T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 28-11-2011, n. 9289

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Evidenzia in primo luogo parte ricorrente che la sentenza di questa Sezione (confermata integralmente in appello) della quale viene invocata l’esecuzione, ai sensi dell’art. 112 cpa, ha formato oggetto di rituale notificazione nei confronti delle intimate Amministrazioni.

Soggiunge che l’annullamento delle delibere del C.S.M. con le quali furono approvate le variazioni tabellari relative alle designazioni del dott. Paolo Vittoria quale Presidente titolare della I Sezione Civile della Corte di Cassazione e del dott. Antonino Elefante quale Presidente supplente del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, non sarebbero, allo stato, suscettibili di ottemperanza, atteso che entrambi i suindicati magistrati sono cessati dagli incarichi ai medesimi come sopra conferiti.

Assume, pertanto, che l’invocata esecuzione della decisione anzidetta si esaurisca esclusivamente nella restituzione del posto direttivo superiore di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, senza che al riguardo residui in capo all’Amministrazione alcun ambito di discrezionalità.

Sollecita pertanto, ai sensi dell’art. 114, comma 4, cpa, la diretta adozione, ad opera dell’adito giudice dell’ottemperanza, dei necessari provvedimenti, in luogo dell’inadempiente Amministrazione della Giustizia, consistenti nella restituzione del posto direttivo superiore di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha preliminarmente eccepito (cfr. memoria depositata in giudizio il 17 novembre 2011) l’improcedibilità del mezzo di tutela all’esame, in ragione dell’adozione, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, della deliberazione in data 13 luglio 2011, la portata della quale avrebbe valenza integralmente satisfattiva a fronte della pretesa fatta valere dal ricorrente; quanto al merito delle dedotte doglianze, ha contestato la fondatezza delle censure stesse, conclusivamente insistendo per la reiezione del gravame.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla Camera di Consiglio del 23 novembre 2011.

Motivi della decisione

1. Va brevemente rammentato, al fine di delimitare l’ambito del giudicato suscettibile di essere portato ad esecuzione, come la sentenza di questa Sezione n. 13794/2009 (integralmente confermata dalla Sezione IV del Consiglio di Stato con sentenza n. 3506/2011) abbia disposto, in accoglimento del ricorso presentato dal dott. C., l’annullamento delle determinazioni dal medesimo gravate, "nella parte in cui viene individuata la decorrenza del periodo massimo di permanenza nelle funzioni direttive di che trattasi (non già dalla reimmissione in servizio con conseguente rinnovato conferimento delle funzioni stesse, ma) dalla data di attribuzione di queste ultime anteriormente alla pregressa cessazione (di seguito alla quale… ha operato il meccanismo di cui al decreto legge 66/2004)".

Ciò posto, con deliberazione del 13 luglio 2011 (depositata in atti del giudizio il 7 settembre 2011) il Consiglio Superiore della Magistratura:

– ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato precedentemente indicata;

– ha revocato la pubblicazione dell’ufficio direttivo di legittimità di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs. 160/2006;

– ed ha dichiarato, ulteriormente, che "il dott. C. C., reimmesso nelle funzioni direttive di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione il 30 maggio 2007, ricopre a tutt’oggi tale incarico, la decorrenza del cui termine massimo di permanenza, ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs. 160/2006, va computata a far data dal 30 maggio 2007".

2. Con memoria depositata in giudizio il 21 ottobre 2011, parte ricorrente ha evidenziato, a fronte di quanto sopra riportato, di aver presentato al C.S.M. un’istanza (recante data 7 settembre 2011) con la quale veniva sollecitato l’esercizio del potere di autotutela relativamente al deliberato del 13 luglio scorso; in particolare, contestando l’affermazione secondo cui il dott. C. ricoprirebbe "a tutt’oggi" l’incarico di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione con decorrenza, ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs. 160/2006, computata a far data dal 30 maggio 2007.

Rileva in proposito il dott. C. che, non avendo presentato istanza per la conferma della funzione prima della scadenza del quadriennio (e, quindi, entro il 30 maggio 2011), sarebbe, allo stato, decaduto dalle funzioni: osservando, in proposito, che tale richiesta non è stata dal medesimo formulata in ragione della successiva formazione del giudicato in sede di contenzioso amministrativo.

Sostiene quindi il ricorrente che – ferma l’irrilevanza delle funzioni presidenziali dal medesimo svolte in quanto Consigliere anziano della Sezione di appartenenza – assumerebbe assorbente valenza la ritardata attuazione, ad opera dell’organo di autogoverno, del giudicato formatosi a seguito della pronunzia del Consiglio di Stato 3506/2011.

