Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-10-2011) 27-10-2011, n. 38899

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Spoleto ha rigettato l’istanza formulata nell’interesse di D.P.G. volta ad ottenere la inibitoria dei consulenti nominati dal pubblico ministero con le formalità di cui all’art. 360 c.p.p., a partecipare alle fasi successive del dibattimento, ovvero, in subordine di ricusazione degli stessi.

2.Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso per Cassazione il difensore del D.P.; fa presente che D.P.G. è imputato del reato di cui all’art. 589 c.p. commesso con violazione delle norme a tutela degli infortuni sul lavoro e che in tale procedimento il Procuratore della Repubblica ha disposto accertamento tecnico non ripetibile, ex art. 360 c.p.p., previo avviso alle parti e ai difensori; precisa che nessuna delle parti ha fatto riserva di incidente probatorio e di conseguenza l’accertamento non ripetibile così effettuato ha assunto una efficacia simile alla perizia; i predetti consulenti sono stati sentiti nell’udienza del 13 – 14 luglio 2010, udienza nella quale hanno assunto un atteggiamento di non equidistanza dalle parti (schierandosi anche fisicamente vicino alle parti civili e al pubblico ministero come se fossero i consulenti del pubblico ministero e non i periti di un accertamento tecnico non ripetibile); dopo la predetta udienza, nel settembre e novembre 2010, i predetti consulenti hanno tenuto dei convegni nel corso dei quali hanno fatto preciso riferimento alle vicende di cui è processo. Dopo di ciò l’imputato ha acquisito il convincimento della mancanza di imparzialità da parte dei predetti consulenti e ha presentato anche una querela nei loro confronti in data 12/11/2010.

Tanto premesso, il ricorrente contesta la motivazione data dal tribunale per respingere l’istanza di inibitoria o ricusazione;

secondo il tribunale, pur essendo il verbale contenente il compiuto accertamento irripetibile destinato a far parte direttamente nel fascicolo del dibattimento, come previsto dall’art. 431 c.p.p., lett. e, ed utilizzabile senza necessità del previo esame del consulente, ciò, tuttavia, non significherebbe che il consulente del pm assuma formalmente uno status processuale in tutto e per tutto equiparabile a quello del perito, rimanendo egli a tutti gli effetti consulente di parte. Il ricorrente contesta tale argomentazione, evidenziando che tra l’art. 359 c.p.p., e l’art. 360 c.p.p., vi è palese differenza non solo per quanto riguarda le formalità di nomina dei consulenti ma anche per quanto riguarda l’oggetto della consulenza; l’art. 360 c.p.p., riguarda infatti accertamenti di persone, cose o luoghi suscettibili di modificazioni e, quindi accertamenti indifferibili e con obbligo di avvisare senza ritardo la persona sottoposta alle indagini, le persone offese e i difensori del giorno del luogo e dell’ora fissati per il conferimento dell’incarico. Tali formalità, stabilite a pena di nullità, stanno a significare come sia netta la distinzione tra gli accertamenti previsti dall’art. 359 c.p.p., e quelli previsti dall’art. 360 c.p.p., e dimostrano altresì che non esiste alcuna differenza tra accertamenti tecnici irripetibili e perizia, gli uni e gli altri presidiati dalla stessa ratto e destinati ad assumere efficacia istruttoria e ad entrare a far parte nel fascicolo del dibattimento. Dunque, secondo il ricorrente, in tale caso la consulenza tecnica deve essere "in toto" equiparata alla perizia e ciò comporta la possibilità di ricusare i consulenti. In subordine, ove tale tesi non venisse accolta, eccepisce la illegittimità costituzionale dell’art. 223 c.p.p. nella parte in cui non consente la ricusazione del consulente tecnico nominato in sede di accertamento tecnico non ripetibile, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost..

Con ulteriore memoria il ricorrente insiste nei motivi del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

1.1 Correttamente il Tribunale ha ritenuto che il consulente del pubblico ministero, sia pure nominato ai fini di cui all’art. 360 c.p.p., non assume uno status processuale in tutto e per tutto equiparabile a quello del perito, rimanendo egli a tutti gli effetti consulente di parte. Un primo dato testuale deriva dalle norme del codice di rito, che fanno riferimento alla nomina di un consulente e che prevedono, anche per le parti private, la facoltà di nominare propri consulenti. Un secondo dato significativo deriva dalla disposizione dell’art. 360 c.p.p., comma 4, a norma del quale non è consentito al pm di procedere all’accertamento qualora la persona sottoposta alle indagini faccia riserva di incidente probatorio; può dunque ritenersi che lo stesso indagato accetti il rischio dell’accertamento tecnico irripetibile, con tutti i limiti della posizione del consulente, pur avendo la possibilità di chiedere l’accertamento con le forme peritali; può altresì ricordarsi la diversa posizione processuale del consulente tecnico così nominato rispetto al perito atteso che solo per quest’ultimo è previsto l’impegno di obiettività, stabilito dall’art. 226 c.p.p..

2. Il ricorrente ha sollevato dubbi di costituzionalità della disciplina in questione con argomenti non privi di suggestione.

Tuttavia l’approfondimento del profilo in questione è sicuramente precluso attesa la esistenza di un ulteriore profilo di inammissibilità delle doglianze proposte. Occorre ricordare che ai sensi dell’art. 223 c.p.p., comma 3, l’istanza di ricusazione, anche quando si tratta di motivi sopravvenuti o conosciuti successivamente alla nomina del perito, deve essere presentata prima che il perito abbia dato il proprio parere. Dopo tale momento non è più consentito alla parte sollevare eccezione circa la imparzialità del tecnico, per la evidente ragione che tali eccezioni potrebbero essere influenzate dall’esito dei suoi accertamenti. Nella specie, l’istanza in questione è stata avanzata, come risulta dalla stessa prospettazione della vicenda fornita dal ricorrente e sopra riportata, quando già il consulente era stato sentito al dibattimento e addirittura per la ragione che, successivamente a tale data, in alcuni convegni aveva espresso giudizi o fatto apprezzamenti (peraltro non meglio precisati) che l’imputato ha ritenuto a lui pregiudizievoli. E’ evidente che in tale situazione si è del tutto al di fuori dei presupposti della ricusazione, atteso che si vorrebbe dimostrare la mancanza di indipendenza del perito (o del consulente) sulla base di un comportamento successivo al momento in cui ha svolto l’incarico ed ha assunto le proprie conclusioni.

3. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *