Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-10-2011) 27-10-2011, n. 38874

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 28 giugno 2007 il G.I.P. del Tribunale di Aosta dichiarava B.E. colpevole dei reati di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186 per avere guidato un autocarro in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche e art. 187 (riqualificato poi come violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 7) per essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento finalizzato a verificare lo stato di alterazione psicofisico derivante dall’influenza dell’alcool e lo condannava alla pena di giorni venti di arresto ed Euro 900 di ammenda per ciascuno dei due reati, oltre al pagamento delle spese processuali; sospendeva la patente di guida per la durata di mesi uno.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello il difensore dell’imputato.

La Corte di appello di Torino, con sentenza datata 10.12.2010, oggetto del presente ricorso, in parziale riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, assolveva l’imputato dall’imputazione sub A) perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato; rideterminava la pena in ordine al capo B), riqualificato come violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 7, in giorni dieci di arresto ed Euro 400 di ammenda; riduceva la sospensione della patente di guida a giorni 20.

Avverso tale sentenza il B., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione per i seguenti motivi: 1)violazione di norma processuale in relazione all’art. 486 c.p.p., comma 5, e impropria applicazione dell’art. 97 c.p.p., comma 4;

mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto della insussistenza di un legittimo impedimento del difensore;

insussistenza di un profilo di nullità della udienza e conseguentemente della sentenza pronunciata all’esito della stessa per il mancato rispetto del legittimo impedimento del difensore a comparire all’udienza. Secondo la difesa del ricorrente il giudice di primo grado aveva violato la norma di cui all’art. 486 c.p.p., comma 5, atteso che il difensore aveva dettagliatamente motivato, sulla base di altri impegni professionali davanti alla Corte di appello, la sua impossibilità a comparire all’udienza del 28 giugno 2007. Nè poteva ritenersi corretto l’assunto dei giudici della Corte territoriale secondo cui, trattandosi di un processo non particolarmente complesso, ben egli avrebbe potuto farsi sostituire, in considerazione, tra l’altro, del fatto che apparteneva ad uno studio associato;

2) violazione di legge processuale e mancanza di motivazione sul punto della modificazione del capo di imputazione per quanto attiene al capo B), essendo stato originariamente contestato il reato di cui all’art. 187 C.d.S., e non già quello di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7. Lamentava sul punto il ricorrente che la sentenza impugnata, a proposito di tale ultimo reato, non aveva detto alcunchè in punto di responsabilità, limitandosi a rideterminare la pena inflitta dal giudice di prime cure, senza dire nulla sulle condizioni fisiche dell’imputato, affetto da una paresi e che potevano quindi avere influenza sulla sua penale responsabilità;

3) violazione di legge processuale, mancanza e illogicità della motivazione sul punto della congruità della pena e della mancanza di presupposti per la conversione della sanzione detentiva in quella corrispondente pecuniaria.

Secondo il ricorrente la sentenza impugnata non era adeguatamente motivata con particolare riferimento alle richieste circostanze attenuanti generiche e alla mancata conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, non costituendo, a suo avviso, elemento ostativo all’accoglimento di tale richiesta, la sussistenza di pregressi procedimenti penali.

Motivi della decisione

I proposti motivi di ricorso sono palesemente infondati.

Per quanto attiene al primo osserva la Corte che il G.I.P. del Tribunale di Aosta, nell’ordinanza resa all’udienza del 28.06.2007,ha dettagliatamente indicato le ragioni per cui doveva essere rigettata l’istanza del difensore dell’odierno ricorrente che aveva chiesto il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento. In tale ordinanza infatti il giudice ha rilevato che, per giurisprudenza costante, gli impedimenti professionali devono essere tempestivamente comunicati, mentre invece, nella fattispecie de qua, solo alla data dell’udienza era stato comunicato l’impegno professionale del difensore, per di più insorto successivamente rispetto alla notifica del decreto di fissazione relativo all’udienza del presente procedimento. Il giudice rilevava infine che il difensore, che pure faceva parte di uno studio professionale, neppure aveva precisato i motivi per cui non poteva farsi sostituire da un collega nel presente procedimento, che non pareva invero di grande complessità.

Anche il secondo motivo di ricorso è palesemente infondato, in quanto il fatto oggetto del capo B) in cui veniva contestato al B. di essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento della compagnia G.d.F. di Pollein diretta a verificare lo stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool è sempre stato chiaramente indicato. A tal proposito la sentenza impugnata ha correttamente evidenziato che, pur essendo chiara l’enunciazione della violazione contestata, era stata erroneamente indicata una norma diversa, e cioè l’art. 187 C.d.S., anzichè l’art. 186 C.d.S., comma 7. La Corte territoriale ha perciò correttamente riqualificato il capo B) come violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 7. Peraltro, essendo chiara fin dall’inizio l’enunciazione del fatto, nessuna violazione del diritto di difesa può essere rilevata.

Manifestamente infondato è poi il terzo motivo di ricorso, in quanto, con riferimento al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha fornito congrua motivazione, dal momento che ha correttamente giustificato il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e il rigetto della richiesta conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, in considerazione della personalità dell’imputato, della pericolosità dell’azione da lui commessa e dei suoi precedenti penali, tra cui un reato di guida in stato di ebbrezza.

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *