Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-04-2012, n. 6280

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 4 febbraio 2010, il Tribunale di Genova ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi proposta da B.D. nella procedura esecutiva immobiliare esattoriale intrapresa ai suoi danni da Gest Line S.p.A. (oggi Equitalia Sestri S.p.A., subentrante di Equitalia Polis s.p.a.), agente per la riscossione della provincia di Genova, nella quale sono intervenuti A.R.T.E., già IACP, di Genova, e il Condominio sito in (OMISSIS); ha condannato, quindi, l’opponente alla refusione delle spese di lite in favore degli opposti Equitalia Sestri e Condominio, nonchè di R.A., aggiudicatario dell’immobile; è rimasta contumace A.R.T.E.. Il Tribunale ha ritenuto non opponibili all’aggiudicatario, ex art. 2929 c.c., i vizi di notificazione delle intimazioni di pagamento e degli avvisi di mora; ha ritenuto comunque non dimostrata la nullità della notificazione degli atti impugnati eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c.; ha, infine, reputato non sussistente la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, ed infondata l’ulteriore censura dell’opponente secondo cui il prezzo di vendita sarebbe stato "ingiusto" (avendo il Tribunale constatato che era stato determinato ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 79, e dell’art. 52 del T.U. in materia di imposte di registro).

2.- B.D. propone ricorso straordinario per cassazione affidato a tre motivi.

Resistono con controricorso Equitalia Sestri S.p.A. ed il Condominio.

Non si difendono gli altri intimati.

Il ricorrente ed il Condominio hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2929 c.c., e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 78, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la decisione impugnata, dopo aver citato numerosi precedenti della Corte di Cassazione (n. 1258/01, n. 3970/04, n. 21439/04, n. 3531/09) ed averne, secondo il ricorrente, bene riassunto il contenuto nomofilattico, ne avrebbe fatto erronea applicazione al caso concreto, non tenendo conto che l’opponente non aveva dedotto soltanto la nullità delle notifiche degli avvisi di mora e delle cartelle di pagamento, delle quali l’aggiudicatario non sarebbe tenuto a verificare la sussistenza e la regolarità, ma aveva altresì specificamente dedotto l’inesistenza della notifica all’esecutato dell’avviso di vendita immobiliare. Sottolinea il ricorrente che, a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 78, comma 2, in mancanza della notificazione dell’avviso di vendita al soggetto nei confronti del quale si procede, non può procedersi alla vendita:

alla stregua di tale disposizione, continua il ricorrente, il vizio dovuto alla giuridica inesistenza della notificazione dell’avviso di vendita immobiliare influirebbe sull’aggiudicazione e sul trasferimento, comportandone la nullità e l’inefficacia anche nei confronti dell’aggiudicatario a norma dell’art. 2929 c.c., così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione richiamata nella sentenza impugnata e sopra riportata.

1.1.- Il motivo è fondato.

Il principio di diritto applicabile è quello espresso dai precedenti richiamati nella sentenza impugnata, ribadito da ultimo da Cass. n. 13824/10 nel senso che "la regola contenuta nell’art. 2929 c.c., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l’assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici" (cfr., nello stesso senso, Cass. n. 1258/01, n. 193/03, n. 3970/04, n. 21439/04, n. 3531/09, citati nella sentenza impugnata, nonchè n. 21106/05).

Peraltro, al fine di comprendere la portata di detto il principio, occorre evidenziare che la vendita coattiva immobiliare – quale è quella di che trattasi – non viene in considerazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2929 c.c., come atto istantaneo, specificamente soltanto come ordinanza di aggiudicazione (e, men che meno, soltanto come decreto di trasferimento), bensì come sub-procedimento che ha inizio con l’emissione dell’ordinanza di vendita ex art. 569 c.p.c., e si svolge, mediante il compimento di una serie di atti preparatori, fino appunto all’aggiudicazione e, quindi, al decreto di trasferimento. Pertanto, la fase della vendita comprende atti preparatori, oltre l’ordinanza stessa, la cui mancanza o irregolarità vizia di nullità l’atto che si pretende di trasferimento, con conseguente inapplicabilità della disposizione di cui all’art. 2929 c.c., poichè, in tal caso, la nullità degli atti presupposti si riverbera sul preteso atto di trasferimento ed è opponibile all’aggiudicatario. Sicchè, la preclusione nei confronti dell’aggiudicatario, delle eccezioni di nullità del processo esecutivo opera solo quando la vendita, come atto finale del processo esecutivo sussista e sia esente da vizi formali, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernino, sia che si tratti di vizi che riguardino gli atti presupposti (così Cass. n. 9212/99, n. 3970/04, n. 21439/04).

In particolare, atti "precedenti" la vendita, ai sensi dell’art. 2929 c.c., sono i singoli atti del processo – esecutivo che si collocano nella fase preparatoria di questo, le cui nullità non sono opponibili all’aggiudicatario se ed in quanto colpiscano tali atti, vale a dire, con riferimento all’espropriazione immobiliare, gli atti del processo esecutivo precedenti l’emissione del provvedimento ex art. 569 c.p.c..

