T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 28-11-2011, n. 2922

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso in epigrafe la S.E. S.r.l. ha impugnato il provvedimento in epigrafe deducendo: – di aver presentato alla AEEG in data 11 dicembre 2006 in qualità di E.S.C. (di seguito anche: ESCO), ai sensi dell’art. 12, comma 1, delle linee guida approvate con del. 103/03, una richiesta di verifica e certificazione dei risparmi energetici di progetti finalizzati a diffondere l’utilizzazione, in ambito domestico, di lampade fluorescenti compatte, con alimentatore incorporato, a basso consumo, in luogo delle tradizionali lampade ad incandescenza; – che i progetti in questione rientravano nella categoria standardizzata, ovvero per i quali l’Autorità, mediante schede tecniche di valutazione standardizzata, ha definito, a priori, il risparmio ottenibile per ogni unità fisica (lampada), consentendo alle imprese promotrici di rendicontare i risparmi energetici prodotti dai progetti senza procedere a misurazioni dirette, ma unicamente facendo riferimento all’apposita scheda; – che, alla data della presentazione dei suindicati progetti la scheda prevedeva che, nel caso di realizzazione dell’intervento tramite invio di buoni di acquisto agli utenti, i risparmi energetici avrebbero dovuto essere commisurati alla quantità di buoni inviati ridotta di un coefficiente correttivo fissato nella misura forfettaria pari al 50% dei buoni inviati (c.d. coefficiente correttivo b); – che, successivamente, l’Autorità, con deliberazione n. 18/07 pubblicata il 6.2.07, modificava il sistema di rendicontazione mediante buoni, in quanto ritenuto non aderente all’effettiva risposta data dai consumatori all’invio dei buoni, stabilendo che il risparmio energetico derivante dai progetti sarebbe stato riconosciuto solo in proporzione alle Unità Fisiche di Riferimento effettivamente ritirate; – che l’applicazione della nuova modalità di verifica dei risultati veniva limitata ai soli progetti presentati successivamente alla data di pubblicazione della delibera medesima (6 febbraio 2007) e, quindi, era inapplicabile ai progetti presentati dall’Impresa nel gennaio 2007; – che l’Autorità, con successiva delibera n. 173 del 12.7.07 avviava un procedimento di riesame, con riguardo ai progetti presentati prima dell’entrata in vigore della deliberazione n. 18/07 e non ancora approvati, tra cui anche quelli dell’Impresa; – che tale riesame si concludeva con il rigetto delle richieste di verifica e certificazione dei progetti da essa presentati in ragione della "impossibilità di verificare il rispetto del settore di intervento attraverso la documentazione fornita nel corso della fase istruttoria"; – che, su ricorso dell’Impresa, questo TAR, con sentenza n. 1103 del 2009, ha annullato il predetto diniego perché, erroneamente, l’Autorità non avrebbe tenuto conto della documentazione presentata dalla Società in sede di audizione finale al fine di dimostrare il rispetto del settore di intervento; – che l’AEEG nell’intento di dare esecuzione alla predetta sentenza, ha riaperto il procedimento di verifica concludendolo, ancora una volta, in senso negativo in ragione della insufficienza della documentazione prodotta dalla E.S.C. per comprovare il rispetto del settore di intervento. In particolare l’AEEG ha ritenuto a tal fine non idonee: a) le fatture emesse dalla Società Doss, fornitrice dei nominativi dei soggetti ai quali sono stati indirizzati i buoni d’acquisito delle lampade a basso consumo, in quanto facenti riferimento solo ad indirizzi tratti da pubblici elenchi senza specificarne la natura domestica o commerciale; b) la successiva dichiarazione proveniente dal rappresentante legale della S.p.a. Doss attestante che i nominativi forniti si riferivano ad elenchi relativi al solo settore domestico, in quanto non datata né protocollata; c) l’ atto di notorietà, redatto ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445 del 2000, con il quale il rappresentante legale della Doss S.p.a. ha confermato la circostanza di cui sopra, in quanto mera riproduzione ex post di una dichiarazione già ritenuta insufficiente e priva di documentazione di supporto attestante la corretta esecuzione e preparazione del progetto; d) gli elenchi cartacei dei nominativi utilizzati per l’invio dei buoni di acquisito presentati con la comunicazione del 7 luglio 2009 ed il relativo CDROM, contenente il file originale trasmesso dalla Doss in formato foglio di calcolo, in quanto si tratta di documentazione che avrebbe potuto agevolmente essere trasmessa all’Autorità già nel corso dell’originario procedimento di riesame avviato nel luglio 2007; – che l’AEEG avrebbe motivato il nuovo rigetto della istanza di certificazione ritenendo altresì che il basso tasso di ritorno dei buoni inviati sarebbe dipeso anche dal lasso temporale troppo breve (meno di un mese) lasciato ai destinatari per il loro utilizzo e che la stessa E.S.C., riservandosi un termine "largo" di 120 giorni per l’invio dei prodotti, aveva ampiamente previsto una percentuale di successo del progetto assai inferiore alla soglia preventivata del 50%.

Premesse tali circostanze di fatto, la S.E. ha censurato la delibera impugnata per i seguenti

MOTIVI

1) Violazione degli artt. 3 e 97 Cost; violazione degli artt. 1,3, 6, 10 bis, 21 quinquies e 21 nonies della L. 241 del 1990; violazione degli artt. 2, 7, 8 e 16 del D.P.R. 244 del 2001; violazione dell’art. 18 del D.Lgs 196 del 2003; violazione degli artt. 45, 46 e 47 del D.P.R. 445 del 2000; violazione del D.M. del 20/07/2004; violazione dell’art. 6 della L. 15 del 2005; eccesso di potere per violazione o travisamento delle delibere AEEG 234/02; 103/03, 18/07, 17/08, VIS 14/08; eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione, contraddittorietà, irragionevolezza, perplessità, disparità di trattamento e illogicità manifesta; violazione dei principi in materia di autotutela amministrativa.

Non è vero, come, invece si legge nella motivazione del provvedimento impugnato, che S.E. non avrebbe fornito all’AEEG la documentazione contrattuale attestante la preventiva individuazione e selezione degli indirizzi ai quali inviare i buoni e poi le lampade a basso consumo. La Società, infatti, ha conservato e consegnato all’AEEG in forma cartacea ed informatica gli elenchi completi dei nominativi dei soggetti a cui sono stati indirizzati i buoni d’acquisito, mettendo, così, l’Autorità in condizione di verificare se essi appartenessero al settore domestico, già dal 29 gennaio 2007. Il fatto che la natura domestica degli indirizzi forniti dalla S.p.a. Doss non apparisse nella documentazione contrattuale e fiscale dei rapporti da essa intrattenuti con S.E. non ha alcuna rilevanza, poiché ciò non era prescritto dalle linee guida relative alla redazione dei progetti a rendicontazione standardizzata e, nella prassi, le richieste di una determinata prestazione vengono spesso effettuate oralmente in ossequio al principio della libertà delle forme stabilito dal codice civile.

L’AEEG non avrebbe, inoltre, tenuto conto del fatto che la destinazione ad usi domestici dei prodotti acquisibili attraverso i buoni d’acquisto poteva facilmente evincersi dalla documentazione ad essi allegata la quale faceva in più punti riferimento ai concetti di abitazione e residenza. La circostanza appare incomprensibile anche alla luce del fatto che, in altre occasioni, la medesima Autorità ha valorizzato proprio il contenuto della documentazione di accompagnamento al fine di ritenere verificato il rispetto del settore di intervento.

