T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 28-11-2011, n. 1773 Condono Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. S.P. è proprietario di un terreno sito nel Comune di Valdagno, in via Lora di Sotto n. 28, catastalmente censito al foglio 11, mappale n. 1304.

B. In data 3 maggio 1999 l’amministrazione comunale ha rilasciato una concessione edilizia per la costruzione, sul suddetto terreno, di un annesso rustico, previa costituzione di un vincolo, ex art. 6 della l.r. n. 24 del 1985, a mantenere tale destinazione d’uso. Il P. ha, dunque, sottoscritto il relativo atto d’obbligo e, successivamente, in data 8 marzo 1999, il vincolo è stato trascritto nei registri immobiliari.

C. A seguito della parziale modifica della destinazione d’uso dell’annesso rustico in residenza, il P. ha presentato, il 10 dicembre 2004, una domanda di condono, favorevolmente riscontrata in data 23 luglio 2007.

D. Nello specifico, il condono ha avuto ad oggetto una porzione del piano terra del manufatto (nella quale sono stati realizzati una camera, la cucina, l’ingresso ed il bagno), mentre il portico, localizzato sempre al piano terra, ed il primo piano hanno mantenuto la destinazione originaria (all. 5 delle produzioni documentali di parte ricorrente).

E. Il 28 dicembre 2010 il P. ha presentato una domanda di permesso di costruire per l’ampliamento della parte residenziale del suddetto fabbricato, da realizzazione mediante la modifica della destinazione d’uso della parte rustica residua e la costruzione di un locale interrato da adibire a garage.

F. Con nota del 12 gennaio 2011 l’amministrazione comunale ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, evidenziando che l’edificazione è stata originariamente assentita in forza delle previsioni di cui alla l.r. n. 24 del 1985 (che, al tempo, disciplinava l’edificazione in area agricola) nonché l’esistenza e la perdurante efficacia del vincolo prescritto dall’art. 6 di tale testo normativo e, conseguentemente, l’insussistenza dei presupposti necessari per l’ammissibilità dell’intervento.

G. Il P. ha, dunque, presentato un parere legale, con il quale sono state rappresentate le argomentazioni tecniche a sostegno dell’assentibilità dell’intervento.

H. In data 5 aprile 2011 l’amministrazione comunale ha adottato il provvedimento di diniego della domanda di permesso di costruire.

I. Avverso il suddetto provvedimento S.P. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, deducendone l’illegittimità per:

– violazione dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985, degli artt. 44, comma 5, 45 e 49 comma 1 della l.r. n. 11 del 2004, dell’art. 5 della l.r. n. 30 del 2010, giacché in forza dell’art. 44, comma 5 sopra citato è sempre ammesso l’ampliamento della volumetria del fabbricato residenziale sito in zona agricola fino al raggiungimento del limite di 800 mc., ampliamento conseguibile anche mediante una modifica di destinazione d’uso. La stessa difesa, inoltre, sostiene che, a seguito dell’entrata in vigore della l.r. n. 11 del 2004, che ha abrogato la l.r. n. 24 del 1985, i vincoli di destinazione d’uso imposti dalla previgente normativa sono divenuti inefficaci e che, anche ove si ritenesse che tali vincoli siano ancora efficaci, sono, comunque, regolati dalla nuova legge regionale, che reca una specifica disciplina all’art. 45. Tale disposizione, interpretata anche alla luce dell’art. 44, comma 5, non esclude la possibilità di ampliamento anche in relazione agli edifici esistenti vincolati. Viene, inoltre, sostenuto che, in ogni caso, l’intervento in esame deve essere qualificato in termini di ristrutturazione edilizia, consistendo, infatti, nella sola modifica di destinazione d’uso, sicché, per effetto delle modifiche introdotte con la l.r. n. 30 del 2010 – che ha ammesso in area agricola, a prescindere dalla previsioni del P.A.T. e del P.I. anche gli interventi di cui alla lettera d) del D.P.R. n. 380 del 2001 – del tutto illegittimamente l’amministrazione ha adottato il provvedimento reiettivo;