Chiede quindi (come evidenziato dall’interessato nella suindicata istanza del 7 settembre 2011) che, ai fini della determinazione del periodo di esercizio delle funzioni direttive di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione sia sottratto, a tutti gli effetti, l’intero periodo (dal 5 febbraio 2009 alla data dell’effettiva restituzione alle funzioni stesse) durante il quale sarebbe al medesimo stato reso "impossibile" l’effettivo esercizio delle attribuzioni di che trattasi.

3. Le argomentazioni di parte ricorrente meritano condivisione: per l’effetto dimostrandosi illegittimo il deliberato del C.S.M. del 13 luglio 2011, nella parte in cui individua la decorrenza delle funzioni direttive di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, ai fini del compimento del prescritto periodo di permanenza, alla data del 30 maggio 2007, senza ulteriormente precisare che il quadriennio di permanenza nelle funzioni stesse va determinato con riferimento all’effettività (della durata) dello svolgimento delle relative attribuzioni.

Senza voler nuovamente ripercorrere i tratti individuativi del corretto ambito di applicabilità (e della sottesa ratio) delle disposizioni introdotte dal D.Lgs. 160/2006 (richiamandosi, in proposito, il percorso logico dalla Sezione al riguardo ampiamente sviluppato con sentenza 13794/2009, integralmente confermata poi dalla sopra rammentata decisione assunta nel 2011 dalla Sezione IV del Consiglio di Stato), va senz’altro rammentato che la commisurazione temporale del periodo massimo di permanenza deve necessariamente avere riguardo all’effettivo svolgimento delle funzioni direttive.

Periodo che, quanto alla fattispecie all’esame, va computato escludendo lo hiatus relativo all’arco temporale (decorrente dal 5 febbraio 2009, data della deliberazione del C.S.M. con la quale il dott. C. era stato privato del posto di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione; ed avente termine al momento di reimmissione nelle funzioni stesse) durante il quale il ricorrente non ha svolto le attribuzioni di che trattasi (ad esse, con ogni evidenza, non potendo essere assimilata la presidenza di collegi giudicanti nella qualità di Consigliere maggiormente anziano).

In tali termini correttamente interpretato il giudicato formatosi a seguito dell’impugnazione in sede giurisdizionale del suindicato deliberato del 5 febbraio 2009, va dato atto della portata elusiva indotta dalla deliberazione del 13 luglio 2011, nella parte in cui – senza doverosamente precisare l’esatta individuazione dell’arco temporale di svolgimento delle funzioni direttive di che trattasi, ai fini della commisurazione del periodo massimo di permanenza delle stesse – si è limitata ad ancorarne la decorrenza al 30 maggio 2007.

4. Nei limiti di cui sopra – esclusa, conseguentemente, la fondatezza dell’eccezione di improcedibilità del gravame di cui in narrativa; e ferma la nullità del deliberato di che trattasi, in quanto elusivo del giudicato della cui esecuzione si tratta – il mezzo di tutela all’esame merita accoglimento: per l’effetto disponendosi che il Consiglio Superiore della Magistratura provveda – entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronunzia – ad adeguare alle indicazioni fornite la decorrenza del periodo di permanenza del dott. C. nelle funzioni direttive dal medesimo ricoperte.

Su sollecitazione della parte ricorrente – e per il caso di perdurante inottemperanza, ovvero di inesatta esecuzione delle statuizioni di cui alla presente sentenza allo scadere del periodo sopra indicato – la Sezione riserva l’adozione delle ulteriori e conseguenziali determinazioni.

Le spese della presente procedura vengono poste a carico del Consiglio Superiore della Magistratura, giusta la liquidazione di cui in dispositivo; non ravvisandosi, conclusivamente, la presenza di idonee ragioni giustificative per l’adozione – dalla parte ricorrente pure sollecitata – di una pronunzia di condanna ai sensi del comma 1 dell’art. 96 c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) così dispone in ordine al ricorso indicato in epigrafe:

– accoglie il mezzo di tutela e, per l’effetto, dichiara la nullità della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del 13 luglio 2011, nella parte indicata in motivazione;

– dispone che lo stesso Organo di autogoverno, nella persona del legale rappresentante, provveda a quanto pure in motivazione precisato, nell’arco temporale ivi prescritto;

– condanna il Consiglio Superiore della Magistratura, nella persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese della presente procedura in favore del dott. C. C., che vengono liquidate in complessivi Euro 1.500,00 (euro mille e cinquecento/00).Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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