Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-04-2012, n. 6281 Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con atto intitolato "ricorso ex art. 447 bis anche in opposizione all’esecuzione ex art. 618 bis c.p.c. ed ex art. 615 c.p.c. e in opposizione agli atti esecutivi ex artt. 618 bis e 617 c.p.c." T.L., quale conduttore dell’immobile aggiudicato (a seguito di procedura esecutiva immobiliare) a F.F. D., adiva il Tribunale di Perugia, a seguito dell’esecuzione per rilascio dell’immobile che il F. aveva avviato, unitamente a B.L., nei confronti della sub-conduttrice C.A.M. 2000 piccola scarl. Il ricorrente chiedeva che, previa sospensione dell’esecuzione, fosse dichiarata la nullità di tutti gli atti esecutivi promossi dall’aggiudicatario per omessa notifica dell’atto di precetto e di preavviso di rilascio allo stesso T. (essendo stati tali atti notificati invece alla C.A.M. 2000); fosse accertato che il contratto di locazione commerciale stipulato dal ricorrente si era prorogato alla prima scadenza e fosse dichiarato che la locazione era opponibile agli aggiudicatari e sarebbe venuta a scadere in data 3 settembre 2007, previa disdetta; fosse condannato l’aggiudicatario al pagamento dell’importo di Euro 44.360,00 a titolo di miglioramenti eseguiti e spese sopportate relativamente all’immobile oggetto di controversia, con rivalutazione ed interessi.

Nel giudizio si costituivano la sub-conduttrice e gli aggiudicatari F. e B..

Il giudizio veniva riunito all’altro, autonomamente promosso dalla C.A.M. 2000, che si era opposta al precetto notificatole dagli stessi F. e B..

1.2.- Con sentenza pubblicata l’8 marzo 2006 il Tribunale di Perugia rigettava tutte le domande; condannava gli opponenti al pagamento delle spese di lite.

2.- Avverso la sentenza del Tribunale, T.L. ha proposto appello; si sono costituiti il F. e la B., mentre la C.A.M. 2000, fallita nelle more, è rimasta contumace.

La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza pubblicata il 26 gennaio 2010, ha dichiarato inammissibile l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado nei confronti delle parti costituite.

3.- T.L. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

Resistono con controricorso F.F.D. e B. L.. Non si difende il fallimento della C.A.M. 2000 scarl.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ., con la quale ha, tra l’altro, eccepito l’inammissibilità del controricorso, perchè tardivamente depositato.

Motivi della decisione

1.- Preliminarmente va accolta l’eccezione di inammissibilità del controricorso.

Il presente giudizio è stato qualificato dal giudice a quo come opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi e, fatto salvo quanto si dirà riguardo alla correttezza di tale qualificazione, va richiamato il principio ed. dell’apparenza, in forza del quale il rimedio impugnatorio e le norme ad esso applicabili vanno individuati tenendo presente la qualificazione data al giudizio da parte del giudice di grado inferiore che sul punto si sia pronunciato (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 20811/10, n. 3712/11, S.U. n. 10073/11, ord. n. 171/12). Ne segue che va fatta applicazione delle norme della L. n. 742 del 1969, artt. 1 e 3 e dell’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, per le quali la sospensione feriale dei termini processuali non si applica alle opposizioni esecutive. Tale disciplina regola il processo di opposizione all’esecuzione in ogni sua fase, compreso il giudizio di cassazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 10874/05, 6103/06, 12250/07, 14591/07, 4942/10) ed a prescindere dal contenuto della sentenza e dai motivi di impugnazione (cfr. Cass. n. 20745/09, Cass. ord. n. 9997/10).

Nel caso di specie, il termine per notificare il controricorso ai sensi dell’art. 370 cod. proc. civ. va computato a decorrere dal 27 luglio 2010 (data di notificazione del ricorso ad entrambi i controricorrenti ed anche al fallimento C.A.M. 2000), senza tenere conto della sospensione dei termini dal 1 agosto al 15 settembre, sicchè il termine di quaranta giorni era già scaduto alla data del 20 ottobre 2010, quando il controricorso venne spedito per le notifiche al ricorrente.

2.- Il primo motivo del ricorso è relativo alla violazione degli artt. 101 e 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la corte territoriale dichiarato d’ufficio l’inammissibilità dell’appello senza che la questione fosse stata dedotta in giudizio e senza che sulla questione sollevata d’ufficio fosse stato consentito il contraddittorio tra le parti; ed, ancora, per le stesse ragioni, è denunciata la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. sul giusto processo per violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio costituzionalmente garantiti.

2.1.- Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1 dato che la questione di diritto è stata decisa in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte ed il ricorso non offre elementi per mutare orientamento.

La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’appello perchè ha ritenuto di applicare l’art. 616 cod. proc. civ. nel testo in vigore a decorrere dal 1 marzo 2006- e l’art. 618 cod. proc. civ., in forza dei quali la sentenza di primo grado – emessa in data 8 marzo 2006, in giudizio qualificato come opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi – non era impugnabile.

Si tratta quindi di una questione di diritto, rispetto alla quale, l’omessa segnalazione alle parti non comporta un vizio processuale della sentenza diverso dall’error iuris in iudicando ovvero dall’error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore si sia in concreto consumato (così Cass. S.U. n. 20935/09, nonchè Cass. n. 9591/11 e n. 17495/11).

3.- Vanno trattati a questo punto, perchè logicamente preliminari, e tra loro connessi, i motivi quarto e quinto di ricorso, con i quali è denunciata, rispettivamente:

– violazione degli artt. 615 e 616 cod. proc. civ. nel testo riformato dalla L. n. 52 del 2006 in vigore dal 1 marzo 2006 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e conseguente nullità della sentenza per avere ritenuto inappellabile la sentenza di primo grado, in quanto emessa in data 8 marzo 2006, ma in giudizio di opposizione a precetto di cui all’art. 615 cod. proc. civ., comma 1 al quale non si applicherebbe l’ultimo inciso dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo vigente ratione temporis (abrogato dalla L. n. 69 del 2009);

– non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 616 cod. proc. civ. nel testo risultante dalla L. n. 52 del 2006 in vigore dal 1 marzo 2006 prima della modifica intervenuta con la L. n. 69 del 2009 in vigore dal 4 luglio 2009 per violazione degli artt. 3 e 111 Cost., per il caso in cui l’inoppugnabilità di cui all’ultimo inciso dell’art. 616 cod. proc. civ. sia ritenuta anche per le sentenze conclusive del giudizio di opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c., comma 1. 3.1.- Il quarto motivo è infondato ed, inoltre, non è manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale di cui al quinto motivo.

Su entrambe le questioni questa Corte si è pronunciata già in più di un’occasione, ribadendo un orientamento che può oramai definirsi consolidato e dal quale non si ha ragione di discostarsi.