– violazione dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985 ed eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto ed erroneità nell’interpretazione dell’atto unilaterale d’obbligo, non avendo l’amministrazione considerato che, tale atto, ha previsto che "l’impegno si ritiene valido salvo variazione della sopracitata Legge Regionale", la quale è stata abrogata, con conseguente venir meno del vincolo;

– violazione dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985 ed eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto ed erroneità nell’interpretazione dell’atto unilaterale d’obbligo, in quanto, tale atto, ha anche previsto la possibilità che l’impegno a mantenere la destinazione d’uso possa essere superato con un’autorizzazione del Sindaco. Su tali basi la difesa del ricorrente richiama il noto orientamento affermato dal giudice dall’appello in relazione all’interpretazione dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985, con il quale è stato evidenziato che la disposizione, nella parte in cui ha previsto il venir meno del vincolo "sino alla variazione dello strumento urbanistico" deve essere interpretata non già nel senso di escludere altre modalità estintive o modificative, dovendosi sempre riconoscere il potere dell’amministrazione di operare, anche prima della suddetta variazione, una diversa scelta allorché il nuovo uso sia consentito dallo strumento urbanistico e non incompatibile con le caratteristiche della zona, così da essere insuscettibile di recare pregiudizio all’assetto territoriale della medesima, non solo sotto il profilo delle strutture ma anche sotto quello funzionale;

– eccesso di potere per contraddittorietà tra provvedimenti, risultando del tutto ingiustificata la scelta dell’amministrazione che prima ha accolto, con il provvedimento del 2007, la domanda di condono in relazione ad una porzione del manufatto e, poi, con il provvedimento gravato, ha rigettato l’istanza di permesso di costruire pure riferita ad una modifica di destinazione d’uso della parte residua del medesimo edificio.

L. Il Comune di Valdagno si è costituito in giudizio per resistere al gravame, sostenendo la legittimità del provvedimento gravato, in considerazione della permanenza del vincolo, trasformato, con la legge regionale n. 11 del 2004 da vincolo privatistico di natura reale in vincolo urbanistico, in quanto tale modificabile solo attraverso lo strumento del piano degli interventi. A sostegno di tale tesi, la difesa dell’amministrazione adduce una serie di argomenti, osservando, tra l’altro, che l’art. 43 della l.r. n. 11 del 2004 riserva espressamente al piano degli interventi la definizione delle destinazioni d’uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell’azienda agricola. La stessa difesa, inoltre, evidenzia l’irragionevolezza dell’interpretazione degli artt. 44 comma 5 e 45 della l.r. n. 11 del 2004 avallata dal ricorrente, la quale, infatti, finirebbe con lo svuotare sostanzialmente di significato la disciplina prevista a tutela delle aree agricole, tradendo la ratio ad essa sottesa con una radicale vanificazione dei vincoli di destinazione d’uso sottoscritti ai sensi dell’art. 6 della l.r. n. 23 del 1985. In relazione, inoltre, alle modifiche introdotte alla l.r. n. 11 del 2004 con la l.r. n. 30 del 2010, la difesa dell’amministrazione sottolinea l’erronea qualificazione dell’intervento da parte del ricorrente giacché la modifica di destinazione d’uso di un edificio urbanisticamente non compatibile con l’area sulla quale insiste non può essere ricompresa tra gli interventi di ristrutturazione edilizia. Viene, infine, rilevata anche l’assenza di contraddizioni nell’operato dell’amministrazione, in quanto la circostanza che l’istanza di condono sia stata accolta nel 2007 in relazione alla modifica di destinazione d’uso di porzione dell’edificio non ha determinato alcuna variazione della destinazione urbanistica dell’area sulla quale sorge il manufatto e, come peraltro ribadito dalla giurisprudenza, non dà alcun titolo per ulteriori interventi edilizi sull’edificio condonato, che non siano conformi alla prescrizioni e norme urbanistiche.

M. Con ordinanza n. 1108 del 30 giugno 2011 questa Sezione, valutando che le ragioni e le esigenze di parte ricorrente potessero essere tutelate adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, ne ha disposto la trattazione ai sensi dell’art. 55, comma 10 c.p.a..

N. All’udienza del 27 ottobre 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive posizioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. L’istanza di permesso di costruire ha ad oggetto un annesso rustico, regolarmente edificato, vincolato ai sensi dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985, che il ricorrente intende integralmente destinare a residenza, completando, dunque, come esposto nella narrativa in fatto, la modificazione già parzialmente ed abusivamente avviata e sanata con l’accoglimento dell’istanza di condono presentata nel 2004.

2.1 Il Collegio rileva, in primo luogo, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, non è possibile sostenere che il suddetto vincolo, costituito ai sensi della sopra citata normativa, sia venuto meno a seguito dell’abrogazione della l.r. n. 24 del 1985; ciò in quanto la l.r. n. 11 del 2004 contiene, all’art. 45, una specifica disciplina in materia di vincoli, con si pone in linea di continuità con la normativa previgente.

2.2. La suddetta disposizione, infatti, nel prevedere, ai fini che in questa sede rilevano, che "le abitazioni esistenti mantengono il vincolo di non edificazione sul fondo di pertinenza" e che "le abitazioni e gli edifici destinati a strutture agricoloproduttive determinano un vincolo di destinazione d’uso fino alla eventuale variazione del piano degli interventi", reca delle prescrizioni che non si riferiscono solo ai vincoli sorti successivamente alla sua entrata in vigore ma anche a quelli costituiti in base alla precedente normativa.

2.3. Si osserva, peraltro, che, anche sotto il profilo teleologico, una diversa interpretazione sarebbe difficilmente sostenibile, in considerazione della specifica funzione sottesa all’introduzione di tale vincolo, da individuare nell’esigenza di preservare e tutelare le aree agricole, impedendo che la connotazione rurale venga compromessa attraverso interventi con essa non compatibili.

2.4. Il vincolo di destinazione d’uso, oggetto dell’atto unilaterale d’obbligo sottoscritto dal ricorrente il 23 febbraio 1999, regolarmente trascritto nei registri immobiliari è, dunque, efficace, determinando la preclusione – con i limiti che nei successivi capi della presente pronuncia saranno esaminati – per il proprietario di modificare dal destinazione agricola del manufatto.

2.5. Né è possibile sostenere che, avendo l’atto unilaterale d’obbligo espressamente previsto che "l’impegno si ritiene valido salvo variazione della sopracitata Legge Regionale", il vincolo sia, comunque, venuto meno, dovendo tale clausola essere interpretata sia alla luce della fonte normativa del vincolo sia di una valutazione non formale ma sostanziale delle modifiche normative intervenute, considerando che, come sopra esposto, le previsioni contenute nell’art. 45 in esame, si pongono in linea di continuità con la normativa previgente.

2.6. Ciò chiarito, il Collegio deve soffermarsi sull’interpretazione degli art. 44, comma 5 e 45 della l.r. n. 11 del 2004, sostenuta dalla difesa del ricorrente al fine di sostenere la piena ammissibilità dell’intervento.

2.7. Ad avviso di parte ricorrente, infatti, le suddette disposizioni non escludono affatto la possibilità di ampliamento anche in relazione agli edifici esistenti vincolati e ciò in quanto l’art. 44, comma 5 sopra citato si riferisce a tutti gli immobili esistenti in area agricola, siano essi vincolati o meno, ammettendo, in ogni caso, l’ampliamento della volumetria del fabbricato residenziale sito in zona agricola fino al raggiungimento del limite di 800 mc..

2.8. Tale interpretazione non può essere avallata.

2.8.1. Il coordinamento tra l’art. 44 comma 5 e l’art. 45 in esame, non può che essere individuato, coerentemente alla ratio che ispira la normativa in materia di edificazione in area agricola, nella necessità, ai fini dell’assentibilità degli interventi previsti dall’art. 44, comma 5, che il manufatto non solo non sia abusivo ma che non sia neanche vincolato; in altri termini, una ricostruzione coerente delle due previsioni normative, porta ad escludere che gli interventi espressamente contemplati dall’art. 44, comma 5 e sempre ammessi possano essere riferiti ad immobili vincolati ai sensi del successivo art. 45.

2.8.2. Diversamente opinando, infatti, come correttamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione resistente, la prescrizione dei vincoli finirebbe, nella sostanza, con l’essere svuotata di significato e di una reale valenza precettiva, con l’inevitabile rischio della compromissione dei valori che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la previsione del vincolo stesso, il quale, peraltro, può venir meno, ai sensi della normativa in esame, solo con apposita variazione dello strumento urbanistico e, comunque, sussistendo specifiche condizioni.

2.8.3. Il Collegio reputa opportuno evidenziare che anche il giudice d’appello, nell’interpretare l’art. 44, comma 5 in esame in una fattispecie riferita agli ampliamenti ammessi, non ha mancato di sottolineare – sia pure ad altri fini ma con affermazione che ha valenza generale – che "in un coacervo normativo di tale significatività, coeso e teso alla tutela delle aree in questione, appare quanto meno azzardato ritenere che il legislatore regionale, utilizzando l’avverbio "sempre" nel citato comma 5, abbia voluto di fatto mettere in ombra tutto l’impianto normativo e consentire gli ampliamente voluti dall’appellante" (Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 798).

2.9. Del tutto erronea è anche la qualificazione dell’intervento in termini di ristrutturazione edilizia sostenuta dal ricorrente; la ristrutturazione edilizia, infatti, postula che la nuova destinazione sia urbanisticamente compatibile con le destinazioni d’uso ammesse, circostanza che, con tutta evidenza, non ricorre nella fattispecie. L’ampliamento, inoltre, è solo l’effetto che consegue ad un intervento di modifica di destinazione d’uso da agricola a residenziale del manufatto.

2.10 Alla luce delle considerazioni svolte, sia il primo sia il secondo motivo di ricorso sono, dunque, infondati.

3. Con il terzo motivo di ricorso la difesa del ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985 e censurato il vizio eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto ed erroneità nell’interpretazione dell’atto unilaterale d’obbligo, in quanto, tale atto, ha previsto la possibilità che l’impegno a mantenere la destinazione d’uso possa essere superato con un’autorizzazione del Sindaco, con ciò confermando la possibilità che, anche prima della variazione dello strumento urbanistico, l’amministrazione possa sempre operare una diversa scelta, ammettendo le modifiche di destinazione d’uso non incompatibili con le caratteristiche della zona, e, dunque, insuscettibili di recare pregiudizio all’assetto territoriale, non solo sotto il profilo delle strutture ma anche sotto quello funzionale.

3.1. La censura è infondata e va disattesa.

3.2. Il Collegio ritiene necessarie, in relazione alle deduzioni in esame, alcune considerazioni preliminari.

3.3. La difesa dell’amministrazione comunale ha sostenuto, come esposto nella narrativa in fatto, che la l.r. n. 11 del 2004 avrebbe determinato una variazione del vincolo in esame, da vincolo privatistico di natura reale in vincolo urbanistico, in quanto tale modificabile solo attraverso lo strumento del piano degli interventi. A sostegno di tale tesi, la difesa dell’amministrazione osserva che l’art. 43 della l.r. n. 11 del 2004 riserva espressamente al piano degli interventi la definizione delle destinazioni d’uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell’azienda agricola.

