Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-04-2012, n. 6264 Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ricorso del 7 aprile 1995 i fratelli L., C. e P.S., debitori esecutati nella procedura esecutiva n. 208/85, intrapresa dall’allora Banco di Santo Spirito (poi Unicredit Banca di Roma S.p.A.) dinanzi al Tribunale di Teramo, in forza di pignoramento notificato il 16 ottobre 1985 e trascritto il 21 ottobre 1985 (nella quale era intervenuto il Condominio (OMISSIS)), proposero opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., chiedendo, previa sospensione della vendita fissata per il 19 aprile 1995, la dichiarazione di nullità assoluta o di inesistenza dell’atto di pignoramento perchè non sottoscritto, quindi di tutti gli atti successivi.

Il giudice dell’esecuzione sospese il processo esecutivo con provvedimento del 10 aprile 1995.

Si costituirono la Banca creditrice procedente ed il Condominio, creditore intervenuto, ed eccepirono la tardività dell’opposizione.

1.2.- Con sentenza pubblicata il 24 novembre 2009 il I f Tribunale di Teramo ha dichiarato inammissibile l’opposizione; ha dichiarato cessata la materia del contendere nei confronti del Condominio; ha condannato gli opponenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite.

2.- Avverso la sentenza, L., C. e P.S. hanno proposto ricorso straordinario per cassazione affidato a tre motivi.

Non si sono difesi gli intimati.

Seguito il procedimento ex art. 380 bis cod. proc. civ., e depositata memoria da parte dei ricorrenti, in esito alla camera di consiglio del 15 giugno 2011, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza;

quindi, trattata all’udienza del 28 febbraio 2012.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso per cassazione dei P. è svolto in tre motivi:

attraverso il primo la decisione è censurata per non avere applicato la sanzione della nullità assoluta e dell’inesistenza dell’atto di pignoramento non sottoscritto; attraverso il secondo si lamenta che il difetto di sottoscrizione dell’atto di pignoramento sia stato ritenuto sanabile per la mancata opposizione agli atti esecutivi nel termine previsto dall’art. 617 c.p.c.; attraverso il terzo si lamenta, infine, che il vizio denunciato non sia stato ritenuto rilevabile d’ufficio per l’intero corso del processo esecutivo.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e la decisione impugnata è conforme a diritto, sebbene la motivazione debba essere corretta nei termini che seguono, ex art. 384 cod. proc. civ., u.c..

2.- Il Tribunale di Teramo ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione per mancato rispetto del termine di cui all’art. 617 c.p.c. (essendo stato proposto il ricorso quasi dieci anni dopo il pignoramento e dopo che vi era stato il decreto di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c. e l’espletamento della relazione di stima da parte dell’esperto).

Nella relazione depositata in Cancelleria ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., comma 1, è stato ribadito l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 1186/2003, secondo la quale "il difetto di sottoscrizione dell’atto di pignoramento è elemento invalidante l’atto in sè e gli atti successivi ad esso collegati ed è rilevabile mediante opposizione agli atti esecutivi, proponibile nel termine di cinque giorni dal compimento dell’atto e degli atti successivi, purchè collegati a quello viziato".

Parte ricorrente, con la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., comma 2, ha contestato che il principio sia applicabile al caso di specie perchè riguardante fattispecie diversa, specificamente il caso dell’atto di pignoramento sottoscritto da procuratore esercente fuori dal distretto di Corte di Appello di sua appartenenza, all’epoca rilevante quale vizio dell’atto.

Ha altresì contestato che potessero essere richiamati come precedenti conformi gli altri indicati nella stessa relazione (Cass. n. 2069/82 e Cass. n. 134/84, nonchè Cass. n. 7017/97).

Ha quindi insistito nel sostenere che la mancanza di sottoscrizione non costituisce una questione di irregolarità formale dell’atto di pignoramento immobiliare, bensì una questione di inesistenza del pignoramento, del quale la sottoscrizione costituisce elemento costitutivo, inderogabile; essa sarebbe tale che la sua mancanza sarebbe ostativa alla prosecuzione del processo esecutivo ed invaliderebbe ogni atto esecutivo successivo, che sarebbe, perciò, di volta in volta opponibile nel termine di venti giorni dal suo compimento ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ..

