T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 28-11-2011, n. 1772

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. R.S. è proprietario di un edificio sito nel Comune di Arzignano, in via Quattro Martiri 16/d.

B. Il S., intendendo eseguire degli interventi edilizi su tale immobile, ha richiesto ed ottenuto due permessi di costruire: uno rilasciato il 9 gennaio 2006 avente ad oggetto "ristrutturazione ampliamento e sanatoria" ed uno rilasciato il 18 agosto 2007, riferito a "variazioni interne ed esterne".

C. Completati i lavori, l’amministrazione comunale ha rilasciato anche i certificati di agibilità.

D. E’ accaduto, però, che, a seguito di un’attività di verifica, l’amministrazione ha rilevato che i due suddetti permessi di costruire sono stati rilasciati sulla base di una falsa rappresentazione di quello che era lo stato dell’immobile prima dell’esecuzione dei lavori oggetto dei suddetti titoli edilizi. Oltre a ciò è stata anche contestata l’omessa esecuzione di opere previste dal progetto approvato. Quest’ultimo, infatti, includeva un intervento su una soletta tra il piano terra ed il primo; il piano terra, infatti, avrebbe dovuto essere abbassato da metri 2,85 a metri 2,70 ed i 15 cm. recuperati avrebbero dovuto essere utilizzati per aumentare l’altezza del primo piano sino a raggiungere metri 2,70.

E. In esito all’attività istruttoria, dunque, l’amministrazione ha rilevato – anche attraverso il raffronto con la relazione tecnica del 13 aprile 2005, relativa ad un sopralluogo eseguito in data 16 marzo 2005 – che, per effetto della sopraelevazione dell’edificio, è stato conseguito un incremento volumetrico significativo, dovendosi, infatti, computare, nel relativo calcolo, anche la soffitta, in precedenza non considerata in quanto presentava altezze inferiori a quelle minime previste ed ha anche contestato la contrarietà di tale intervento con le previsioni edilizie ed urbanistiche applicabili alla fattispecie e la violazione delle distanze dal confine di proprietà e dal ciglio stradale.

F. Con provvedimento del 29 dicembre 2009 l’amministrazione ha dichiarato la nullità dei due titoli edilizi e dei certificati di agibilità e, successivamente, in seguito alla notificazione del ricorso straordinario al Capo dello Stato del 26 aprile 2010, ha prima notificato l’atto di opposizione e, poi, adottato il provvedimento prot. n. 20652 del 30 giugno 2010, con il quale ha sostituito il prefato atto del 29 dicembre 2009 – a motivo della valutata sussistenza di vizi formali e procedimentali – riproducendone, nella sostanza, in contenuto.

G. Con tale provvedimento, infatti, sono stati annullati in autotutela – in applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 380 del 2001 – i titoli edilizi del 2006 e del 2007, come pure il certificato di agibilità rilasciato nel 2008 in relazione ai relativi interventi, a motivo delle falsità riscontrare, delle modifiche della sagoma, delle altezze, della cubatura, oltre che del contrasto con la normativa edilizia ed urbanistica vigente.

H. Valutando tecnicamente possibile la demolizione e verificata l’impossibilità di sanatoria, l’amministrazione ha anche ingiunto la demolizione, con l’avvertimento che, in caso di inottemperanza, le due porzioni di immobile in contestazione (piani primo e secondo) sarebbero state acquisite al patrimonio comunale, in applicazione dell’art. 31, commi 2 e 3 del D.P.R. n. 380 del 2001.

I. Il S. ha prestato acquiescenza all’ordine di demolizione, chiedendo una proroga del termine per l’esecuzione dei lavori, a causa sia degli oneri economici conseguenti sia della difficoltà di reperire nel periodo estivo un’impresa disponibile ad eseguirli. Tale istanza è stata rigettata dall’amministrazione comunale.

L. Il S., dunque, pur confermando l’intenzione di ripristinare l’immobile nell’assetto autorizzato, ha proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso il suddetto provvedimento del 30 giugno 2010, limitatamente alla qualificazione giuridica degli abusi, all’irrogazione della sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale ed all’annullamento del certificato di agibilità.

M. Il Comune di Arzignano ha, tuttavia, proposto opposizione ex art. 10 del D.P.R. 1199/1971, a seguito della quale il ricorrente ha depositato l’atto di costituzione in giudizio, chiedendo l’annullamento del provvedimento gravato.

N. La difesa del ricorrente ha dedotto, in primo luogo, il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, nonché censurato l’erronea applicazione dell’art. 92 della l.r. n. 61 del 1985 e dell’art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001. Ciò in quanto l’amministrazione non ha, ad avviso di parte ricorrente, adeguatamente indicato quale, tra le diverse tipologie di abuso contemplate dalle disposizioni sopra richiamate, sarebbe ravvisabile nella fattispecie, non essendo possibile operare una qualificazione delle violazioni contestate in termini di variazioni essenziali anche in considerazione dell’esigua modificazione dell’altezza e della scarsa rilevanza, a tal fine, della trasformazione della soffitta in locale residenziale.

Quanto all’annullamento del certificato di agibilità, pure disposto con il provvedimento gravato, è stato censurato il vizio di eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione, oltre a quello di illegittimità derivata, in quanto l’amministrazione non avrebbe legittimamente potuto procedere a tale annullamento in relazione all’intero immobile ma, eventualmente, solo limitatamente ai piani primo e secondo.

O. Il Comune di Arzignano si è costituito in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto infondato.

P. Con ordinanza n. 319 del 2011 questa Sezione ha accolto la domanda cautelare, in considerazione del pregiudizio lamentato e dell’opportunità di approfondire le deduzioni riferite alla qualificazione giuridica degli abusi.

Q. All’udienza del 27 ottobre 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di poter procedere direttamente all’esame del merito, non essendo stata sollevata alcuna eccezione preliminare e non emergendo questioni rilevabili d’ufficio.

2. Il ricorso è solo parzialmente fondato.

2.1. In relazione alla prima censura, il Collegio ritiene sufficiente rilevare che le modifiche eseguite hanno determinato una sostanziale variazione dei parametri urbanistico – edilizi, tra i quali rientra anche l’altezza, incidendo significativamente anche sul carico urbanistico.

Del tutto legittimamente l’amministrazione ha, infatti, contestato, tra l’altro, l’incremento volumetrico, la modifica della sagoma, la trasformazione della soffitta in abitazione nonché il contrasto dell’intervento con la disciplina comunale applicabile alla fattispecie.

2.2. Si osserva, inoltre, che, nella fattispecie, l’annullamento dei titoli edilizi è stato disposto, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 380 del 2001, non già per vizi meramente formali bensì sostanziali, conseguiti, peraltro, ad una falsa rappresentazione dello stato di fatto preesistente al rilascio del permesso di costruire.

2.3. Conformemente alla consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, la regola immanente all’art. 38 comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001 è rappresentata dall’operatività della sanzione reale che, in quanto effetto primario e naturale derivante dall’annullamento del permesso di costruire (così come della sua mancanza ab origine) non richiede all’amministrazione un particolare impegno motivazionale, ma rinviene nella legalità violata la sua giustificazione in re ipsa. La sanzione alternativa pecuniaria, ex art. 38 comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001 deve intendersi, infatti, riferita alle sole costruzioni assentite mediante titoli abilitativi edilizi annullati per vizi formali, e non anche sostanziali.

2.4. Nella fattispecie oggetto di giudizio, peraltro, l’amministrazione ha adeguatamente ed esaustivamente rappresentato i giustificativi alla base della determinazione assunta, non essendo ravvisabile, dunque, alcuna carenza del substrato motivazionale.

2.5. Si evidenzia, inoltre, che, come affermato dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 4 del 23 aprile 2009, l’affidamento del privato a poter conservare l’opera realizzata sulla base di un titolo edilizio successivamente annullato non é tutelato in via generale ma é rimesso alla discrezionalità del legislatore, al quale compete emanare norme speciali di tutela come la potenziale commutabilità della sanzione demolitoria in quella pecuniaria (art. 38 D.P.R. n. 380 del 2001), ovvero un regime di favore in sede di condono edilizio, come avvenuto con l’art. 39, l. n. 724 del 1994; in difetto di una espressa previsione legislativa, la posizione di colui che abbia realizzato l’opera sulla base di un titolo annullato non si differenzia dagli altri soggetti che hanno invece realizzato l’opera abusiva senza titolo.

2.6. Il primo motivo di ricorso è, dunque, infondato, avendo l’amministrazione legittimamente irrogato la sanzione demolitoria in relazione alle caratteristiche ed alla consistenza degli interventi eseguiti, alla quale è da riconnettere, nell’ipotesi di inottemperanza, l’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune delle opere abusive, che costituisce, infatti, atto consequenziale, connesso e collegato al provvedimento demolitorio.

3. Con il secondo motivo di ricorso è stato censurato, in relazione al disposto annullamento del certificato di agibilità, il vizio di eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione, giacché l’amministrazione non avrebbe legittimamente potuto procedere a tale annullamento con riferimento all’intero immobile ma, eventualmente, solo limitatamente ai piani primo e secondo.

3.1. La censura è fondata.

3.2. Dall’analisi del provvedimento gravato, infatti, emerge che la determinazione assunta dall’amministrazione non si è limitata al certificato rilasciato il 30 maggio 2008, afferente gli interventi oggetto dei titoli edilizi che hanno costituito oggetto di annullamento ma è estesa anche al piano terra, in relazione al quale viene censurata l’omessa esecuzione di un intervento, previsto progettualmente, con il quale avrebbe dovuto essere realizzata una soletta tra il piano terra ed il primo che, riducendo di 15 cm. l’altezza del piano terra, avrebbe consentito il corrispondente incremento di quella del primo piano, in modo da assicurare il raggiungimento di metri 2,70.

3.3. Se in relazione ai piani primo e secondo è stato correttamente disposto l’annullamento del certificato di agibilità – quanto al primo per la ridotta altezza e quanto al secondo per la sua abusività – (Cons. St., sez. V, 30 aprile 2009, n. 2760), la determinazione è illegittima nella parte relativa al piano terra, la cui altezza, di metri 2,85, è rimasta invariata ed è ampiamente sufficiente ad accogliere l’attività commerciale in atto.

Per le ragioni suesposte il ricorso è, quindi, solo parzialmente fondato, limitatamente alla parte del provvedimento con la quale è stato disposto l’annullamento del certificato di agibilità anche in relazione al piano terra.

4. Le spese di lite, compensate per un terzo in ragione dell’accoglimento della seconda censura, seguono per il restante la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie parzialmente, nei termini e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa le spese tra le parti in ragione di un terzo e condanna R.S. alla rifusione del residuo nei confronti del Comune di Arzignano, liquidandole in Euro 2.000,00 (duemila/00) per diritti e onorari e spese generali, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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