Quanto all’appellabilità delle sentenze pronunciate a conclusione dei giudizi di opposizione cd. pre-esecutiva, questa è stata ritenuta nel vigore del testo originario del codice di rito, poichè, nulla disponendo l’art. 615 c.p.c. si è sempre reputato operante il regime ordinario di impugnabilità delle sentenze conclusive dei giudizi ordinari di cognizione, quale è quello in oggetto. Dopo la modifica dell’art. 616 c.p.c., ad opera della L. n. 52 del 2006, art. 14 che vi ha aggiunto un ultimo inciso per il quale la causa di opposizione all’esecuzione "è decisa con sentenza non impugnabile", si pose un problema di coordinamento di tale norma – destinata, in sè e per sè, a disciplinare soltanto le opposizioni introdotte dopo l’inizio dell’esecuzione e, quindi, coerentemente, anche soltanto le sentenze conclusive di tali giudizi – con la norma del precedente art. 615 c.p.c., comma 1: all’interpretazione strettamente letterale, sostenuta da una parte degli interpreti, e seguita dall’odierno ricorrente, per la quale la sentenza conclusiva dell’opposizione preventiva continuava ad essere appellabile anche se pubblicata dopo il 1 marzo 2006 (data di entrata in vigore della L. n. 52 del 2006), mentre era divenuta non impugnabile soltanto la sentenza conclusiva dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2 (perchè, a sua volta, disciplinata dall’art. 616 c.p.c.); si contrappose l’interpretazione che sosteneva l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, non quindi dell’appello, anche per le sentenze conclusive dei giudizi ex art. 615 c.p.c., comma 1, così accedendo ad una lettura costituzionalmente orientata funzionale ad evitare disparità di trattamento tra sentenze di norma destinate a risolvere controversie di analoga portata. Quest’ultimo orientamento è stato seguito da questa Corte Suprema, in precedenti analoghi al presente, oramai numerosi, rispetto ai quali il principio è stato o n affermato esplicitamente (cfr. Cass. n. 14179/08, Cass. ord. n. 9591/11) ovvero comunque presupposto (cfr., tra le tante, Cass. ord. n. 3688/11); non vi sono ragioni per discostarsi dall’interpretazione ritenuta più conforme a Costituzione, che qui si intende ribadire.

3.2.- La conformità a Costituzione di cui si è appena detto è relativa al regime impugnatorio delle sentenze conclusive dei due tipi di giudizi di opposizione, perchè, seguendo la tesi che si è sopra confutata, situazioni pressochè identiche, che si differenziano soltanto per il momento in cui è proposta l’opposizione, verrebbero assoggettate a regimi differenziati.

Diversa è invece la questione di legittimità costituzionale posta col quinto motivo, che sostanzialmente involge la conformità a Costituzione del trattamento deteriore dell’opposizione successiva ex art. 615 c.p.c., comma 2 ed ha ad oggetto l’art. 616 c..p.c., ult. inc., in quanto applicabile sia all’una che all’altra delle opposizioni esecutive.

Al riguardo, il Collegio conferma e richiama, anche per la motivazione, i precedenti di questa Corte n. 976/08 e n. 3688/11, con i quali si è affermato che "è manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità, in relazione all’art. 3 Cost., dell’art. 616 cod. proc. civ., come novellato dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 laddove stabilisce la non impugnabilità della sentenza pronunciata sull’opposizione all’esecuzione, attesa la specificità della materia nella quale la presenza di un titolo a monte, di natura giudiziale o negoziale, è ragione per la prospettata disparità di trattamento rispetto a situazioni creditorie prive di analogo presupposto nè può considerarsi fondata la prospettazione di un contrasto con l’art. 24 Cost., poichè il diritto di difesa non è garantito per tutte le articolazioni del processo previste dall’ordinamento, in quanto l’unico limite imposto al legislatore ordinario è costituito dall’art. 111, comma 7 il quale mira a garantire per ogni sentenza, o provvedimento della libertà personale, la possibilità del ricorso in cassazione per violazione di legge, non anche il doppio grado del giudizio di merito". 4.~ Col secondo motivo di ricorso è dedotta errata applicazione degli artt. 615 e 616 cod. proc. civ. nel testo in vigore dal 1 marzo 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, e conseguente nullità della sentenza per avere la Corte territoriale ritenuto non appellabile la sentenza di primo grado, malgrado il ricorrente avesse proposto diverse domande contro gli aggiudicatari senza che questi avessero preannunciato nei suoi confronti alcuna esecuzione, con la notificazione del titolo esecutivo e/o del precetto: sarebbe errato ritenere che quello proposto dal T. fosse un giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., poichè prima della notificazione di un atto di precetto non avrebbe senso parlare di un’opposizione all’esecuzione che non esisterebbe. Piuttosto, secondo il ricorrente, si sarebbe trattato di un’azione di accertamento "tendente a far dichiarare il contratto di locazione efficace ed opponibile agli aggiudicatari" e quindi il relativo giudizio sarebbe stato un ordinario giudizio di cognizione, non soggetto ad alcun limite di impugnazione. Aggiunge il ricorrente che queste conclusioni non potrebbero essere sovvertite dal fatto che nel ricorso introduttivo vi era anche un richiamo all’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi e vi era la richiesta di sospensione dell’esecuzione, dal momento che tale richiamo sarebbe stato necessario per il fatto che gli aggiudicatari stavano procedendo in via esecutiva ai danni della sub conduttrice C.A.M. 2000. 4.1.- A prescindere dalla dubbia ammissibilità del motivo per non avere il ricorrente censurato ex art. 360 c.p.c., n. 5 il vizio denunciato, sostanzialmente riconducibile ad un’errata qualificazione della domanda da parte del giudice di merito (cfr. Cass. n. 24495/06), il motivo è comunque infondato.

