Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 19-04-2012, n. 6106 Assegni vari Passaggio ad altra amministrazione Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- B.P. ed altri ex dipendenti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, trasferiti in soprannumero nel ruolo organico del Ministero delle Finanze e assegnati al Dipartimento delle Entrate, cui era succeduta l’Agenzia delle Entrate dal 1 gennaio 2001, ricorrevano al Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, domandando che fosse accertata, nei confronti della predetta Agenzia, la illegittimità del riassorbimento integrale dell’ assegno assorbibile" in godimento al 1 gennaio 2002 con l’ammontare dell’indennità di agenzia di cui all’art. 87 c.c.n.l. 2002-2005, anzichè con quella sola parte di effettivo incremento di retribuzione accessoria di cui al comma 2, lett. b), di tale disposizione, con condanna della Agenzia alla restituzione delle somme trattenute in seguito agli atti di recupero erariale per il periodo 1 gennaio 2002-30 aprile 2007 e con determinazione dell’importo dell’assegno individuale assorbibile mensile alla data del 1 gennaio 2009. 2.- L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, il difetto della propria legittimazione passiva e l’infondatezza, nel merito, della pretesa attorea.

3.- Con sentenza del 20 ottobre 2009 il Tribunale, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione, riteneva la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia convenuta, per essere invece legittimato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, e, pertanto, rigettava la domanda.

4.- La decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Torino, che, con la sentenza qui impugnata, riteneva fondato il gravame proposto dai dipendenti e, per l’effetto, accoglieva la domanda provvedendo a determinare per ciascuno l’importo dell’assegno in questione nonchè il credito conseguente all’illegittimo recupero erariale. In particolare, la Corte di merito riteneva la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, in quanto succeduta ex lege al Dipartimento delle Entrate con decorrenza da) 1 gennaio 2001 e, quindi, da considerare datrice di lavoro dei lavoratori transitati dai Monopoli di Stato con D.M. 13 maggio 1997;

nel mento, la Corte rilevava che il recupero operato dall’Erario, nei termini disposti dall’Amministrazione, contrastava con il disposto della L. n. 549 del 1996, art. 3, comma 232, che espressamente prevedeva l’assorbimento a seguito di futuri aumenti delle quote di trattamento accessorio complessivo spettante sulla nuova posizione, mentre l’art. 87 c.c.n.l. aveva previsto il riposizionamento di voci retributive già percepite (indennità di amministrazione, c.d. quota stabilizzata), senza alcun concreto incremento di retribuzione.

5.- Di questa sentenza l’Agenzia delle Entrate domanda la cassazione con quattro motivi, cui i dipendenti resistono con controricorso, precisato con successiva memoria.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo si deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Si sostiene che la controversia involge la legittimità, o meno, dell’atto di recupero erariale, rispetto al quale gli interessati possono vantare una posizione di mero interesse legittimo, da far valere dinanzi al giudice amministrativo.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61. Si lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, che, invece, è ente del tutto distinto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, cui doveva essere riferita la titolarità del rapporto dedotto in giudizio essendo ad esso imputabili gli atti di recupero in questione.

3.- Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata, derivante dall’avere i giudici d’appello considerato l’Agenzia delle Entrate come soggetto munito di legittimazione passiva.

4.- Con il quarto motivo si denuncia la violazione della disciplina normativa relativa all’assegno dedotto in giudizio. Si sostiene, in particolare, che il raffronto fra il precedente trattamento retributivo accessorio spettante ai dipendenti e quello successivo al loro passaggio all’Amministrazione ministeriale doveva essere riferito alle sole componenti fisse, cioè le indennità di amministrazione, comunque denominate, sì che la nuova "indennità di agenzia", essendo di importo superiore rispetto alla precedente "indennità di amministrazione" percepita sino al 31 dicembre 2001, assorbiva l’assegno personale, non pensionabile nè rivalutabile, di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 232 e 233. 5.- Il primo motivo, relativo alla deduzione di difetto di giurisdizione, è inammissibile. Ed infatti, allorchè il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 2067 del 2011, ord.); in mancanza, l’esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità (cfr. Caas., sez. un., n. 24883 del 2008; n. 26019 del 2008). Tale preclusione ricorre nella specie, risultando dalla sentenza impugnata che il Tribunale di Torino aveva ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario e che su tale statuizione l’Agenzia delle Entrate, vittoriosa nel merito, non aveva proposto appello incidentale.

6.- Il secondo e il terzo motivo, con cui si contesta la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate e si denuncia, al riguardo, la nullità della sentenza impugnata, non sono fondati. Ed infatti la giurisprudenza di questa Corte si è già espressa sull’interpretazione della vicenda normativa relativa alla successione delle Agenzie ai Dipartimenti del Ministero dell’Economia, ritenendo che la qualità di datore di lavoro sia stata assunta dalle Agenzie con l’emanazione del D.P.R. n. 107 del 2001 (Cass. 25 maggio 2005, n. 10991; n. 19564 del 2006; n. 5806 del 2010). Nel caso di specie, pertanto, parte dei rapporti di lavoro, in qualità di datrice di lavoro, era l’Agenzia delle Entrate, e non più il Ministero.

