Cass. civ. Sez. V, Sent., 20-04-2012, n. 6257 Tassa rimozione rifiuti solidi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società in epigrafe indicata impugnava in sede giurisdizionale gli accertamenti, emessi dalla ASCIT SPA per conto del Comune di Capannori, inerenti le tariffe TIA relative agli anni dal 2001 al 2004. La CTP di Lucca, previa riunione dei distinti ricorsi, li dichiarava inammissibili, perchè proposti tardivamente.

La CTR, pronunciando sull’appello della contribuente, riteneva tempestivo il ricorso e lo accoglieva nel merito, annullando gli accertamenti e dichiarando la carenza di legittimazione passiva del Comune di Capannori.

L’ASCIT SPA, giusto ricorso notificato il 15/19 settembre 2011, ha chiesto la cassazione della decisione di appello, sulla base di tre mezzi.

La Ditta "VERBENA" di T.M., giusto atto notificato il 25/27 ottobre 2011, ha chiesto il rigetto del ricorso e la conferma della decisione di appello.

Entrambe dette parti, hanno, successivamente, depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Il Comune di Capannori non ha svolto difese in questa sede.

Motivi della decisione

L’impugnazione è a ritenersi inammissibile nei confronti del Comune di Capannori, avuto riguardo alla statuizione di carenza di legittimazione passiva, contenuta nella decisione di appello ed alla relativa mancata impugnazione.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 nonchè degli artt. 7 e 9 del Regolamento del Comune di Capannori, deducendo la tardiva proposizione dell’originario ricorso, nella considerazione che il termine di sospensione per giorni novanta, conseguente alla presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, sia rimasto interrotto per effetto del mancato raggiungimento dell’accordo e che, quindi, alla data di proposizione del ricorso doveva ritenersi decorso il prescritto termine decadenziale. La censura è a ritenersi infondata, dovendo riconoscersi l’operatività della sospensione del termine decadenziale, disposta dal D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 6 e 12 quale conseguenza della presentazione dell’istanza di accertamento con adesione. Tanto deve affermarsi in adesione alle argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale con la decisione n. 140 del 2011, la quale chiamata a pronunciarsi in ordine alla incostituzionalità delle disposizioni, nella parte in cui non prevedono che il mancato raggiungimento dell’accordo abbia effetto interruttivo della sospensione del termine d’impugnazione, ha rilevato che la constatazione del mancato accordo tra le parti, non integra una situazione omogenea a quella di definitiva rinuncia all’istanza di accertamento con adesione, sia essa manifestata con dichiarazione espressa o mediante proposizione del ricorso e che, quindi, una interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni del Regolamento Comunale, che disciplinino l’accertamento con adesione, deve operarsi nel senso che al verbale di constatazione del mancato accordo non può riconoscersi il valore di atto idoneo all’interruzione del termine di sospensione di novanta giorni, connesso alla presentazione dell’istanza di accertamento con adesione.

Il termine di cui la ricorrente poteva avvalersi per la presentazione del ricorso, era dunque di complessivi 150 giorni (60 + 90) che, nel caso, risulta rispettato.

Con il secondo mezzo la decisione di appello viene censurata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 238, 198 e 195, del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 21 e 49 nonchè del Regolamento TIA del Comune di Capannori.

Viene censurata la decisione nella parte in cui ha ritenuto ed affermato, che la normativa statuale, che attualmente regola la materia impone di ritenere esentata dal pagamento della tariffa l’impresa che dimostri che i rifiuti prodotti nel proprio stabilimento, nell’esercizio della specifica attività, vengono smaltiti in proprio.

Le questioni poste dal mezzo, si ritiene vadano risolte alla stregua di condiviso orientamento giurisprudenziale.

Segnatamente, sulla base di quanto affermato, da ultimo, da questa Corte (Cass. n. 627/2012, la quale, dopo avere evidenziato che "la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, – nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producono rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinari, – l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali", ha affermato che "In tema di avviamento al recupero dei rifiuti speciali assimilati (e assimilabili), l’operatore economico ha l’onere di dimostrare l’effettivo e corretto avviamento al recupero attraverso valida documentazione comprovante il conferimento dei rifiuti, innanzitutto, a soggetti autorizzati a detta attività in base alle norme del D.Lgs. n. 22 del 1997 e i quali poi abbiano rilasciato il prescritto formulario di identificazione o, in caso di mancata ricezione di questo, altra idonea attestazione", precisando pure che "l’esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di detto comprovato avviamento al recupero dal Decreto Ronchi, art. 21, comma 7, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto – a consuntivo – in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2 e poi, più specificamente, dal Decreto Ronchi, art. 49, comma 14 e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2 il quale, nell’approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai Comuni anche ai fini TARSU".

La decisione impugnata, sul punto, appare in linea con il principio desumibile da tale decisione e non giustifica la formulata censura, essendo pervenuta alla rassegnata decisione, sulla base della fondamentale considerazione che la società contribuente non solo ha sostenuto di avere prodotto, nell’area oggetto di accertamento, rifiuti speciali e di avere sempre provveduto al relativo smaltimento a propria cura e spese, ma pure tale circostanza, oltre a non essere stata contestata (Cass. n. 1540/200, n. 5488/2006) ed addirittura ammessa (pag. 6 rigo 18 dallo stesso Comune, risultava accertata dai Giudici di merito (Pag. 6 rigo 42), mentre il Comune non si era fatto carico di superare e vincere gli elementi probatori offerti dalla contribuente, limitandosi a dedurre che quest’ultima era soggetto passivo TIA, in dipendenza della scelta del Comune di gestire direttamente il servizio e che a nulla rilevava la circostanza che la società provvedeva a smaltire a propria cura e spese rifiuti speciali, per il tramite di società autorizzata.

Peraltro le censure, sembrano, in vero, formulate in spregio al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, "ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali" (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, n. 9558/1997).

Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3 e L. n. 133 del 1999, art. 6, comma 13 nonchè del D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, sostenendosi che avrebbe errato la CTR nel riconoscere alla TIA natura tributaria, così escludendone l’imponibilità ai fini IVA. Il mezzo va rigettato, dovendosi escludere l’applicazione dell’IVA, avuto riguardo alla natura tributaria della TIA, riconosciuta dalla Corte Costituzionale con le decisioni n. 238 del 2009 e n. 64 del 2010 e confermata da questa Corte, con le decisioni delle SS.UU. n. 14903/2010 e n. 25929/2011. Con tali decisioni, che si condividono e dalle quali non si ravvisano ragioni per discostarsi, è stato, infatti, puntualizzato che l’inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo, porta ad escludere, in assenza di specifica previsione legislativa, la sussistenza del rapporto sinallagmatico, costituente presupposto dell’assoggettamento ad IVA, D.P.R. n. 633 del 1972, ex artt. 3 e 4.

Conclusivamente, va dichiarata inammissibile l’impugnazione nei confronti del Comune di Capannori e rigettata nei confronti della contribuente. Le spese del giudizio, avuto riguardo alla complessità e novità delle questioni trattate, vanno compensate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Comune di Capannori e lo rigetta nei confronti della contribuente; compensa le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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