1.2.- Pertanto, è corretta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto, in generale, che il disposto dell’art. 2929 c.c., si applichi a tutte le nullità verificatesi prima dell’inizio del sub- procedimento di vendita ed, in particolare, ha reputato non opponibili all’aggiudicatario i vizi di notificazione delle intimazioni di pagamento e degli avvisi di mora.

Essa è, invece, errata laddove ha omesso la relativa delibazione con riguardo all’avviso di vendita, sia tenendo conto dei principi generali di cui sopra, sia tenendo conto dell’applicazione degli stessi principi all’espropriazione immobiliare esattoriale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 76 e seg., e succ. mod..

Quanto, infatti, ai principi generali, si intende dare qui seguito all’interpretazione prevalente di questa Corte (alla quale sembrano fare eccezione soltanto i due precedenti costituiti da Cass. n. 12732/07 e n. 9018/09, ma non anche il più recente Cass. n. 7991/10, citato dal resistente Condominio, in cui l’opposizione era riferita ad irregolarità di atti del processo precedenti il sub-procedimento di vendita). Corollario di questa interpretazione è che l’art. 2929 c.c., non si applica alle nullità verificatesi nel corso del sub- procedimento di vendita; quindi, tutti i vizi formali della fase c.d. esecutiva della vendita, se tempestivamente dedotti con l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., possono comportare la caducazione degli atti successivi, compresi l’atto di aggiudicazione o il decreto di trasferimento ai danni, quindi, dell’aggiudicatario. Tra i vizi della fase esecutiva vanno compresi quelli dai quali risulti inficiata l’ordinanza di vendita ex art. 569 c.p.c..

Orbene, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 78, e succ. mod. stabilisce che l’espropriazione di immobili avviene mediante la predisposizione di un avviso di vendita, che – con sequenza invertita rispetto a quanto disposto dall’art. 555 c.p.c. – va prima trascritto e poi notificato al soggetto esecutato. Aggiunge, quindi, che la notificazione è condizione per procedere alla vendita.

Ne segue che l’avviso di vendita è al tempo stesso l’atto iniziale dell’espropriazione immobiliare esattoriale ed anche l’atto che da inizio alla fase liquidatoria. Entrambe tali funzioni dell’atto trovano rispettivo riscontro nella previsione normativa per la quale l’avviso di vendita deve a contenere la descrizione del bene, l’indicazione del credito per cui si procede e l’ingiunzione – così come l’atto di pignoramento ex artt. 492 e 555 c.p.c. -, ma anche le date per l’espletamento degli incanti e le condizioni per parteciparvi – così come l’ordinanza di vendita; sono previste inoltre particolari forme di pubblicità dell’avviso di vendita (affissione nella cancelleria del giudice delle esecuzioni e all’albo del comune in cui è ubicato l’immobile); il tutto si svolge prima dell’intervento del giudice dell’esecuzione, nella cui cancelleria gli atti sono depositati solo dieci giorni dopo il versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario ed al quale è riservata, in tal caso, l’emissione del decreto di trasferimento (cfr. Cass. S.U. n. 5255/93, Cass. n. 9480/99, nonchè di recente Cass. n. 692/12), oltre che il compimento delle attività finalizzate alla distribuzione del ricavato.

Risulta allora evidente la centralità dell’avviso di vendita e l’essenzialità della sua notificazione all’esecutato. In quanto si tratta di atto che da inizio alla fase liquidatoria e quindi avvia il (sub)procedimento di vendita, le relative nullità hanno effetto anche riguardo all’acquirente; tra tali nullità vanno annoverate pure quelle concernenti la sua notificazione e ciò anche in ragione del fatto che questa è condizione di procedibilità della vendita.

Il primo motivo di ricorso va perciò accolto, nei limiti in cui la censura è riferita alla nullità della notificazione dell’avviso di vendita.

2.- Col secondo motivo di ricorso è dedotta violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 78, e degli artt. 115, 140, 143 e 148 c.p.c., nonchè omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

Deduce il ricorrente che la notificazione dell’avviso di vendita sarebbe inesistente perchè compiuto ai sensi dell’art. 143 c.p.c., in difetto dei presupposti richiesti da tale norma, atteso che il destinatario della notificazione sarebbe stato residente nel comune di Genova, dove la notifica risultava tentata all’indirizzo di (OMISSIS), con indicazione, sulla relata dell’ufficiale giudiziario, di "irreperibilità assoluta… non più ivi" in data 20 settembre 2005, senza alcuna indicazione delle notizie raccolte ex art. 148 c.p.c.; assume il ricorrente che, in tale data, egli sarebbe stato residente alla via (OMISSIS), vale a dire proprio nell’appartamento acquistato dall’A.R.T.E. e messo in vendita da Equitalia Sestri, poi aggiudicato ad R.A.. A sostegno di tale assunto fa menzione di prove documentali prodotte in sede di merito e lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale; aggiunge che il giudice a quo nulla avrebbe detto in sentenza in merito all’inesistenza della notificazione dell’avviso di vendita, in particolare, e comunque sarebbe incorso in errore, laddove non avrebbe considerato che lo stato di irreperibilità, per gli effetti dell’art. 143 c.p.c., non potrebbe essere desunto dalle sole risultanze anagrafiche, ma dovrebbe risultare dalle ricerche effettuate dall’agente notificatore.

