Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-10-2011) 27-10-2011, n. 38842

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di D.F.S. propone ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Milano emessa in data 1 aprile 2011 con la quale è stato confermato il provvedimento di custodia cautelare emesso dal gip del Tribunale di quella città a carico dell’indagato.

Con il primo motivo si lamenta violazione di legge e carenza di motivazione in relazione all’esistenza dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti di cui al capo FFF) dell’ordinanza impositiva. Premesso che tale contestazione si colloca nell’ambito di una più vasta indagine riguardante lo sviluppo di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, si rileva che l’odierno ricorrente non è stato ritenuto affiliato a quella consorteria, ma indiziato esclusivamente dell’associazione finalizzata al narcotraffico, malgrado il materiale investigativo non fornisse elementi di prova idonei a supportare la specifica contestazione elevata a suo carico.

Si osserva nel ricorso che l’esistenza dell’associazione contestata, basata sulla mera constatazione che alcuni affiliati avrebbero realizzato anche traffici di droga, è stata convalidata dal Tribunale del riesame pur in mancanza di elementi dimostrativi dell’esistenza di questo gruppo. La motivazione del provvedimento impugnato risulta estremamente scarna a riguardo ed, a fronte di tale genericità, nel ricorso sono richiamati gli elementi costitutivi dell’associazione secondo la giurisprudenza di legittimità, che si assumono tutti inesistenti nella specie.

2. Con il secondo motivo si lamenta carenza di motivazione con riferimento alla partecipazione del ricorrente all’associazione, desumendo che dalla motivazione adottata si trae la circostanza che l’intraneità di D.F. è stata desunta da una valutazione di tipo logico presuntivo, e non da un attento controllo del compendio indiziario. In particolare, parrebbe di poter ricostruire dagli elementi valorizzati che l’indagato gestisse le attività illecite in totale autonomia, senza soggiacere a forme di controllo dei vertici della presunta associazione. Si contesta che sia mai stato sollecitato all’odierno ricorrente un incontro chiarificatore e si rileva che le cessioni a lui attribuite riguardano sempre quantitativi modici di sostanza in favore di un unico soggetto, e non risultano valorizzati nel provvedimento impugnato o nelle intercettazioni telefoniche che sono poste a base dello stesso la presenza di relazioni del ricorrente con altre persone facenti capo alla medesima organizzazione, giungendo così a ritenere che gli elementi esaminati realizzino, nell’ipotesi più grave, una serie di condotte inquadrabili nel concorso di persone nel reato continuato, invece che nel reato associativo contestato.

3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla contestazione della circostanza aggravante del D.Lgs. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7. Si osserva che il Tribunale nulla ha dedotto in argomento nel provvedimento impugnato, malgrado la specifica contestazione contenuta nella memoria difensiva depositata, ed in fatto si rileva che non sussistano elementi che consentano di affermare che l’indagato abbia inteso agire per agevolare l’attività della consorteria mafiosa, in quanto il Tribunale ha desunto la concretezza dell’accusa esclusivamente dal collegamento mantenuto dall’imputato con alcuni imputati dell’associazione di stampo mafioso, dimenticando che, al fine di valutare la presenza indiziaria al riguardo, occorre il dolo specifico di agevolazione dell’associazione, che presuppone consapevolezza dell’esistenza del gruppo, elemento che non è dato di ricavare dalla intercettazione valorizzata.

Nel provvedimento impugnato il Tribunale, pur respingendo tali rilievi non ha specificato quali fossero le concrete modalità di gestione dello spaccio di stupefacenti, che consentono di ritenere che l’odierno ricorrente abbia fatto ricorso alla metodologia mafiosa.

4. Con il quarto motivo si lamenta mancanza di motivazione in merito alla gravità indiziaria, con riferimento al reato di cui al capo DDD) relativo ad un episodio di acquisto, trasporto e detenzione di cocaina. La vicenda riguarda la cessione di cocaina, intercorsa tra altre persone, che avrebbe dovuto giungere per il tramite di tale C. al D.F.. A seguito dell’attività di indagine predisposta risulta che lo scambio di stupefacenti non intervenne, sicchè non è stato fornito riscontro relativo all’effettivo possesso da parte di C. della droga che avrebbe dovuto a sua volta girare a D.F., relegando l’ipotesi accusatoria nell’ambito delle ricostruzioni possibili, in sè priva di valenza indiziaria; a conferma di tale svalutazione si osserva che gli agenti che avevano seguito le mosse dei controllati hanno potuto riscontrare soltanto la presenza di un’agitazione tra i pretesi partecipi dell’attività illecita, percezione soggettiva priva di univoca affidabilità.

