Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-04-2012, n. 6270 Cause di prelazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con citazione notificata il 19 marzo 1999 la Banca Nazionale dell’Agricoltura convenne in giudizio il Banco di Napoli chiedendo la restituzione della somma di lire 249.778.723, con rivalutazione ed interessi dal 25 maggio 1994, che assumeva essere stata indebitamente attribuita all’istituto di credito convenuto in sede di riparto nel processo esecutivo immobiliare ai danni di M.R..

L’istituto di credito attore dedusse che l’iscrizione ipotecaria di primo grado in forza della quale il Banco di Napoli era stato soddisfatto in sede esecutiva, con l’attribuzione dell’intero ricavato della vendita dell’immobile pignorato, era stata dichiarata inefficace nei confronti di BNA, che, in pendenza di processo esecutivo, aveva agito in revocatoria ed aveva ottenuto sentenza favorevole ex art. 2901 c.c., passata in giudicato dopo la chiusura del processo esecutivo; che pertanto, essendo l’immobile pignorato in tale processo gravato anche da ipoteca giudiziale in favore di BNA, quest’ultima aveva diritto alla restituzione dell’intera somma indebitamente assegnata all’allora creditore ipotecario di primo grado, con rivalutazione ed interessi dalla data della distribuzione del 25 maggio 1994.

Il Banco di Napoli si costituì in giudizio ed eccepì l’inammissibilità della domanda di arricchimento senza causa, avente natura sussidiaria, essendo esperibili altri rimedi;

l’inopponibilità della domanda di revocatoria in quanto trascritta dopo la trascrizione dell’atto di pignoramento; in via del tutto subordinata, chiese che il ricavato della vendita di cui alla procedura esecutiva fosse ripartito tra i due istituti di credito in proporzione dei crediti rispettivamente vantati nei confronti della M.. Interrotto e quindi riassunto il giudizio, sia per incorporazione della B.N.A. da parte della Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. sia del Banco di Napoli da parte della Banca San Paolo IMI s.p.a., il Tribunale di Nocera Inferiore rigettò la domanda dell’attrice, con condanna della stessa al pagamento delle spese di lite.

2.- Proposto gravame da parte della Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. ed intervenuta nel corso del giudizio di secondo grado la ELIPSO FINANCE s.r.l. (quale cessionaria dei crediti della Banca Antonveneta), e per essa la PIRELLI RE CREDIT SERVICING s.p.a., la Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 17 febbraio 2010, ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato la Banca San Paolo IMI s.p.a. a restituire in favore della società ELIPSO FINANCE s.r.l., e per essa di PIRELLI RE CREDIT SERVICING s.p.a., la somma di Euro 129.000,00, oltre rivalutazione monetaria dal 25 maggio 1994 al saldo ed oltre interessi, nella misura legale, sulla somma di Euro 129.000,00, via via rivalutata anno per anno, dal 25 maggio 1994 fino al saldo; ha condannato la Banca San Paolo IMI s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado in favore di Banca Antonveneta ed al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado in favore di ELIPSO FINANCE s.r.l. e per essa di PIRELLI RE CREDIT SERVICING s.p.a..

3.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno Intesa San Paolo S.p.A. (denominazione assunta a seguito della fusione per incorporazione del San Paolo IMI S.p.A. in Banca Intesa S.p.A.) propone ricorso per cassazione a mezzo di quattro motivi, illustrati da memoria. Si difende con controricorso la ELIPSO FINANCE s.r.l. e per essa la PIRELLI RE CREDIT SERVICING s.p.a..

Non si difende Banca Antonveneta S.p.A. (già Banca Popolare Antoniana Veneta S.p.A.).

Motivi della decisione

1.- Col primo motivo, la ricorrente deduce violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 510, 512, 596 e 598 c.p.c., nonchè dell’art. 2929 c.c., perchè la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto dei principi e delle norme che regolano il giudizio di esecuzione, in particolare dell’art. 512 c.p.c., in forza del quale la Banca Nazionale dell’Agricoltura (poi Banca Antoniana Popolare Veneta) S.p.A. avrebbe dovuto contestare in sede esecutiva il diritto del Banco di Napoli di partecipare alla distribuzione del ricavato come creditore ipotecario di primo grado. Osserva la ricorrente che, non essendosi la controparte avvalsa di tale rimedio tipico, le sarebbe preclusa la presente azione, volta a far venire meno la validità, l’efficacia e l’opponibilità del progetto di distribuzione (e del relativo provvedimento di assegnazione), che sarebbe oramai divenuto irretrattabile e non potrebbe più essere messo in discussione da coloro che parteciparono, così come la dante causa della resistente Elipso Finance s.r.l., al processo esecutivo.

1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. per essere la motivazione insufficiente a giustificare la condanna del Banco di Napoli alla restituzione di somme legittimamente riscosse nell’ambito di un processo esecutivo ed in forza di un provvedimento giurisdizionale e per avere inteso l’azione di cui al presente ricorso come "consequenziale" rispetto a quella esperita ex art. 2901 c.c., malgrado gli effetti dell’azione revocatoria si pongano, nel caso di specie, in contrasto con la stabilità, la definitività e H f) l’irrevocabilità del progetto di distribuzione approvato in sede esecutiva.

1.3.- Deduce la resistente che, alla data dell’approvazione del progetto di distribuzione, pur essendo già stato incardinato il giudizio per ottenere la dichiarazione di inefficacia dell’atto di concessione di ipoteca in favore del Banco di Napoli, questo non si era ancora concluso con la sentenza favorevole alla BNA e pertanto quest’ultima non avrebbe potuto agire ex art. 512 c.p.c., atteso che all’epoca il diritto di prelazione era esistente e l’atto di concessione dell’ipoteca non presentava vizi tali da determinarne la nullità o l’annullabilità e che l’unico strumento di cui disponeva BNA per eliderne gli effetti nei suoi confronti era l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.; prima dell’accoglimento di tale azione, BNA non avrebbe potuto opporre alcunchè al creditore concorrente in sede esecutiva, Banco di Napoli, titolare del diritto di prelazione, onde impedire la collocazione in privilegio del credito vantato da quest’ultimo.

1.4.- Aggiunge che la prelazione del Banco di Napoli è rimasta valida ed efficace nei confronti di tutti i soggetti diversi dall’istituto di credito che ha agito in revocatoria e che con tale azione essa B.N.A. non ha inteso modificare o riaprire il piano di riparto, ma dare effettiva realizzazione al disposto della sentenza che ha revocato, ex art. 2901 c.c., la concessione di ipoteca in favore del Banco di Napoli.

2.- I motivi, che vanno trattati congiuntamente, poichè pongono questioni connesse, sono infondati.

Le contestazioni sollevate dall’allora BNA non riguardano "la sussistenza del diritto di prelazione" del Banco di Napoli ed, in assoluto, il diritto di quest’ultimo di partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita del bene pignorato ai danni della M. con il privilegio, bensì l’efficacia del diritto di prelazione nei confronti della BNA, per essere stato l’atto di concessione di ipoteca posto in essere – secondo l’assunto di quest’ultima – in frode alle sue ragioni di credito.

Pertanto, i principi più volte espressi da questa Corte e richiamati dalla ricorrente, anche con la memoria ex art. 378 c.p.c., relativi all’effetto preclusivo del provvedimento che chiude il processo esecutivo (cfr. Cass. n. 5580/03, n. 16369/09 e, da ultimo, n. 17371/11), non si attagliano al caso di specie.

Il provvedimento che chiude il processo esecutivo con l’assegnazione delle somme agli aventi diritto in quella sede è irretrattabile e preclude l’azione di ripetizione dell’indebito ovvero l’azione di arricchimento senza causa, per ottenere la restituzione delle somme percette in sede di riparto, soltanto quando l’una o l’altra siano fondate su ragioni che avrebbero potuto o dovuto essere fatte valere con i rimedi interni al processo esecutivo (e dei quali l’istante non si sia tempestivamente avvalso), specificamente con i rimedi dell’opposizione all’esecuzione o dell’opposizione agli atti esecutivi ovvero delle opposizioni c.d. distributive.

Orbene, l’art. 512 c.p.c. inserisce tra queste ultime, per quanto rileva in questa sede, quelle che danno luogo a controversie tra i creditori concorrenti circa "la sussistenza di diritti di prelazione".

Nel caso di specie, la BNA non ebbe mai a contestare l’esistenza del diritto di prelazione del Banco di Napoli, ma, anzi, proprio nel presupposto dell’esistenza e della validità dell’atto di concessione di ipoteca da parte della M. ed in favore dello stesso Banco di Napoli, agì in revocatoria al di fuori del processo esecutivo – e per di più prima che questo pervenisse alla fase della distribuzione del ricavato – per ottenere che quell’atto fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti ex art. 2901 c.c..

2.1.- Pendente il processo esecutivo a seguito di pignoramento trascritto in data 11 marzo 1987 da parte di BNA ed intervenuto in sede esecutiva il Banco di Napoli, l’azione revocatoria veniva intrapresa con atto di citazione del 10 giugno 1991, mentre il bene pignorato era venduto il 9 gennaio 1992; quindi, il riparto veniva effettuato in data 25 maggio 1994 e la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria interveniva soltanto nel 1998.

Ne segue che, alla data della distribuzione, il privilegio del Banco di Napoli era esistente ed era ancora efficace anche nei confronti di BNA; quest’ultima non avrebbe potuto agire per contestarne la sussistenza ex art. 512 c.p.c., e, quanto all’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., era stata già regolarmente instaurata ed era all’epoca pendente, sicchè, se fosse stata riproposta in sede distributiva, si sarebbe venuta a determinare una situazione di litispendenza.

Correttamente, pertanto, all’epoca il ricavato della vendita del bene pignorato venne assegnato al creditore ipotecario di primo grado.

2.3.- Con l’azione di cui al presente ricorso, l’allora BNA, poi Banca Antoniana Popolare Veneta (quindi, Banca Antonveneta) non ha inteso contestare il progetto di distribuzione ed il relativo provvedimento di assegnazione della somma all’allora Banco di Napoli, ma ha inteso chiedere a quest’ultimo la restituzione della somma, la cui percezione è divenuta illegittima nei confronti di BNA soltanto dopo ed a seguito dell’accoglimento dell’azione revocatoria proposta da quest’ultima; accoglimento, sopravvenuto alla distribuzione. Si tratta di un’ipotesi di sopravvenuta carenza di titolo di prelazione spendibile nei confronti del creditore concorrente, vittorioso in revocatoria. La situazione processuale è A assimilabile a quella che si viene a determinare quando sopravvenga dopo la distribuzione del ricavato la caducazione del titolo esecutivo posto a base dell’azione esecutiva nei confronti del debitore ovvero la caducazione del titolo in forza del quale è stata iscritta l’ipoteca (cfr. Cass. n. 7036/03, nel senso dell’ammissibilità della restituzione successivamente all’esecuzione forzata in caso di sopravvenuta perdita di validità della procedura esecutiva "legalmente accertata"): il titolo esecutivo od il titolo dell’iscrizione ipotecaria (ad esempio un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo), pur sussistente come tale al momento della distribuzione, potrebbe venire meno – per ragioni diverse da quelle che il debitore od il creditore concorrente possono fare valere con i rimedi tipici del processo esecutivo (come nel caso di titolo esecutivo di formazione giudiziale che venga meno nel corso dello stesso giudizio nel quale si è formato) – dopo la distribuzione ed, in tale eventualità, il provvedimento conclusivo del processo esecutivo bene potrebbe essere rimosso ad istanza del debitore (o del creditore concorrente).

Allo stesso modo, nel caso di specie, venuta meno l’efficacia della prelazione ipotecaria in favore dell’allora Banco di Napoli nei confronti dell’allora BNA, ciò che viene posto in discussione non è il progetto di distribuzione approvato ed eseguito alla data del 25 maggio 1994, ma il diritto di BNA (ed oggi del suo successore) di rivalersi nei confronti del Banco di Napoli (ed oggi del suo successore) per aver perso la garanzia ipotecaria a causa del fatto che il creditore concorrente si avvalse di un’ipoteca che aveva ottenuto in frode alle ragioni creditorie della controparte.

2.4.- Con la presente azione -come correttamente osservato dal giudice a quo- l’odierna resistente tende ad elidere nei confronti dell’odierna ricorrente gli effetti dell’atto di concessione di ipoteca, vale a dire a porre nel nulla le conseguenze pregiudizievoli dell’atto revocato, essendo quindi la presente azione consequenziale a quella esperita ai sensi dell’art. 2901 c.c..

La peculiarità è data dal tipo di atto revocato, essendo questo un atto costitutivo di garanzia reale su un bene che, essendo stato espropriato, non può essere più restituito a BNA (ed oggi al suo successore), perchè, quale creditore, a sua volta, ipotecario, possa avvalersi del proprio diritto di e-spropriarlo, ex art. 2808 c.c..

Non potendo, in questa peculiare ipotesi, operare, come si tornerà a dire trattando del quarto motivo di ricorso, l’effetto tipico della revoca-toria, correttamente BNA (poi Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A., quindi Banca Antoveneta S.p.A.), ed oggi ELIPSO FINANCE s.r.l., quale cessionaria, si è avvalsa della presente azione.

3.- Col terzo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2915 c.c., comma 2, perchè la citazione del 10 giugno 1991 con la quale BNA ha iniziato l’azione revocatoria non era stata trascritta, così come non era stata trascritta la sentenza di accoglimento notificata il 6 ottobre 1998 e quindi, secondo la ricorrente, questa non sarebbe stata opponibile, ex art. 2952 c.c., n. 5 e art. 2915 c.c., comma 2 nei confronti del Banco di Napoli, creditore intervenuto nella procedura esecutiva intrapresa con pignoramento precedentemente trascritto a favore della stessa BNA. Secondo la ricorrente avrebbe pertanto errato il giudice di secondo grado che, nel riformare sul punto la sentenza del Tribunale, ha ritenuto che le norme richiamate non possano trovare applicazione nel caso di specie "atteso che in questo vi è coincidenza tra soggetto passivo della revocatoria e creditore intervenuto nella procedura esecutiva". 3.1.- Il motivo è infondato. Quanto deciso dalla Corte d’Appello è conforme al diritto poichè il Banco di Napoli (poi incorporato nel San Paolo IMI S.p.A., oggi Intesa San Paolo S.p.A.) non è terzo rispetto all’azione revocatoria, ma è proprio il soggetto passivo di quest’ultima; quindi, nei suoi confronti la sentenza notificata il 6 ottobre 1998, come rilevato dalla Corte territoriale, produce i suoi effetti direttamente ed immediatamente, operando la regola dell’art. 2952 c.c., n. 5 per l’opponibilità della sentenza rispetto ai terzi aventi causa o creditori del convenuto in revocatoria, non certo nei confronti dello stesso convenuto.

Analogamente, non può trovare applicazione il disposto dell’art. 2915 c.c., comma 2 che regola il conflitto tra i creditori, pignorante od intervenuti, ed i terzi acquirenti del bene pignorato in forza di atto o di domanda soggetti a trascrizione, mentre nel caso di specie il conflitto è tra creditore pignorante e creditore intervenuto nello stesso processo esecutivo e va regolato, rispetto all’azione revocatoria esercitata in pendenza di processo esecutivo, secondo quanto già detto trattando dei primi due motivi di ricorso.

4.- Col quarto motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., per avere la Corte d’Appello condannato l’odierna ricorrente anche al pagamento della rivalutazione e degli interessi a far data dal 25 maggio 1994 (data del provvedimento di assegnazione, in sede esecutiva, della somma ricavata dalla vendita coattiva, in favore del creditore Banco di Napoli), deducendo la ricorrente che i debiti conseguenti all’accoglimento dell’azione revocatoria, con sentenza da qualificarsi come costitutiva, sarebbero debiti di valuta e non di valore, e come tali andrebbero trattati quanto alla spettanza ed alla decorrenza di rivalutazione ed interessi, alla stregua di quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 437 del 2000. 4.1.- Il motivo è infondato.

Nel caso di specie, essendo stato revocato un atto di concessione di ipoteca, il creditore vittorioso in revocatoria, a sua volta titolare del diritto di garanzia sullo stesso bene, avrebbe avuto diritto di mantenere tale garanzia al fine di espropriare il bene e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione (arg. ex art. 2808 c.c.).

Tuttavia, questa prestazione è divenuta impossibile in quanto il bene è stato già espropriato, essendo stato venduto all’asta il 9 gennaio 1992.

E’ corretta la decisione impugnata laddove ha ritenuto che, in questo caso, spetta al creditore vittorioso in revocatoria la reintegrazione per equivalente in relazione al valore del bene determinato tenendo conto del prezzo ricavato dalla vendita coattiva; poichè quest’ultimo è stato utilizzato soltanto come parametro di riferimento per la reintegrazione del patrimonio del soggetto danneggiato, il credito relativo si configura come credito di valore, così come ritenuto dal giudice a quo.

Si tratta di statuizione conforme ai principi più volte espressi da questa Corte in tema di conseguenze dell’azione revocatoria, laddove si è ritenuto che l’interesse del creditore ad agire in revocatoria sussiste anche quando il bene oggetto dell’atto di cui si chiede la revoca non sia più nella disponibilità dell’acquirente, per essere stato da questo alienato a terzi con atto trascritto anteriormente alla trascrizione dell’atto di citazione in revocatoria. Anche in tal caso, infatti, l’eventuale accoglimento dell’azione revocatoria consentirà all’attore di promuovere nei confronti del convenuto le azioni di risarcimento del danno o di restituzione del prezzo dell’acquisto, e ciò quand’anche le relative domande non siano state formulate congiuntamente alla domanda revocatoria, potendo queste ultime essere formulate anche successivamente (così Cass. n. 18369/10; cfr. anche Cass. n. 14098/09, nonchè già Cass. n. 7790/99, citata nella sentenza impugnata). Il principio è applicabile anche al caso di specie, poichè, anche in tale fattispecie, come in quella considerata dai menzionati precedenti, si è reso impossibile per il creditore vittorioso in revocatoria avvalersi immediatamente degli effetti di cui all’art. 2902 c.c..

In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore della resistente, nella somma di Euro 7.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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