Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2011) 27-10-2011, n. 39091

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del giudice di pace di Ancona in data 19.11.2009 i due imputati venivano assolti dal reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, loro contestato come accertato in data (OMISSIS), sul presupposto che gli stessi non risultavano esser stati colti nell’atto di varcare i confini dello stato, cosicchè non potevano essere apprezzati gli elementi della fattispecie, da ritenere integrati solo quando lo straniero faccia ingresso nel territorio italiano, senza essere in possesso del passaporto o di altro documento equipollente.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la corte d’Appello di Ancona, per dedurre erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione: viene rilevato che il reato di cui all’art. 10 bis è contravvenzione costruita a doppia configurazione alternativa, quale l’ingresso o la permanenza sul territorio dello stato. Ai due imputati fu contestato di aver fatto ingresso sul territorio dello stato in violazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 286 del 1998, risultando in fatto che gli stessi erano da tempo nel territorio dello stato. Da ciò doveva discendere, secondo il ricorrente, l’attribuzione ai due imputati sia della condotta di ingresso illegale, che quella della permanenza illegale, cosicchè viene chiesto l’annullamento della sentenza.

3. Nelle more è stata depositata una memoria, con cui la difesa dei due imputati si duole del fatto che l’ipotesi di condanna per ingresso illegale proposta dal ricorrente realizzerebbe uno stravolgimento dei termini dell’accusa ed un reale pregiudizio dei diritti della difesa, poichè l’aver fatto ingresso nel territorio dello stato in violazione delle disposizioni di legge sarebbe ontologicamente diverso da quanto emerso dalle risultanze processuali e cioè dalla permanenza illegale, ragion per cui i due imputati non potrebbero essere condannati in mancanza di una modifica del capo di imputazione. Il fatto a cui fa riferimento. Il Procuratore Generale ricorrente è diverso da quello contestato, ma a fronte dell’assoluzione sarebbe precluso un nuovo giudizio su una nuova e completa contestazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato. Premesso che il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis contestato agli imputati prevede come ipotesi alternative l’ingresso e il successivo trattenimento, emerge dagli atti del processo che i predetti erano privi di qualsivoglia documento identificativo e non avevano il permesso di soggiorno e in tale circostanza è giocoforza ritenere che il loro ingresso sia stato irregolare, tanto più che gli stessi non hanno opposto alcun titolo di ingresso o soggiorno, legittimante la loro condizione. E’ ben vero che si potrebbe ipotizzare che il loro ingresso sia avvenuto in epoca precedente la L. n. 94 del 2009, ma anche in tale caso l’eventualità che si siano allontanati, senza essere attinti da ordine di espulsione ed abbiano fatto reingresso regolarmente, poco prima dell’accertamento, appare ipotesi sfornita di base concreta.

A ciò si deve aggiungere, come è stato sottolineato in recenti arresti di questa Corte (ex pluribus Sez. 1, 1.12.2010, n. 57, PG/Benjannet) che al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 4 e 5 è previsto un termine per la richiesta di permesso di soggiorno, collegata però alla situazione in cui l’ingresso sia regolarmente avvenuto, attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti, mediante esibizione di passaporto o documento equipollente valido in base a regolare visto di soggiorno, salvi i casi di esenzione per i cittadini dell’area Schengen. Ora, un ingresso clandestino e senza visto da paesi terzi non legittima una permanenza avente caratteristiche di volontarietà ed apprezzabile continuità sul territorio dello stato (caratteristiche ricavabili dal concetto del "trattenersi sul territorio", usato dal legislatore), neppure per il periodo limitato di otto giorni di cui al citato decreto, art. 5.

La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di pace di Ancona.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace di Ancona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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