2.1.- Il motivo è fondato.

La motivazione della sentenza relativamente al vizio di nullità delle notificazioni è riferita genericamente agli "atti impugnati", senza quindi distinzione alcuna tra le notificazioni relative agli atti di intimazione ed agli avvisi di mora e la notificazione relativa all’avviso di vendita.

Inoltre, dopo aver dato atto dell’effettuazione della notifica ex art. 143 c.p.c., ed aver richiamato il principio espresso da questa Corte nel precedente n. 540/00, il Tribunale non ne ha fatto corretta applicazione, poichè si è limitato ad affermare che l’irreperibilità dell’attore risulterebbe "dalle visure anagrafiche"; la sentenza non contiene motivazione alcuna in merito alla verifica, nel caso concreto, da parte dello stesso Tribunale, della normale diligenza nelle ricerche che il notificante avrebbe dovuto compiere sulla reperibilità del destinatario della notificazione. A tale omissione corrisponde quella della relazione di notificazione, il cui contenuto è riportato in ricorso ed è tale che risulta che le ricerche vennero fatte soltanto presso l’ultima residenza anagrafica nota, senza la raccolta di notizie ulteriori sulla reperibilità del destinatario.

2.2.- Orbene, le condizioni legittimanti la notificazione a norma dell’art. 143 c.p.c., non sono rappresentate dal solo dato soggettivo dell’ignoranza da parte del richiedente o dell’ufficiale giudiziario circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto, nè dal possesso del solo certificato anagrafico dal quale risulti che il destinatario è trasferito per ignota destinazione. E’ richiesto anche che la condizione di ignoranza non possa essere superata attraverso le indagini possibili nel caso concreto, che il mittente deve compiere usando l’ordinaria diligenza (così Cass. n. 6462/07; cfr. anche n. 14618/09, n. 2909/08, n. 8077/07, n. 8955/06);

l’apprezzamento di tale sforzo diligente è rimesso al giudice di merito, che, a tale fine, deve tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto (cfr. Cass. n. 7964/08) e darne atto in motivazione. Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata è insufficiente, comunque inadeguata a dar conto della corretta applicazione dei principi di cui sopra.

Essa pertanto va cassata, con rinvio al Tribunale di Genova, in diversa composizione, affinchè verifichi se, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, l’irreperibilità del B. fosse effettiva e tale che l’Agente della riscossione notificante non avrebbe potuto conoscere, con riguardo alla notificazione dell’avviso di vendita, la nuova residenza dell’esecutato, pur effettuando le ricerche secondo la normale diligenza.

3.- Il terzo motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c..

Infatti, con questo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, oltre che vizio di motivazione, deducendo che il credito per cui il concessionario aveva proceduto all’espropriazione sarebbe stato inferiore ad Euro ottomila, comunque pari, in linea capitale, alla somma di Euro 2.474,46 e che tale somma sarebbe inferiore al limite di legge.

La censura non indica però quale sia il testo della norma preso in considerazione dal ricorrente e rispetto al quale pertanto sarebbe errata la sentenza impugnata, che invece ha ritenuto rispettato, nel caso di specie, il menzionato art. 76.

Questo, infatti, nel testo originario del D.P.R. n. 602 del 1973, aveva il contenuto riportato nel controricorso del Condominio, evidentemente inapplicabile al caso di specie; nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 16, aveva il contenuto riportato nel controricorso di Equitalia Sestri S.p.A.; nel testo risultante dalle modifiche apportate con la L. 2 dicembre 2005, n. 248, di conversione del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aveva il contenuto riportato in ricorso (peraltro successivamente modificato, col D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella L. 12 luglio 2011, n. 106).

A fronte di detta successione normativa sarebbe stato onere del ricorrente indicare specificamente la norma di diritto sulla quale il motivo è fondato e le specifiche ragioni dell’applicazione al caso di specie di un determinato testo piuttosto che di un altro; queste specificazioni sono contenute nella memoria ex art. 378 c.p.c., ma la memoria è destinata ad illustrare le ragioni svolte nel ricorso non certo a colmare le lacune di questo; vale a dire che l’inammissibilità originaria del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., non può essere "sanata" o comunque impedita depositando una memoria che contenga gli elementi richiesti a pena di inammissibilità del ricorso e che in questo mancavano ab origine (cfr. Cass. n. 7237/06). La sentenza impugnata va quindi cassata nei limiti dell’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso;

il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, dichiara inammissibile il terzo; cassa e rinvia al Tribunale di Genova, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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