7.- Anche il quarto motivo è infondato.

7.1.- In virtù della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 8, ai dipendenti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato trasferiti anche in soprannumero nei ruoli del Ministero delle Finanze in conseguenza dell’attuazione del piano di ristrutturazione aziendale, veniva attribuito un assegno personale non pensionabile e non rivalutabile, pari all’eventuale differenza fra il trattamento accessorio complessivo in godimento all’atto del passaggio ed il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione (comma 232); l’assegno personale sarebbe stato conservato fino al riassorbimento a seguito di futuri aumenti delle quote di retribuzione accessoria (comma 233).

7.2.- Successivamente al primo rinnovo del contratto collettivo, in data 1 gennaio 2002, l’assegno, denominato nelle buste paga indennità di amministrazione anomala, veniva ridotto – come accertato dai giudici di merito – della quota parte riferita all’incremento dell’indennità di amministrazione prevista per i dipendenti del Ministero delle Finanze.

7.3.- Il c.c.n.l. del personale delle agenzie fiscali 2002-2005 introduceva, all’art. 87, con decorrenza 1 gennaio 2003, l’indennità di agenzia, in sostituzione della predetta indennità di amministrazione.

L’indennità era composta: a) del valore pro capite, dell’indennità di amministrazione di cui all’art. 33 del c.c.n.l. 16 febbraio 1999, integrato dall’art. 4 del c.c.n.l. 21 febbraio 2001, ivi incluso l’incremento mensile stabilito con decorrenza 1 gennaio 2002 nella tabella F) allegata al contratto; b) dell’aumento mensile pro capite nella misura e alla decorrenza indicate nella predetta tabella; c) della quota pro capite mensile, nelle misura e decorrenza indicate nella tabella G) allegata al contratto, derivante dalla stabilizzazione delle componenti della quota incentivante destinata a ciascuna Agenzia nonchè dalla stabilizzazione della quota parte del Fondo previsto nello stesso contratto.

In base a dichiarazione congiunta delle parti collettive veniva precisato che la quota mensile di cui alla lett. c) dell’art. 87 derivava dalla stabilizzazione delle componenti aventi carattere certo e continuativo della quota incentivante attribuita a ciascuna Agenzia ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 59, comma 4, lett. c).

7.4.- La ricognizione normativa e contrattuale consente di configurare in capo ai dipendenti transitati alle Agenzie dai Monopoli di Stato un preciso diritto, consistente nella conservazione del trattamento retributivo c.d. accessorio, in godimento al momento del passaggio all’Amministrazione ministeriale, da riassorbire nei successivi incrementi, di uguale natura, spettanti nelle nuove posizioni lavorative.

Trattandosi di un diritto retributivo, inteso al mantenimento di un trattamento già acquisito, esso non ammette deroghe sul piano della effettività, sì che – come avviene comunemente nelle previsioni normative o contrattuali in materie analoghe – l’assorbimento" deve garantire, in concreto, la conservazione "effettiva" del trattamento in godimento.

Tale criterio di effettività deve essere osservato anche nelle ipotesi in cui il nuovo trattamento retributivo – nella specie, accessorio – abbia più componenti, dovendosi riferire il raffronto – finalizzato a garantire la conservazione dei diritti retributivi specificamente tutelati – al trattamento "complessivo" anteriore alla data del passaggio nella nuova posizione lavorativa e al trattamento "complessivo" successivo a tale data.

7.5.- Con queste premesse, alla trasformazione dell’indennità di amministrazione in indennità di agenzia, sopra descritta, non può conseguire, per il sol fatto che la nuova indennità sia contrattualmente incrementata, l’assorbimento integrale del pregresso trattamento accessorio, nel senso che quest’ultimo si sia interamente trasfuso sic et simpliciter nel nuovo trattamento, così come incrementato. Ed infatti la sentenza impugnata ha accertato che, delle voci retributive componenti l’indennità di agenzia di cui all’art. 87 c.c.n.l., quelle previste alle lett. a) e c) del comma 2 erano già percepite dai lavoratori transitati dai Monopoli, quali indennità di amministrazione e quota incentivante, nè, peraltro, la circostanza risulta contestata nel giudizio di merito, tant’è che il calcolo esemplificativo operato dalla Corte d’appello dimostra come l’assorbimento" operato dalla datrice di lavoro abbia determinato un effettivo decremento del trattamento accessorio (per il fatto che l’unico incremento di retribuzione accessoria disposto dall’art. 87, comma 2, del c.c.n.l. fosse quello di cui alla lettera b), essendo invece rimaste invariate, se pure confluito in una unica voce, le componenti di cui alle lett. a) e c) già percepite come indennità di amministrazione e quota incentivante di carattere fisso e continuativo).

Un risultato, questo, che contrasta con il richiamato criterio di effettività della garanzia (di conservazione, in concreto, del trattamento retribuivo accessorio) e dimostra la infondatezza della tesi sostenuta dalla ricorrente.

8.- In conclusione, va dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso e vanno respinti gli altri motivi.

9.- Alla soccombenza consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, da distrarsi ai sensi dell’art. 93 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro duecento per esborsi e in Euro ottomila per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore dell’avvocato Roberto Carapelle, difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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