Su tale episodio il Tribunale non ha motivato a sufficienza in merito al ruolo ricoperto da D.F., posto che si è riusciti a ricavare dagli atti soltanto che questi avesse un appuntamento con C. e che, una volta appreso del controllo subito, l’aveva incontrato per farsi raccontare cos’era accaduto, circostanze che non consentivano di trarre elementi di conferma dell’ipotesi accusatoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato solo parzialmente.

Con riferimento al motivo di ricorso riguardante la correttezza giuridica ed argomentativa della valutazione di consistenza degli indizi di partecipazione all’associazione finalizzata allo spaccio si osserva in senso contrario che nel provvedimento impositivo, cui provvedimento impugnato fa chiaro richiamo, si sottolinea che la modalità di gruppo con la quale l’azione illecita risulta sviluppata è chiaramente evidenziata dalla presenza di una conversazione con la quale tale F., cui viene attribuita la qualità di capo del gruppo, nonchè capo e partecipe della parallela consorteria mafiosa, convoca l’odierno imputato per chiedere conto della situazione di crisi venutasi a creare sulla singola operazione, ricevendo un risconto immediato alla richiesta, senza alcuna interrogazione sul titolo dell’interlocutore e sul motivo della convocazione. Tale conversazione, richiamata nell’ordinanza impugnata è avvalorata nella sua portata indiziaria dalla chiara individuazione, tramite le ulteriori conversazioni telefoniche, della stabile attività di spaccio svolta da F.D. e dal suo costante riferimento ai singoli distributori, tra i quali si annovera anche l’odierno ricorrente, sia in forza dell’imputazione di cessione oggi contestata, che in ragione delle ulteriori accuse, per singoli reati- fine che non hanno costituito oggetto del gravame.

Tali elementi di fatto evidenziano in maniera sufficiente ed esauriente per questa fase cautelare, la presenza di un vincolo che trascende il singolo intervento e che si inserisce nell’ordinario svolgersi dell’attività di spaccio che risulta monitorata tra C. e D.F., consentendo di valutare presenti sufficienti indizi sull’intraneità al gruppo dell’odierno ricorrente e sulla percezione, da parte di questi, dell’esistenza di tale accordo complessivo e delle gerarchie interne alla compagine, desumibile dalla sia pur criptica convocazione intervenuta dopo la perdita della merce.

2. Il secondo motivo di ricorso si pone in contrasto con quanto emerge dagli atti ed è stato appena richiamato, concretizzandosi in una sostanziale negazione delle risultanze valorizzate, con sollecitazione di una valutazione di merito che si sovrapponga a quello del giudice del riesame, operata senza tener conto dell’ambito di cognizione di questo grado del giudizio, che si limita all’apprezzamento della completezza e coerenza della motivazione che, per quanto appena detto, supera le contestazioni difensive.

3. Deve invece convenirsi con la difesa sulla mancanza di motivazione riguardo alla sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, non essendo valorizzata nel corpo motivazionale, nè l’utilizzazione del metodo mafioso, nè la finalità avuta di mira dall’agente di favorire l’associazione costituita a tale scopo, che non può essere desunta dalla mera circostanza oggettiva del rapporto di subordinazione esistente tra l’interessato ed il F., di per sè solo dimostrativo, a livello indiziario, della concretezza dell’ipotesi di accusa associativa, dovendo necessariamente essere correlata alla consapevolezza dell’agente delle modalità di azione riconducibili a caratteristiche mafiose, proprie degli aderenti alla compagine.

4. Il motivo di ricorso che colpisce la mancata argomentazione sulla gravità indiziaria in relazione al reato fine risulta infondato, riguardando la riproposizione di elementi di fatto e valutazioni già superate dal giudice di merito, con motivazione adeguata e priva di vizi logici, che valorizza elementi, quali la richiesta formulata dall’interessato al proprio parente di andare a ritirare il pacco in sua vece, avendo sospettato la presenza di controlli, che danno contezza della concretezza di effettiva realizzazione dell’operazione di trasporto di droga, e che, alla luce della sua oggettività, non può essere esclusa soltanto dal mancato rinvenimento della sostanza, così come sostenuto della difesa nell’atto introduttivo, con il quale, come già considerato, attraverso l’eccepito vizio di motivazione, si sollecita un nuovo giudizio di merito inibito in questa fase.

5. In ragione delle considerazioni esposte deve giungersi all’annullamento della pronuncia impugnata limitatamente alla valutazione di sussistenza degli elementi dell’aggravante di cui all’art. 7 cit., con rigetto nel resto del ricorso.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla ravvisata aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Milano.

Rigetta nel resto il ricorso.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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