3.- In effetti, questa Corte ha avuto modo di occuparsi della questione dei requisiti di contenuto-forma rilevanti per la validità dell’atto di pignoramento in diverse occasioni, tra loro non sempre omogenee; in particolare, con riguardo alla sottoscrizione dell’atto di pignoramento immobiliare, la questione, nella maggioranza dei casi, è venuta a confondersi od a sovrapporsi con l’altra -connessa, ma non del tutto coincidente – della necessità dell’intermediazione del difensore; questioni, entrambe, sulle quali anche la dottrina è apparsa divisa, sia quanto alla necessità della sottoscrizione della parte personalmente sia quanto alla necessità di mandato difensivo ed, ancora, quanto alla natura del vizio generato dalla mancanza od irregolarità dell’una e/o dell’altro.

Essendo previsto già dall’art. 555 cod. proc. civ. che l’atto di pignoramento, quale atto introduttivo dell’espropriazione immobiliare, debba essere fatto per iscritto, la norma sulla quale si è appuntata l’attenzione degli interpreti è quella dell’art. 170 disp. att. cod. proc. civ., letta in combinato disposto con l’art. 125 cod. proc. civ..

Il primo articolo stabilisce che "l’atto di pignoramento di beni immobili previsto nell’art. 555 c.p.c., deve essere sottoscritto, prima della relazione di notificazione, dal creditore pignorante a norma dell’art. 125 c.p.c."; quest’ultimo, a sua volta, stabilisce che gli atti in esso previsti (tra i quali non vi è il pignoramento) "debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore".

Si è così sostenuto da una parte della dottrina che sarebbe necessaria la sottoscrizione della parte personalmente, poichè a questa soltanto (e non all’ufficiale giudiziario, come avviene per il pignoramento mobiliare) deve essere riferita l’individuazione dei beni immobili del debitore da sottoporre a vincolo, con la conseguenza per cui l’atto di pignoramento immobiliare nemmeno potrebbe essere validamente sottoscritto dal difensore.

Sembra essere espressione di tale orientamento dottrinale il precedente costituito da Cass. n. 27943/2005 che ha ritenuto che l’art. 170 disp. att. cod. proc. civ. sia "norma speciale rispetto all’art. 83 cod. proc. civ., che riguarda i modi di conferimento della procura alle liti e gli atti dove la procura speciale può essere apposta".

Ritiene invece il Collegio di doversi discostare da detto precedente (richiamato anche in ricorso), prendendo le mosse dal precedente costituito da Cass. n. 5368/03 e ribadendo l’affermazione ivi contenuta (ma già presente in Cass. n. 1998/73), secondo cui l’atto di pignoramento immobiliare ha valore di domanda giudiziale introduttiva del processo di espropriazione.

Ne va altresì ribadito il corollario per il quale l’atto di pignoramento va sottoscritto dal creditore pignorante se sta in giudizio personalmente o dal suo difensore munito di procura (così anche Cass. n. 5910/06, che afferma che "dai principi secondo cui, per un verso, l’atto di pignoramento immobiliare deve essere sottoscritto (a norma del combinato disposto dell’art. 110 disp. att. c.p.c. e art. 125 c.p.c.) dal creditore pignorante (se sta in giudizio personalmente) o dal suo difensore munito di procura, e secondo cui, per altro verso, la procura rilasciata al difensore ha validità per tutto il preannunciato procedimento esecutivo (art. 83 c.p.c.) deriva che è valido l’atto di pignoramento immobiliare sottoscritto dal difensore al quale il creditore abbia conferito procura alle liti nell’atto di precetto"); resta così definito quanto già risultava da arresti meno recenti di questa Corte (cfr.

Cass. n. 1998/73, nonchè Cass. n. 7017/97), espressione tuttavia di un orientamento all’epoca non del tutto netto, quanto ai rapporti tra sottoscrizione dell’atto e necessità dell’assistenza tecnica (cfr., in termini non del tutto univoci, le massime di Cass. n. 570/72, n. 3647/74 e n. 2069/82).

Altra questione riguarda gli atti in cui possa essere contenuta la procura alle liti idonea al compimento degli atti del processo esecutivo: trattasi di questione che, sebbene diversa da quella concernente la sottoscrizione, con questa finisce per interferire, per come dimostrato dalla sovrapposizione delle questioni in numerosi precedenti (compresi quelli richiamati nelle memorie di parte ricorrente, oltre che nella relazione depositata ex art. 380 bis cod. proc. civ.).

