad eliminare ogni impedimento al naturale deflusso delle acque.

Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della M., la quale assumeva avere costruito il muro nel rispetto del confine stabilito nell’atto costitutivo e comunque spiegava domanda riconvenzionale per ottenere la condanna degli attori ad eliminare le opere da loro illegittimamente realizzate, oltre al risarcimento dei danni, nonchè accertarsi l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà della striscia di terreno a confine e l’inesistenza della servitù di acquedotto a favore del fondo degli S., il Tribunale adito, espletata istruttoria, accoglieva parzialmente la domanda attorea, dichiarando la convenuta tenuta a garantire l’accesso al fondo degli S. della larghezza di mt. 4,00 e per l’effetto la condannava a rimuovere un tratto di muro, oltre ad eliminare l’alterazione delle scolo delle acque.

In virtù di rituale appello interposto dalla M., con il quale lamentava – tra le altre censure – l’avere il giudice di prime cure, pur correttamente rilevando l’assenza di una pattuizione circa la larghezza dell’originaria servitù, incoerentemente ritenuto illegittima la riduzione dell’ampiezza operata con lo spostamento pattuito nel 1985, la Corte di appello di Torino, nella resistenza degli appellati, i quali proponevano appello incidentale relativamente al rigetto della domanda diretta ad eliminare ogni ostacolo al naturale deflusso delle acque meteoriche, alla sopraelevazione del tetto e all’acquisto per usucapione della striscia di terreno, accoglieva l’appello principale, mentre rigettava quello incidentale, e in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado respingeva la domanda degli S. volta ad ottenere la condanna della appellante a garantire loro il comodo accesso ai fondi di loro proprietà.

A sostegno della adottata sentenza la corte distrettuale, per quanto di interesse in questa sede, evidenziava che, sulla base delle iniziali allegazioni di parte attrice, l’oggetto del contendere avrebbe dovuto essere identificato nella comodità dell’accesso concretamente praticato dagli S., a prescindere dal fatto che l’accesso avvenisse in parte sul terreno di altra persona, quello del P., per avere gli appellati lamentato il fatto che la strada non fosse comoda come prima e fosse insufficiente per i mezzi di maggiore ingombro.

In tal senso deponeva la memoria depositata dagli appellati in primo grado il 23.4.2003 circa l’autorizzazione concessa nel 1985 allo spostamento del luogo della servitù fino ad allora esercitata sul cortile della M..

Aggiungeva che il sedime di proprietà del P. pur non essendo gravato di servitù a favore degli S., era comunque adibito a strada e gravato di servitù di passaggio, come da rogito del 16.10.1982, a favore di una serie di fondi, tra i quali quelli della M., per cui l’eventuale opposizione del P. al loro passaggio avrebbe dovuto essere espressamente dedotta a fondamento della domanda proposta e quindi provata.

Concludeva, che, così definito l’oggetto della domanda, il c.t.u. aveva accertato che la carreggiata aveva la larghezza di circa 4 mt e presentava una curva ad angolo quasi retto in corrispondenza del quale la recinzione della proprietà M. risultava smussata;

inoltre aveva verificato che era di comodo accesso per i veicoli leggeri a motore, mentre risultano indispensabili uno o due manovre per il passaggio di autocarri pesanti, vista la presenza della curva;

ma, come emergeva dalla planimetria prodotta dagli stessi appellati, la presenza dell’angolo "quasi retto" sarebbe stata comunque necessaria anche se la costruzione della recinzione ed il conseguente spostamento del luogo della servitù pattuito nel 1985 fossero avvenuti con le modalità da loro oggi pretese.

Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione S.R., che risulta articolato su tre motivi, al quale ha resistito con controricorso la M..

Motivi della decisione

Pregiudizialmente, in rito, occorre rilevare che la mancata partecipazione al giudizio di legittimità di S.F., comproprietario del fondo dominante, già parte nei due giudizi di merito, ove si assume la insufficiente larghezza al transito della strada su cui insiste la servitù di passaggio, non incide sull’integrità del contraddittorio nel successivo procedimento di cassazione. L’azione di manutenzione della servitù descritta dall’art. 1170 c.c. – nella quale s’inscrive la domanda giudiziale degli S., in ragione dell’affermazione di essere proprietari del fondo in cui favore è stata costituita convenzionalmente la servitù di passaggio e di esserne stati in parte spossessati dalla convenuta, che assumeva il rispetto di quanto previsto nella scrittura del 1985 (in modifica di quanto previsto nel rogito del 16.10.1982), può essere utilmente esercitata anche da uno solo dei comproprietari che può recuperare, nell’interesse comune, la cosa, senza la necessità della chiamata in causa di tutti gli altri; così che esula un’ipotesi di litisconsorzio necessario di natura sostanziale (art. 102 c.p.c.) e, di conseguenza, quella del litisconsorzio processuale, della sentenza pronunziata tra più parti in causa inscindibile che, secondo il disposto dell’art. 331 c.p.c., richiede la necessaria presenza nel giudizio dell’impugnazione, attuabile per mezzo dell’ordine d’integrazione del contraddittorio, di tutti i soggetti che nel precedente grado abbiano assunto la veste di parti (in proposito, vedansi anche le pronunzie di questa Corte 5 febbraio 1968 n 370, 24 giugno 1974 n. 1910, 31 gennaio 1983 n. 851, 18 marzo 1986 n. 1841, 9 giugno 1988 n. 3930, 23 febbraio 1999 n. 1505).

Ciò precisato, con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per essersi la corte di merito pronunciata su domanda diversa da quella effettivamente svolta dagli S., i quali hanno posto a fondamento della loro domanda la servitù di passaggio gravante esclusivamente sul fondo della resistente e non già su quello di terzi.

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 184 c.p.c., per avere la corte distrettuale sostenuto la tardività delle deduzioni istruttorie formulate con la memoria ex art. 184 c.p.c..

I primi due motivi di ricorso, da analizzarsi congiuntamente per la connessione dei temi da essi involti, meritano accoglimento.

La corte distrettuale pur avendo dato atto, nell’esaminare i terzo motivo di appello, che gli attori nell’atto di citazione avevano lamentato l’insufficiente larghezza del tracciato viario, ossia del locus servitutis, tant’è che "per riuscire a passare, pur con disagio e rischio, era necessario sconfinare sulla proprietà P.", tuttavia nell’individuare l’oggetto del contendere, riferisce che la lamentata scomodità dell’accesso prescinde dal fatto che detto "accesso avvenisse in parte su terreno di altra persona". Aggiunge, inoltre, la corte distrettuale che l’asserito sconfinamento sarebbe comunque ininfluente ai fini de decidere, in quanto l’opposizione del P., la cui area di fatto asservita, risultava già gravata da servitù di passaggio a favore di altri fondi, non sarebbe stata nè allegata nè provata da parte attrice.

E’ evidente che la conclusione cui giunge la corte di merito scaturisce da un’incongrua interpretazione delle originarie allegazioni attoree, in quanto l’oggetto della domanda non poteva non contenere anche la questione dell’illegittimo spostamento del tracciato viario sul fondo altrui, non chiarito, peraltro, nella decisione impugnata se ai fini della larghezza del tratto di strada asservito in favore del fondo degli S., anche per garantire la comodità di transito, fosse stato considerato anche il sedime di proprietà di P., su cui non risulta costituita alcuna servitù in favore del fondo della ricorrente.

La giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo, Cass. 20 ottobre 2005 n. 20258) afferma costantemente che in materia di servitù di passaggio lo spostamento della servitù da un fondo servente ad altro fondo servente – pur a volerne ammettere la possibilità – presuppone il consenso del proprietario della nuova area, consenso che non può ritenersi implicito per il fatto che il proprietario consenta il passaggio già a taluni, giacchè la servitù di passaggio per diverso titolo è altra cosa, in quanto la creazione di un rapporto intersoggettivo tra il proprietario del fondo dominante e quello della nuova area, pretesa servente, ovvero del rapporto tra fondi, deve instaurarsi attraverso un consenso non solo esplicito ma anche, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto.

Nello specifico la Corte territoriale parrebbe basare il preteso acquisto della servitù sul fondo P. sul solo difetto di prova da parte degli attori dell’opposizione dello stesso al loro transito, elemento però non in grado di fondare l’accertamento dell’acquisto della servitù in oggetto.

Dunque anche sotto tale profilo la decisione va annullata.

Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1068 c.c., laddove la statuizione del giudice distrettuale evidenzia che era onere del titolare del fondo servente – che era stato autorizzato a spostare il tracciato della servitù di passaggio, in forza della scrittura privata del 21.10.1985, che non prevedeva l’invasione di confinanti proprietà – comprovare il consenso del terzo a siffatta allocazione del tracciato viario.

Anche detto motivo è da accogliere, giacchè una volta comprovata l’invasione del fondo del terzo, non giustificata da valido titolo, risulta acclarata l’illegittimità del comportamento della titolare del fondo servente.

In conclusione, si impone la cassazione della decisione impugnata, con rinvio, per un nuovo esame dei punti censurati, ad altra Sezione della Corte di appello di Torino, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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