In primo luogo, infatti, è riconosciuto dallo stesso ricorrente che gli odierni intimati, convenuti in sede di merito, avessero intentato un’azione esecutiva di rilascio dell’immobile oggetto del contratto di locazione opposto dal T.; pertanto, vi era stata l’intimazione di un precetto avente ad oggetto l’immobile de quo, sia pure nei confronti del soggetto detentore, piuttosto che direttamente nei confronti del conduttore.

Allora, è corretta la qualificazione del giudice di merito, in termini di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi, di quelle domande dell’opponente che presupponevano, comunque, l’intimazione del precetto: per un verso, relative alla erronea direzione soggettiva di questo e quindi all’omissione della sua notificazione nei confronti del T. medesimo (opposizione agli atti esecutivi); per altro verso, relative al diritto degli aggiudicatari di chiedere il rilascio dell’immobile, assunto come non sussistente (opposizione all’esecuzione). In effetti, gli aggiudicatari altro non hanno fatto che porre in esecuzione un titolo di rilascio dell’immobile, nei confronti del soggetto (subconduttore) che questo immobile deteneva in concreto (cfr. per la correttezza di tale scelta, da ultimo, Cass. n. 18179/07; nonchè Cass. n. 3024/86, n. 6038/95, n. 12174/98, n. 15268/06), in virtù di un titolo dipendente da quello del soggetto (conduttore) destinatario passivo del provvedimento di rilascio e quest’ultimo è insorto proprio per contestare l’efficacia di tale provvedimento di rilascio nei suoi confronti, e, quindi, in ragione del rapporto di dipendenza della sublocazione, anche nei confronti del detentore sub-conduttore; il rimedio è stato appunto quello dell’opposizione all’esecuzione per rilascio. Pertanto, piuttosto che una questione di qualificazione di tale rimedio, si sarebbe potuta porre, tutt’al più, una questione di legittimazione a proporre l’opposizione a precetto, atteso che questa introduce un giudizio che vede come legittimato attivo il soggetto destinatario dell’atto per essere colui contro il quale l’esecuzione è minacciata (cfr. n. 3695/84, n. 2404/09); ma, in relazione all’esecuzione per consegna o rilascio, anche il terzo detentore del bene che affermi di essere titolare di un diritto autonomo e non pregiudicato dal contenuto del titolo esecutivo (cfr. Cass. n. 15083/00; n. 2279/05; n. 3087/07).

La qualificazione della propria domanda in termini di accertamento dell’efficacia e dell’opponibilità del contratto di locazione nei confronti degli aggiudicatari, che il ricorrente ha sostenuto, non giova alle sue ragioni. Infatti, essendo indiscusso che gli aggiudicatari in tanto sono stati convenuti in giudizio in quanto abbiano intrapreso un’azione esecutiva di rilascio, l’accertamento richiesto nei loro confronti è quello che tipicamente forma oggetto dell’opposizione all’esecuzione, qualificabile come azione di accertamento negativo del diritto del creditore di agire in executivis (cfr. Cass. n. 122239/07): nel caso di specie, accertamento negativo del diritto dei F. – B. di pretendere il rilascio dell’immobile oggetto del contratto di locazione (ed anche di sublocazione); per resistere all’esercizio di questo diritto, il conduttore ha contrapposto il proprio diritto, assumendone la prevalenza su quello dei proprietari; in conclusione, ha dedotto l’opponibilità agli aggiudicatari del contratto di locazione in corso al momento dell’aggiudicazione al fine di paralizzare l’azione di rilascio dell’immobile locato da questi intrapresa, con precetto e preavviso di rilascio notificati al sub- conduttore. Al rimedio dell’opposizione all’esecuzione sono pertanto riconducibili le domande del T. volta ad ottenere l’accertamento che il contratto di locazione era opponibile agli aggiudicatari e la dichiarazione della cessazione della locazione ad una scadenza successiva a quella fatta valere con l’esecuzione per rilascio. Pertanto, la sentenza impugnata non merita le censure mosse col secondo motivo di ricorso, che a tali ultime domande soltanto appare riferibile.