L’Autorità ha poi trascurato la valenza probatoria della dichiarazione sostitutiva di atto notorio redatta ai sensi del D.P.R. 445 del 2000 dal rappresentante legale della Società fornitrice dei nominativi a cui sono stati indirizzati i buoni d’acquisito nella quale veniva attestato che l’incarico verbalmente conferito dalla società S.E. era volta ad ottenere nominativi di persone tratti da pubblici elenchi appartenenti al solo settore domestico.

Anche le ulteriori motivazioni con cui l’AEEG ha giustificato il rigetto della domanda di certificazione del progetto di risparmio energetico sono erronee ed incongrue.

Quanto alla brevità del termine per l’utilizzo dei buoni d’acquisito da parte degli utenti, i 26 giorni concessi agli utenti per avvalersi dell’offerta costituivano un arco temporale più che sufficiente, senza contare che l’AEEG ha avallato progetti contenenti termini di utilizzo anche di durata inferiore. Infine, il tasso di ritorno dei buoni non poteva costituire un parametro utile ai fini della certificazione dei progetti in quanto, per i progetti standardizzati, le linee guida non prevedevano una percentuale minima di utilizzazione delle unità fisiche di riferimento.

A seguito della approvazione da parte dell’Autorità delle richieste di certificazione presentate dalle società F. S.r.l., W.E. S.r.l. e K. S.r.l., avvenuta nelle more del giudizio, S.E. ha presentato ulteriore ricorso per motivi aggiunti ritenendo che l’AEEG avrebbe consentito che le predette società provassero il rispetto del settore di intervento attraverso dichiarazioni provenienti da terzi del tutto analoghe a quelle che essa aveva prodotto.

Si è costituita l’Avvocatura distrettuale per resistere al ricorso.

All’udienza del 27 ottobre 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il provvedimento impugnato è stato adottato in esito al procedimento di riesame delle domande di certificazione di progetti di risparmio energetico a rendicontazione standardizzata pendenti alla data di entrata in vigore della delibera n. 18/07 (con la quale sono state ridefinite le regole relative alle modalità di rendicontazione) avviato dall’AEEG al fine di appurare se i deludenti risultati a cui essi avevano dato luogo dipendessero da condotte scorrette o superficiali delle E.S.C. che li avevano presentati.

Occorre, infatti, ricordare che i progetti a rendicontazione standardizzata prevedevano originariamente il riconoscimento di titoli di efficienza energetica nella misura forfettaria del 50% dei buoni di acquisto distribuiti all’utenza, sul presupposto che quella dovesse essere la percentuale di utilizzazione dei prodotti a risparmio energetico ed il conseguente parametro per misurare il risultato ottenuto in termini di minor consumo. I fatti, hanno, tuttavia, dimostrato che le percentuali di utilizzazione dei buoni sono state di gran lunga inferiori. Ciò ha costretto l’AEEG ad eliminare il coefficiente presuntivo per i nuovi progetti ed a verificare se quelli pendenti (valutabili solo alla luce del quadro regolatorio vigente alla data della loro presentazione) fossero stati realizzati con i dovuti parametri di diligenza ed accortezza e non con modalità superficiali o semplicistiche, confidando in un risultato minimo assicurato.

In tale quadro si innesta la vicenda in esame che ha già dato luogo ad un pronunciamento con cui la Sezione ha annullato un primo diniego di certificazione dei progetti presentati da S.E. in quanto l’Autorità non ha tenuto in considerazione la documentazione presentata dalla Società in sede di audizione finale al fine di comprovare il rispetto del settore di intervento domestico della campagna promozionale.

L’AEEG, nelle more del giudizio di appello al Consiglio di Stato della predetta sentenza (conclusosi con la sua conferma, seppure con motivazioni non coincidenti), ha riavviato il procedimento di verifica concludendolo con un nuovo diniego.

Il responso dell’Autorità si fonda in primo luogo (ed, anzi, principalmente) sulla asserita insufficienza della documentazione presentata da S.E. a comprovare il fatto che i buoni di acquisto siano stati indirizzati ad un’utenza esclusivamente domestica.

