Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-10-2011) 27-10-2011, n. 38898 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Castrovillari in composizione monocratica, con ordinanza del 9/07/2010, convalidava l’arresto di S.R., arrestato in flagranza del reato p. e p. dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis per avere, in concorso con L. G., coltivato piantine di canapa indiana. Dagli atti risultava che l’arresto era stato convalidato nei confronti di entrambi gli arrestati, mentre, nel successivo processo, il L. aveva concordato una pena per il reato previsto e punito dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, così riformulato il capo di imputazione.

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso in Cassazione Raimondo S., a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendo di volerlo annullare con ogni conseguenza di legge.

Nel ricorso sosteneva che, data la successiva formulazione del capo di imputazione, l’arresto non avrebbe potuto essere convalidato, per essere stato effettuato in ipotesi espressamente esclusa dall’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. h).

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez.5, Sent. n.21577/2009; Cass., Sez.6, Sent. n.6878/2009; Cass., Sez.6, Sent. n.8029/2003; Cass., Sez.6, Sent. n.49124/2003; Cass., Sez.4, Sent. n. 46473/2003), in tema di convalida dell’arresto, il giudice deve compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del "fumus commissi delicti", al fine di stabilire se l’indagato sia stato privato della libertà personale in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p., dovendosi escludere che il controllo del giudice della convalida debba investire i gravi indizi di reità o la responsabilità per il reato addebitato, tali accertamenti essendo riservati alle successive fasi processuali.

Il controllo sulla legittimità dell’operato della polizia giudiziaria, poi, va effettuato con giudizio "ex ante", avendo riguardo alla situazione in cui la stessa ha provveduto,senza tener conto di altri elementi successivamente conosciuti (ex plurimis, da ultimo, Cass., Sez. 3, Sent. n. 35962/2010) sulla base del criterio di ragionevolezza, ovvero dell’uso ragionevole del potere discrezionale riservato alla polizia giudiziaria, e solo quando ravvisi un eccesso o un malgoverno di tale discrezionalità il giudice può negare la convalida, fornendo in proposito adeguata motivazione (Cass., Sez. 6, Sent. n.l9011//2003; Cass., Sez.4, Sent. n.8029/2003), senza sostituire ad un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione (Cass., Sez.4, 9.12.2000, Mateas).

Nella specie il giudice della convalida ha dato atto delle connotazioni fattuali del caso (una piantagione di n. 9 piante di marijuana alte circa m. 1,80, coltivate con la massima cura) ed ha ben esplicitato le ragioni inducenti a ritenere il ravvisato "fumus commissi delicti". La circostanza che, poi, in sede di merito sia stata riconosciuta l’attenuante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, non è di per sè assorbentemente indicativa del fatto che tale attenuante fosse senz’altro riconoscibile nell’immediatezza del fatto e sicuramente apprezzabile dai militi che procedettero all’arresto, posto che lo scrutinio del criterio di ragionevolezza al riguardo deve essere valutato sulla base delle circostanze del fatto e della condotta dell’agente nell’immediatezza del fatto. E ben noto, peraltro, che, ai fini della delibazione della sussistenza o meno dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, devono essere complessivamente valutati tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (qualità e quantità delle sostanze); dovranno, conseguentemente, escludersi connotazioni di "lieve entità" del fatto quando la ricorrenza di uno solo degli elementi indicati porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto, sia, appunto di "lieve entità": valutazione, questa, che, di regola, appartiene al giudice di merito, nè il ricorrente in questa sede specificamente deduce per quali decisive ragioni tale complessivo giudizio doveva senz’altro essere ritenuto da parte dei militi operanti al momento dell’arresto, sì da conferire carattere di irragionevolezza all’atto posto in essere.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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