Atteso che il presente ricorso non involge direttamente tale ultima questione, è sufficiente qui ribadire il principio più volte espresso da questa Corte secondo cui è valido l’atto di pignoramento immobiliare sottoscritto dal difensore al quale il creditore abbia conferito procura alle liti, oltre che nell’atto di pignoramento, nell’atto di precetto (cfr. già Cass. n. 482/79 e Cass. n. 5368/03 cit., nonchè Cass. n. 5910/06, che, come detto, ha superato l’isolato precedente costituito da Cass. n. 27943/05; cfr., altresì, per il principio secondo cui può ritenersi valida non solo per il precetto, ma anche per i successivi atti del processo esecutivo, la procura rilasciata per la fase di merito in quanto automaticamente estesa al compimento degli atti necessari alla realizzazione coattiva della pretesa scaturente dalla pronuncia giudiziale, Cass. n. 5368/03 cit. e n. 26296/07).

3.1.- Partendo quindi dal dato normativo, come sopra ricostruito, per il quale l’atto di pignoramento immobiliare, nel caso in cui il creditore non possa stare in giudizio personalmente, deve essere sottoscritto dal difensore, munito di procura, occorre occuparsi del vizio dell’atto che di tale sottoscrizione sia completamente privo.

Deve essere, al riguardo, ribadito il principio più volte espresso da questa Corte – peraltro seguito anche dalla sentenza impugnata – per il quale l’atto di pignoramento non sottoscritto dal difensore è nullo, pur con la precisazione che la nullità non sussiste quando vi sia comunque la sottoscrizione del procuratore apposta in calce o a margine della procura rilasciata nell’atto di pignoramento (cfr. già Cass. n. 3647/74; in applicazione di principio affermato a proposito dell’atto introduttivo del giudizio di cognizione, per il quale cfr.

Cass. n. 5711/96, n. 4617/04, n. 6225/05, n. 2070/08).

Il punto controverso riguarda piuttosto la possibile sanatoria di questa nullità.

Premesso che essa non può consistere nella mera richiesta della notificazione dell’atto rivolta all’ufficiale giudiziario dal difensore, pur munito di procura rilasciata nell’atto di precetto (cfr. Cass. n. 2812/62, n. 99/78, n. 7017/97), si tratta di affrontare i nodi giuridici posti dai tre motivi di ricorso con riguardo ai rapporti tra tale invalidità dell’atto di pignoramento ed il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi.

Si è affermato che il difetto della sottoscrizione della parte o del suo difensore è elemento invalidante l’atto ed è rilevabile mediante opposizione agli atti esecutivi, proponibile nel termine ex art. 617 cod. proc. civ., dal compimento dell’atto e degli atti successivi, purchè collegati a quello viziato (così Cass. n. 7017/97 e n. 1186/03).

Si tratta di principio che, pur dovendo essere ribadito (così come già fatto con la relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ.), necessita tuttavia di essere precisato quanto all’affermazione della "propagazione" del vizio agli atti "collegati" (collegamento, del quale i detti precedenti, che lo richiamano, non contengono definizione alcuna: ciò, che ha comportato i rilievi mossi dai ricorrenti alla relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ.) e quanto alla rilevabilità d’ufficio (affermata da Cass. n. 2069/82, come evidenziato nella memoria depositata dai ricorrenti ex art. 380 bis cod. proc. civ.).

In ordine alla rilevabilità d’ufficio, si ritiene che essa debba essere riconosciuta, anche con riguardo al caso di specie, in quanto espressione di altro principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte a proposito dell’opposizione agli atti esecutivi: questo rimedio, quando abbia ad oggetto un atto radicalmente nullo, non è soggetto al termine dell’art. 617 cod. proc. civ. (così Cass. n. 4798/01 e n. 15184/03, tra le altre), e consente il rilievo officioso del vizio.

Correlata spesso a quella di cui sopra è l’ulteriore affermazione, che invece non può essere riferita al caso di specie, per la quale detto rilievo officioso sarebbe consentito al giudice per tutto il corso del processo esecutivo.