Alla luce della istruttoria svolta in corso di giudizio, con riferimento ad altri procedimenti di verifica condotti dall’AEEG in casi analoghi, è emerso che essa, al fine della prova del rispetto del settore di intervento, ha ritenuto necessaria l’esibizione di documentazione contrattuale o fiscale riguardante i rapporti fra le ESCO ed i fornitori degli indirizzi a cui spedire i buoni d’acquisito che recasse esplicitamente il riferimento ad elenchi di famiglie o utenze domestiche.

Nel caso di specie S.E. non è riuscita a produrre tale documentazione in quanto il rapporto contrattuale fra essa e la Società fornitrice degli elenchi (Doss s.a.s.) non sarebbe stato formalizzato per iscritto e la fattura emessa da tale società per il pagamento della sua prestazione recherebbe solo l’indicazione della fornitura di indirizzi tratti da "pubblici elenchi", senza specificare se tali elenchi includessero esclusivamente residenze o comprendessero anche indirizzi facenti capo ad attività economiche.

S.E., al fine di provare la predetta circostanza, ha prodotto all’Autorità una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà proveniente dal rappresentante legale della s.a.s. Doss e l’intero elenco dei nominativi dei destinatari dei buoni d’acquisito sia in forma cartacea che su supporto informatico.

L’AEEG non ha, tuttavia, considerato idonei tali mezzi di prova in quanto, pare almeno di capire, la loro formazione in data successiva alla esecuzione del progetto (per quanto riguarda la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà) e la loro produzione a distanza di anni dall’inizio del procedimento di verifica (per quanto riguarda gli elenchi delle utenze) ne minerebbe l’attendibilità.

Sicchè, la mancanza di una prova (da essa ritenuta) idonea ad attestare il rispetto del settore di intervento, è stata ritenuta dall’Autorità come indice di una mancanza di diligenza nella realizzazione del progetto che, anche tenuto conto del tasso di ritorno assai inferiore alle attese, ha determinato la sua mancata approvazione.

Le limitazioni probatorie imposte dall’AEEG non trovano riscontro nelle linee guida che disciplinavano le modalità di realizzazione dei progetti.

Invero, la disciplina tecnica applicabile alla richiesta di certificazione prodotta da S.E. (scheda tecnica n. 1 prevista dalla delibera AEEG n.234/02, poi modificata dalla delibera n. 18/07) faceva unicamente riferimento al settore domestico, senza alcuna indicazione ulteriore in ordine alle modalità da adottare da parte di ciascuna impresa per garantire la distribuzione delle lampade ai clienti ovvero alla specifica documentazione da conservare.

E’ vero che, come la Sezione ha già affermato, nonostante la mancanza di precise indicazioni da parte delle linee guida, le società richiedenti la certificazione dei progetti di risparmio energetico hanno, in ogni caso, l’obbligo di porre in essere tutte le misure che, secondo l’ordinaria diligenza, ne assicurino l’efficacia in termini di risultato e l’onere di conservare la relativa documentazione per renderle verificabili in caso di successivi controlli della Autorità.

Da ciò non può, tuttavia, derivare alcuna limitazione dei mezzi di prova ammissibili per dimostrare la correttezza delle modalità esecutive, soprattutto nei casi in cui, come accade nella specie, si tratti di documentazione meramente integrativa di quella originaria conservata dalla Società richiedente.

Ha errato, quindi, l’AEEG a non tenere in considerazione la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale il rappresentante legale della società fornitrice degli elenchi ha attestato, sotto la sua responsabilità e nelle forme previste dal D.P.R. 445 del 2000, che i pubblici elenchi a cui si riferiva la fattura emessa da tale società si riferivano al solo settore domestico.