3.4. Il Collegio non ritiene che sia possibile avallare tale qualificazione, valutando ancora attuale l’orientamento espresso dal giudice d’appello che, in relazione all’interpretazione dell’art. 6 della l.r. n. 24 del 1985, ha osservato l’insussistenza di "un divieto assoluto di mutamento della destinazione d’uso nelle zone agricole in attesa che gli strumenti urbanistici provvedano a disciplinare puntualmente la materia, per cui, fintantoché ciò non accada, si possono assentire meri cambiamenti d’uso in tali aree tutte le volte che questi ultimi non si pongano in aperto contrasto con l’assetto urbanistico vigente" (cfr., Cons. St., Sez. V, 18 gennaio 1998 n. 8; Cons. St., Sez. V, 23 febbraio 2000 n. 949).

3.5. Le innovazioni apportate con la l.r. n. 11 del 2004, infatti, non sono tali da escludere la possibilità che l’amministrazione, anche prima delle variazioni della disciplina urbanistica, valutando il vincolo anacronistico, si determini ad ammettere la modifica della destinazione d’uso.

3.6. Ciò chiarito, il Collegio deve anche rilevare che è sempre necessario che il privato fornisca almeno un principio di prova in merito alla compatibilità dell’intervento con l’assetto urbanistico vigente.

3.7. Tale principio di prova non è stato, nella fattispecie, fornito dal ricorrente.

3.8. La circostanza che l’amministrazione abbia accolto nel 2007 l’istanza di condono in relazione ad una porzione del manufatto de quo, infatti, non è di per sé indicativa della sussistenza della suddetta compatibilità, anche considerando che, come chiaramente emerge dalla documentazione versata in atti (all. 5 delle produzioni documentali di parte ricorrente) il condono ha avuto ad oggetto una parte del manufatto meno consistente e sicuramente non preponderante rispetto a quella residua che il ricorrente intenderebbe destinare a residenza.

3.9. L’attualità del vincolo, dunque, non può essere contestata né sotto il profilo formale né sotto il profilo sostanziale, dovendosi anche osservare che solo in presenza di specifiche e particolari circostanze indicative dell’insussistenza di pregiudizi per l’area – nella fattispecie non sussistenti e, comunque, non indicate dalla difesa del ricorrente – può ammettersi una modifica della destinazione d’uso da agricola a residenziale, altrimenti suscettibile di compromettere l’assetto complessivo del territorio (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 18 aprile 2011, n. 3347).

4. Con il quarto motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà tra provvedimenti, risultando del tutto ingiustificata la scelta dell’amministrazione che prima ha accolto, con il provvedimento del 2007, la domanda di condono in relazione ad una porzione del manufatto e, poi, con il provvedimento gravato, ha rigettato l’istanza di permesso di costruire pure riferita ad una modifica di destinazione d’uso della parte residua del medesimo edificio.

4.1. Come correttamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione resistente, il D.L. n. 269 del 2003 e la relativa legge di conversione, non hanno previsto tra gli interventi insuscettibili di sanatoria anche quelli aventi ad oggetto immobili siti in area agricola sicché, in assenza di altri motivi ostativi, il condono non poteva essere negato.

4.2. Si osserva, inoltre, che, come affermato dalla consolidata giurisprudenza condivisa dal Collegio, l’accoglimento dell’istanza di condono non muta la destinazione urbanistica dell’area sulla quale sorge il manufatto e non dà alcun titolo per ulteriori interventi edilizi sull’edificio condonato, che non siano conformi alla prescrizioni e norme urbanistiche (cfr., ex multis, Cons. St. sez. V, 1 ottobre 2002, n. 5117; Cons. St. sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5175)

In conclusione, per le considerazioni sopra esposte, il ricorso va rigettato.

5. Le peculiarità della fattispecie e la relativa novità delle questioni trattate impongono, nondimeno, di compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo rigetta.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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