Orbene, i principi anzidetti devono essere coordinati con la ricostruzione del procedimento esecutivo, non come sequenza di atti preordinati all’unico provvedimento finale (secondo lo schema proprio del processo di cognizione), ma come successione di sub procedimenti e cioè come serie autonoma di atti preordinati a successivi provvedimenti esecutivi; tale autonomia di ciascuna fase rispetto a quella precedente comporta che le situazioni invalidanti, che si producano nella fase che è conclusa dalla ordinanza di autorizzazione della vendita, sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo – mediante opposizione agli atti esecutivi proponibile anche dopo che detta ordinanza è stata pronunciata o d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, in deroga all’espresso dettato dell’art. 569 cod. proc. civ. – solo in quanto impediscano che il processo consegua il risultato che ne costituisce lo scopo, e cioè l’espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori (Cass. S.U. n. 11178/1995).

Ritiene il Collegio che il vizio della mancanza di sottoscrizione dell’atto di pignoramento sia rilevabile d’ufficio dal giudice dell’esecuzione per tutto il corso della prima "fase" del processo esecutivo, vale a dire quella che si conclude con l’emissione dell’ordinanza di vendita, alla stregua del principio espresso dalle Sezioni Unite.

Il vizio della mancanza di sottoscrizione dell’atto di pignoramento comporta, peraltro, l’invalidità dell’ordinanza di vendita, da intendersi come atto "collegato" all’atto di pignoramento in quanto atto finale della serie autonoma di atti che da luogo al sub- procedimento finalizzato appunto all’autorizzazione alla vendita ex art. 569 cod. proc. civ., così intendendosi definire quel rapporto di "collegamento" tra atto di pignoramento ed atti esecutivi successivi, presupposto, ma non chiarito, dai precedenti sopra richiamati (Cass. n. 7017/97 e n. 1186/03).

Tuttavia, l’invalidità "derivata" dell’ordinanza di vendita non è idonea a "propagarsi" oltre il limite del compimento di tale atto processuale, poichè il vizio dell’atto pignoramento non impedisce al processo esecutivo di pervenire al suo esito fisiologico.

Ne segue che il vizio della mancanza di sottoscrizione dell’atto di pignoramento può essere rilevato anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione fino al momento dell’emissione dell’ordinanza di vendita e può essere fatto valere fino a tale momento od al più tardi nel termine di venti giorni decorrente dalla conoscenza legale che il debitore esecutato abbia avuto dell’ordinanza di vendita, con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi; in mancanza, esso non inficia l’ordinanza di vendita e gli atti successivi. Ciò, nel presupposto che si tratti di un atto di pignoramento per il resto conforme al modello legale quanto all’individuazione dei beni oggetto dell’espropriazione ed all’ingiunzione a non disporne rivolta al debitore (oltre che all’opponibilità ai terzi, assicurata dalla trascrizione); così configurato, l’atto è idoneo a conseguire lo scopo dell’espropriazione dei beni pignorati come mezzo per la soddisfazione dei creditori. Tenendo ferma la qualificazione dell’atto di pignoramento come domanda giudiziale introduttiva del processo di espropriazione immobiliare (da completarsi, peraltro, con la domanda esecutiva che è presente nella successiva istanza di vendita), da cui si sono prese le mosse, si rileva che, così come si è ritenuto che il vizio dell’atto introduttivo del giudizio di cognizione costituito dalla mancanza di sottoscrizione (qualificato anche in termini di inesistenza: cfr., da ultimo, Cass. ord. n. 1275/11, nonchè già Cass. n. 4116/01) risulti sanato se non dedotto come motivo di nullità della sentenza ex art. 161 cod. proc. civ., allo stesso modo il vizio dell’atto di pignoramento mancante di sottoscrizione risulta sanato se non rilevato d’ufficio fino all’emissione dell’ordinanza di vendita o comunque non dedotto con opposizione agli atti esecutivi nel termine ultimo di venti giorni, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., decorrente dalla conoscenza legale di tale ordinanza.

4.- L’applicazione dei principi di cui sopra al caso di specie comporta il rigetto del ricorso, atteso che l’atto introduttivo del giudizio di opposizione del 7 aprile 1995 risulta proposto ben oltre il termine di cinque giorni (fissato dall’art. 617 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis) dalla data di emissione dell’ordinanza di vendita, con la quale questa era stata fissata per il successivo 19 aprile 1995, come affermato in ricorso. Gli intimati non si sono difesi e quindi non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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