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà costituisce, infatti, uno strumento preordinato a semplificare i rapporti fra cittadini o imprese e pubblica amministrazione in modo tale che tutti gli stati, le qualità personali e gli altri fatti non comprovabili attraverso dichiarazione sostitutiva di certificazione possano essere attestati attraverso una dichiarazione che l’interessato rende in determinate forme e sotto particolari responsabilità di carattere penale.

E’ vero che, come ha di recente osservato la dottrina, l’efficacia probatoria del predetto strumento nei procedimenti ad istanza di parte non è assoluta in quanto i fatti la cui esistenza è affermata nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà si presumono veri ma devono poter essere sempre verificabili a posteriori dall’amministrazione in caso di controllo.

Tuttavia, nel caso di specie, S.E. ha fornito all’AEEG anche i mezzi per operare tale verifica prima mettendo a sua disposizione e poi consegnandole materialmente gli elenchi dei destinatari dei buoni d’acquisito.

Sicchè, l’Autorità, qualora lo avesse voluto, ben avrebbe potuto verificare, anche a campione, se i nominativi indicati negli elenchi corrispondessero ad utenze domestiche e ed avessero ricevuto i buoni d’acquisito (e ciò a prescindere dalla data in cui gli elenchi le erano stati messi a disposizione o consegnati).

Non appaiono, inoltre, convincenti anche le ulteriori ragioni addotte dall’AEEG per rigettare la richiesta di certificazione energetica.

Anche a tacere del fatto che l’Autorità aveva in precedenza ritenuto certificabile il progetto sotto tutti i profili salvo che per il rispetto del settore di intervento, la documentazione da essa depositata in ottemperanza alle richieste istruttorie formulate dal Collegio (da ritenersi ammissibile, nonostante il mancato rispetto del termine fissato nell’ordinanza istruttoria) dimostra che non sussiste una precisa correlazione fra il termine concesso ai consumatori per l’utilizzo dei buoni d’acquisto ed il tasso di ritorno, posto che in altri casi, nonostante fosse stato previsto un lasso temporale inferiore per la restituzione dei buoni, il tasso di ritorno è stato superiore a quello conseguito da S.E. e viceversa. In ogni caso il fatto che l’AEEG abbia certificato progetti in cui il termine previsto per l’utilizzo dei buoni era uguale o inferiore a quello concesso da S.E., dimostra che essa stessa non lo ha ritenuto irragionevole o eccessivamente breve.

Del tutto privo di rilevanza, ai fini della certificabilità del progetto è, infine, il termine di 120 giorni dalla restituzione dei buoni che S.E. si è riservata per spedire la merce. Non si vede, infatti, come ciò abbia potuto compromettere la riuscita dell’iniziativa, mentre è del tutto ragionevole che la Società abbia limitato i propri approvvigionamenti alle quantità effettive di richieste ricevute dai consumatori.

La domanda di annullamento deve, quindi, essere accolta.

Va respinta, invece, la richiesta di risarcimento del danno per equivalente in quanto il presunto danno patito e la sua entità non sono stati dimostrati.

Per quanto riguarda, invece, la domanda di risarcimento del danno in forma specifica è sufficiente osservare che siffatta richiesta, avendo ad oggetto una prestazione diversa e succedanea rispetto a quella dovuta, di regola, risulta non configurabile allorchè siano azionati interessi legittimi pretensivi la cui specifica soddisfazione è affidata agli effetti conformativi derivanti dalla sentenza di annullamento e, dopo l’entrata in vigore del c.p.a., all’azione di adempimento che, nella specie, non risulta essere stata proposta.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Resta altresì fermo a carico della parte soccombente l’onere di rimborso del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiunto dalla lettera e) del comma 35bis dell’art. 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, nel testo integrato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Terza di Milano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla la deliberazione 21 settembre 2009 EEN 16/09. Rigetta ogni altra domanda.

Condanna l’Amministrazione resistente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 2.500,00 oltre IVA, c.p.a. e rimborso C.U.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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