5.- Con il terzo motivo di ricorso è dedotta errata applicazione degli artt. 615 e 616 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, e conseguente nullità della sentenza, per non avere fatto applicazione del principio più volte espresso da questa Corte per il quale l’eventuale inappellabilità della sentenza riguardante l’opposizione all’esecuzione non si estende comunque ad altre domande cumulate con l’opposizione. Orbene, tale principio, va qui ribadito (con il richiamo degli stessi precedenti citati dal ricorrente, tra cui Cass. n. 3558/98 e S.U. n. 1122/00, cui vanno aggiunti Cass. n. 12696/99, n. 5544/05 e, di recente, Cass. n. 21908/08 e Cass. n. 1031/12) con l’affermazione per la quale la domanda cumulata ad un’opposizione all’esecuzione, ma completamente autonoma rispetto a quest’ultima, non è soggetta alla regola dell’impugnazione prevista dall’art. 616 cod. proc. civ., come novellato dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 applicabile ratione temporis; ne consegue che il capo di sentenza che decide sull’opposizione è ricorribile soltanto per cassazione, mentre quello che decide sulla domanda cumulata resta soggetto agli ordinari mezzi di gravame.

Le considerazioni svolte trattando del secondo motivo di ricorso valgono anche con riferimento al terzo motivo di ricorso, per la parte in cui è riferito alle domande qualificate dallo stesso ricorrente come di accertamento del suo diritto di conduttore, opponibile agli aggiudicatari quanto meno fino alla data del 3 settembre 2007, salva disdetta. Rispetto a tali domande appare corretta, come detto, la qualificazione del giudice a quo in termini di opposizione all’esecuzione, sicchè va confermata la statuizione di inammissibilità dell’appello. Quest’ultima non si attaglia invece alla domanda di condanna dei convenuti al rimborso in favore dell’attore dei miglioramenti e delle spese eseguiti sull’immobile.

Si tratta di domanda che trova la sua fonte nel contratto di locazione dedotto anche come fonte del diritto del conduttore di trattenere la detenzione dell’immobile quindi in contrapposizione al diritto dei proprietari di ottenerne il rilascio – ma che risulta essere, con la domanda cumulata, dedotto come fatto costitutivo della pretesa di cui all’art. 1592 cod. civ..

La decisione di rigetto anche di tale domanda contenuta nella sentenza di primo grado non soggiace al regime impugnatorio dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis, ma, essendo relativa a domanda soltanto cumulata con l’opposizione all’esecuzione, bene è stata impugnata con l’appello.

La sentenza della Corte d’Appello di Perugia va quindi cassata nei limiti in cui ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello avverso la decisione di primo grado di rigetto della domanda del T. di condanna di F. e B. al pagamento dell’importo di Euro 44.360,00 a titolo di miglioramenti eseguiti e spese sopportate sull’immobile oggetto di controversia, oltre rivalutazione ed interessi.

La causa va rinviata alla stessa Corte territoriale, in diversa composizione, sia per la decisione sul gravame – avverso detta decisione e la consequenziale statuizione l sulle spese del grado sia per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, rigettati gli altri motivi di ricorso, accoglie il terzo, nei limiti di cui in motivazione; cassa per quanto di ragione e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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